Moda: Swiss watches a due velocità (MFF)
02 Dicembre 2021 - 9:48AM
MF Dow Jones (Italiano)
È accesa, e si vede, la luce in fondo al tunnel che l'orologeria
svizzera ha imboccato con lo scoppio del Covid. Un tunnel, scrive
MFF, che ha significato una diminuzione delle esportazioni del 22%
nel 2020, simile a quella innescata dalla recessione post Lehman
brothers.
Numeri pesanti per un settore che vende all'estero quasi il 95%
della produzione. Ma la luce c'è. Nei primi nove mesi del 2021 il
valore dell'export ha toccato 16,1 miliardi di franchi svizzeri,
+1% rispetto allo stesso periodo del 2019, trainato Cina e Stati
uniti cui sono state riservate esportazioni per 2,2 miliardi
ciascuno. Ma non tutti i marchi vedono quella luce brillare con la
stessa intensità.
La ripresa riguarda principalmente gli orologi di altissima
gamma, oltre i 7.500 franchi, una fascia prezzo che nel 2020
costituiva quasi il 70% del valore dell'export di segnatempo
svizzeri. Un trend destinato, pare, a proseguire, contribuendo a un
processo di polarizzazione già in atto che sta portando a
un'industria orologiera a due velocità. È in atto una progressiva
concentrazione verso pochi marchi, ai quali vanno in gran parte i
benefici della crescita dell'industria. Secondo quanto emerge da
un'analisi di Morgan Stanley e LuxeConsulte, nel 2019 Rolex, Patek
Philippe, Audemars Piguet e Richard Mille hanno totalizzato insieme
circa 9 miliardi di franchi di fatturato, dividendosi il 35% del
mercato e registrando quasi il 55% degli utili del settore.
La crisi pandemica ha rafforzato questa tendenza, in base alla
regola elementare per cui chi acquista nei periodi di incertezza si
orienta su valori sicuri. Gli orologi di questi marchi sono dunque
sempre più dei prodotti d'investimento, con valutazioni in costante
crescita sul mercato secondario. Se da un lato hanno un'altissima
qualità e una riconoscibilità sicura, dall'altro sono degli
«assegni in bianco»: acquistarne uno significa avere in mano un
bene di sicura (e importante) rivalutazione.
In questa dinamica, a soffrire sono i marchi appartenenti ai
grandi gruppi. Nel 2019, i quattro principali, Swatch group,
Richemont, Lvmh, Kering, totalizzavano il 55% del fatturato
globale, pari però al 43% degli utili. Sicuramente alcuni di essi
hanno partner distributivi molto forti nel Far East, dove potranno
giocare meglio la partita della ripresa, facendo leva anche
sull'elevata brand awareness di cui alcuni marchi godono laggiù:
pensiamo, per esempio, a Cartier (Richemont), Hublot ( Lvmh),
Longines e Omega (Swatch). Di certo, secondo LuxeConsult, il peso
del marchio sarà sempre più prevalente rispetto al prodotto, come
accade anche in altri settori del lusso; in questo senso, la
possibilità di supportarlo con campagne pubblicitarie globali
diventerà un fattore chiave.
Che ruolo avranno i marchi più piccoli? Se gli atelier
indipendenti non dovrebbero avere problemi, i brand di media o
bassa gamma, che producono vendono sotto i 200 franchi, potrebbero
soffrire. Il volume di produzione di questi segnatempo è calato di
oltre 12 milioni di pezzi negli ultimi 10 anni e la discesa pare
destinata a proseguire. Inoltre, in questa fascia è sempre più
forte la concorrenza degli orologi connessi e dei segnatempo in
licenza ai grandi marchi della moda, contro cui i piccoli non
giocano ad armi pari. Insomma, per qualcuno la luce potrebbe essere
quella del treno in arrivo. Una notizia non bella per l'intero
mercato.
red/ann
(END) Dow Jones Newswires
December 02, 2021 03:33 ET (08:33 GMT)
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