Il mondo fashion & luxury sta continuando ad acquisire sempre maggiore prestigio agli occhi degli investitori e gli analisti si attendono che proseguirà la corsa anche nel 2022. Questo, scrive MFF, anche grazie alla pandemia. Quella che sembrerebbe un'affermazione paradossale diventa infatti realtà se si analizza l'andamento dei principali titoli del settore nel corso del 2021, con performance particolarmente notevoli da parte dei player europei.

Con l'avvicinarsi della fine dell'anno, a primeggiare sul podio è la griffe tedesca Hugo Boss, rinomata per il segmento menswear, che ha messo a segno un rialzo del 97% superando il Made in Italy con Tod's, che da gennaio ha riportato una straordinaria e sostenuta crescita fino a toccare il +85,5% a Piazza Affari. Seguono colossi d'oltralpe del calibro di Richemont (+83,6%), Hermès (+80%) e Lvmh (+39,2%).

"Quando parliamo di mercati con gli investitori, loro guardano agli Stati Uniti per il settore tech, mentre se prendono in esame l'Europa si concentrano sul lusso", ha spiegato a MFF Susy Tibaldi, equity research analyst luxury di Ubs. "Sono ormai consapevoli che si tratta di un settore che neanche un periodo come quello della pandemia è riuscito a scalfire. Il comparto è talmente forte che è comunque riuscito ad avere margini e a rimanere profittevole, con tante aziende che sono state in grado di pagare il loro personale senza chiedere aiuti governativi". Da inizio anno appaiono tonici anche gli italiani Salvatore Ferragamo (+40,7%) e Moncler (+33,6%). Più contenuto il rialzo del gigante Kering (+21,7%) e del gruppo Prada a Hong Kong (+8%), mentre a Londra la maison inglese Burberry mostra un andamento sostanzialmente flat. Secondo l'analista della banca d'investimento svizzera, la ripresa post-Covid ha tuttavia determinato una divergenza molto marcata tra i gruppi del lusso più grandi, che hanno quindi più possibilità di spesa anche per quanto riguarda il marketing, e le società tradizionalmente indipendenti, che in questo momento stanno facendo po' più fatica a rimanere al passo.

"Questo era già vero prima della crisi, ma la pandemia ha creato un distacco davvero marcato e la domanda è se sarà mai possibile ridurre questo gap o se in futuro continuerà a espandersi", ha proseguito l'esperta, sottolineando come gruppi multimiliardari quali Lvmh, Kering o Richemont, che annoverano diversi marchi nel loro portfolio e hanno un rapporto con i consumatori più diretto, stessero già crescendo notevolmente in tutte le aree geografiche già prima della crisi. In generale, secondo le stime di McKinsey & company, la vera ripresa dell'industria della moda a livello mondiale avverrà l'anno prossimo, con le vendite del 2022 che supereranno del 3-8% i livelli registrati nel 2019.

A livello geografico, la crescita sarà più marcata in Cina e negli Stati uniti e più lenta in Europa. Tuttavia, non bisogna lasciarsi ingannare dalla concezione errata secondo cui il settore luxury sarebbe trainato interamente dai consumi cinesi. "Questo non è necessariamente vero, specialmente per quanto riguarda i gruppi che in questo 2021 hanno performato meglio. Lvmh, Prada o Hermès sono aziende che stanno ottenendo eccellenti riscontri da parte di tutti i consumatori del mondo", ha precisato Susy Tibaldi. "Le società che si affidavano principalmente alla Cina in questo momento stanno registrando buoni risultati e quest'area è sicuramente una parte fondamentale della loro crescita, ma c'è altresì il rischio che nel momento in cui dovesse accadere di nuovo qualcosa nel Paese crolli tutto quanto". Per questo motivo il mercato e gli investitori sono molto cauti su questo punto e tendono a scegliere per i propri investimenti società in cui il rischio sia un po' più mitigato. Come per esempio il colosso di Bernard Arnault, che nel primo semestre 2021 ha indicato tra le aree in ordine di crescita per numero di consumatori gli Stati Uniti al primo posto, l'Europa al secondo e soltanto al terzo posto la Cina.

Al contrario, per nomi come Tod's o Burberry la maggioranza della crescita proviene appunto dall'area del Far east. "Nella prima parte dell'anno tutte le attenzioni erano focalizzate sulla ripresa e se guardiamo i livelli di vendite di gruppi come Richemont con la divisione gioielleria oppure Lvmh fashion & leather goods e la pelletteria Hermès, notiamo che sono anche del 40% superiori ai livelli 2019, quindi hanno più che recuperato ciò che avevano perso nel 2020, mentre altre aziende sono ancora al di sotto o più o meno in linea", ha illustrato l'analista di Ubs precisando come queste diverse performance giustifichino anche le differenze di share price. Il settore del lusso in generale rimane comunque posizionato molto favorevolmente grazie al potere del brand, che non è possibile replicare poiché costruito su decenni se non in certi casi addirittura secoli di storia. Ecco perché i pochi marchi ancora rimasti sul mercato diventano spesso oggetto del desiderio di fondi di private equity e grossi conglomerati. Tuttavia è molto difficile prevedere chi sarà a fare la prossima mossa. "Il comparto è ancora caratterizzato da una forte ownership da parte delle famiglie ed è impossibile sapere quali siano le loro intenzioni, soprattutto in Italia dove molti marchi prestigiosi sono ancora indipendenti", ha concluso Susy Tibaldi. In tempi relativamente recenti Lvmh ha acquisito Tiffany & co. Potrebbe essere Kering l'altro big da cui aspettarsi un'operazione di m&a?

red/ann

 

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December 10, 2021 02:43 ET (07:43 GMT)

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