La lettera arrivata ieri al cda di Tim per frenare l'offerta del fondo Usa Kkr -in quel che appare un esercizio di applicazione estemporanea e informale del golden power governativo- porta la doppia firma del ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, e del ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli.

Ma quel foglio di carta, scrive Repubblica, è al momento l'unico posto dove le posizioni dei due ministri sono vicine. Perché se l'obiettivo comune del governo dichiarato nella missiva è quello di creare una rete unica a banda ultralarga, le posizioni nell'esecutivo sul come creare quella rete e soprattutto su chi dovrà possederne la maggioranza e di fatto deciderne il futuro sono distantissime.

La partita che si gioca, come è noto, riguarda l'unione tra la rete in fibra di Telecom Italia e quella che fa capo a Open Fiber, società nata cinque anni fa sotto l'egida del governo Renzi proprio per far concorrenza all'ex monopolista. Tim ha come azionista di maggioranza i francesi di Vivendi con il 24% circa e come secondo socio al 9,9% la Cassa depositi e prestiti. La stessa Cdp ha anche il 50% di Open Fiber, con l'altro 50% della società in mano all'Enel.

In sintesi una parte del Pd, rappresentata oggi in particolar modo da

Gualtieri, è convinta che la soluzione migliore per la rete unica sia quella che nasca e si sviluppi sotto la stessa Tim, assorbendo Open Fiber nella rete Tim e portando di fatto l'infrastruttura nazionale sotto l'egida di un operatore privato, anche se proprio grazie alla fusione la quota della Cdp in Tim sarebbe destinata a salire almeno fino al 20%.

Dal lato opposto a Gualtieri ci sono i Cinque Stelle, che puntano a

una nazionalizzazione di fatto della rete, ossia a una soluzione che rafforzi il più possibile la Cdp e non mantenga necessariamente l'infrastruttura in mano alla Tim. Gli esempi che si fanno sono quelli di Snam e Terna, operatori di rete, per l'appunto con una solida maggioranza relativa controllata da Cdp.

Tra le due posizioni ci sono molte sfumature intermedie. Non tutto il

Pd è allineato con Gualtieri, ad esempio. Si segnalano in particolare opinioni diverse da parte di Graziano Del Rio, c'è chi parla di dubbi - però mai espressi pubblicamente- dello stesso segretario Nicola Zingaretti, c'è chi fa notare come il sottosegretario piddino al Mise Gianpaolo Manzella abbia la delega proprio alle tlc e intenda farla valere. E allo stesso modo nei Cinque Stelle resta difficile conciliare una posizione certo non favorevole a Tim con la sparata fatta appena a giugno da Beppe Grillo contro Open Fiber, ossia in questo momento il principale concorrente proprio di Tim.

Il paradosso è che in questa situazione gli operatori telefonici concorrenti di Tim -si tratta particolarmente di Vodafone, Wind 3 e del nuovo arrivato Sky- si trovano più tutelati dalla posizione dei Cinque Stelle che non da quella del Pd. I concorrenti dell'ex monopolista, infatti, temono più di ogni altra cosa che la rete sia "verticalmente integrata" con la Tim, ossia che la stessa società che compete contro di loro sul mercato abbia in mano le chiavi dei binari ad alta velocità su cui scorrono i dati che ognuno di loro vuole portare nelle case dei suoi clienti.

La soluzione ideata dal Pd per evitare una posizione di eccessivo potere di Tim passerebbe da regole precise per la governance della società della rete, compresa quella che stabilisce una maggioranza qualificata che superi la quota della sola Tim. Rimedi che non convincono particolarmente i concorrenti, più desiderosi di lavorare con una rete che non sia esposta a possibili conflitti d'interesse del suo principale azionista. I nodi da sciogliere non sono pochi, né semplici: incoraggiante che il governo pensi di poterlo fare in sole tre settimane d'agosto.

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August 05, 2020 03:04 ET (07:04 GMT)

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