Tlc: Rete unica, fate presto (Mi.Fi.)
25 Gennaio 2021 - 8:55AM
MF Dow Jones (Italiano)
La questione della fatidica rete unica di telecomunicazioni
italiana si può riassumere immaginando una bilancia a due bracci:
da una parte (senza rete unica) ci sono i vantaggi derivanti dalla
competizione tra infrastrutture, che comporta prezzi potenzialmente
migliori per gli utenti e soprattutto maggiore stimolo a ricerca e
innovazione, dall'altra (creando un macro soggetto della banda
larga) ci sono i vantaggi derivanti da una copertura potenzialmente
più capillare a costi assai inferiori.
Insomma, a seconda di come la si vede ci sono pro e contro, ma
una cosa è certa e la spiega bene Claudio Campanini, managing
partner di Kearney Italia ed esperto di tlc: più si ritardano le
decisioni, peggio è. «Bisogna ridurre il più possibile i ritardi
nel disegno della rete unica», osserva, «perché benefici economici
e sinergie derivanti dall'operazione rischiano di svanire in
funzione del tempo richiesto e dell'esecuzione dei piani di
copertura da parte di Open Fiber e Fibercop». Si può partire da
questo concetto per provare a fare un po' di ordine quando si
analizza la situazione delle infrastrutture di telecomunicazioni in
Italia.
«In altri paesi, come in Francia, il governo ha scelto che la
competizione infrastrutturale continuasse solo nelle aree nere»,
spiega il manager di Kearney, ossia nelle città (come Milano e
Roma) con maggiore densità abitativa. In Italia invece la scelta
politica è stata diversa, ossia puntare sulla creazione di una rete
unica, unendo le reti di Fibercop e Open Fiber e creando un unico
soggetto, eliminando quindi la competizione nelle aree nere. «Ci
può stare», commenta Campanini, «si perdono dei vantaggi ma se ne
ottengono degli altri, principalmente come minori costi spesi per
la cablatura, ma ogni giorno che passa questi vantaggi si
assottigliano». Questo perché, in attesa di decisioni effettive,
sia Tim sia Open Fiber stanno procedendo con i rispettivi piani di
crescita sulla rete. Ma quanti soldi si sprecano.
«Anche se approssimativo, si può fare qualche conto», spiega
Campanini. «Tim ha un piano che prevede di raggiungere 10 milioni
di abitazioni con la rete Ftth nelle aree nere e al momento ha
completato i collegamenti per circa 4 milioni. Gli altri 6 milioni,
in caso di rete unica, spetterebbero solo a uno dei due soggetti,
il che implica, calcolando un costo medio di 300 euro per
abitazione, risparmi su 6 milioni di abitazioni, ossia quasi 2
miliardi». A questi si aggiungerebbero i minori costi derivanti da
altre duplicazioni. «Tim ad esempio sta connettendo in Fttc alcune
abitazioni nelle aree bianche e poi ci sono gli sviluppi del Fixed
Wireless da parte di diversi operatori. Complessivamente parliamo
di potenziali duplicazioni in corso per un valore compreso tra 1 e
2 miliardi nel momento in cui non ci dovessero essere accordi sulla
rete unica, in funzione di quanto esteso sarà l'over-build tra più
tecnologie in aree considerate teoricamente a fallimento di
mercato». Numeri che non possono essere ignorati dal mondo
politico, crisi o non crisi. Quanto detto finora riguarda le aree
nere, ossia quelle che garantiscono maggiore redditività agli
operatori. Il vero mondo non coperto da nessuno, invece, è quello
delle aree grigie, che però sono quelle che comprendono il maggior
numero di unità abitative. Una specie di paradosso. Le aree nere
sono coperte perché interessanti per il conto economico e i ritorni
potenziali, la copertura in quelle bianche è stata garantita
attraverso bandi di Infratel, quindi attraverso spesa pubblica.
E il limbo delle grigie che sta nel mezzo? In parte erano
previsti degli stanziamenti statali, ma insufficienti per la
completa copertura, mentre ora dovrebbero rientrare tra i progetti
del recovery plan, ossia finanziabili con la liquidità garantita
dall'Unione Europa per la ripartenza. «La rete unica ha una valenza
importante proprio per le aree grigie, che al momento sono il vero
tassello mancante. Perché in quelle nere la competizione può
sopravvivere e in quelle bianche prima o poi Open Fiber completerà
il suo piano», conferma il manager di Kearney. «In Francia ad
esempio il governo ha deciso che nelle aree grigie possa cablare un
solo operatore wholesaler», prosegue, «una volta assegnata un'area
a un certo operatore, non sempre lo stesso, c'è divieto di
overbuild, cioè di sovrapposizione di infrastrutture». E in Italia?
La rete unica garantirebbe copertura capillare a costi e ritorni
ottimizzati, probabilmente col sostegno almeno parziale di denaro
pubblico. Sarebbe un modello replicabile? «Probabilmente sì, ma può
avere comunque senso procedere con un'unica infrastruttura, basta
che non ci siano ritardi», insiste Campanini.
Da quello che emerge, alla fine, qualsiasi modello, con o senza
rete unica, può avere senso per l'Italia, basta che si porti a
compimento. Il progetto rete unica immaginato dal governo di
Giuseppe Conte prevederebbe la fusione tra la rete di Fibercop (che
nasce dalla scissione della rete secondaria di Tim più la fibra di
Flash Fiber) e quella di Open Fiber. Il problema è la governance.
Il principale azionista di Fibercop è Tim, con il fondo Kkr in
minoranza e Fastweb con una piccola quota. Gli attuali azionisti di
Open Fiber sono Enel e Cassa Depositi e Prestiti. Il cda di Enel
però poche settimane fa ha dato mandato all'ad Francesco Starace di
finalizzare la cessione del 40% o del 50% al fondo australiano
Macquarie. Il primo step, quindi, sarà capire quale azionariato
avrà Open Fiber dopo l'uscita di Enel: quote paritetiche fra Cdp e
Macquarie oppure, come molti pensano, la società guidata da
Fabrizio Palermo rileverà il restante 10% e salirà quindi al 60%
con gli australiani al 40%? E soprattutto, quando avverrà questo
passaggio, considerando che Cdp ha prolungato di un mese la
scadenza dei termini per valutare se esercitare o meno il diritto
di prelazione? Il tutto tenuto conto che, una volta definiti i
nuovi soci di Open Fiber, bisognerà lavorare a un'altra governance,
ancora più complessa, ossia quella di AccessCo, come si chiamerà la
cosiddetta società della rete unica. Un percorso tortuoso che la
politica potrebbe rendere ancora più lungo, ossia l'esatto
contrario di ciò che servirebbe al Paese.
fch
(END) Dow Jones Newswires
January 25, 2021 02:40 ET (07:40 GMT)
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