Il futuro degli operatori di telefonia? Vinceranno quelli infrastrutturati o quelli con strutture operative snelle e costi contenuti, gli altri faranno fatica. La rete unica? Se si intende dire società che si fondono è complesso, molto meglio lo sharing di infrastrutture. Riccardo Ruggiero ha le idee chiare su come evolverà il mondo delle comunicazioni. Il presidente esecutivo di Melita Italia ed ex amministratore delegato di Tim e Tiscali crede fermamente nella neutralità della tecnologia. Il treno del Pnrr e dell'innovazione? Le aziende devono prenderlo al volo perché il rischio è rimanere fuori.

Domanda. All'interno del dibattito sui fondi del Pnrr, 5G, reti e transizione digitale sono temi centrali. Quali aspetti sono da evidenziare a suo avviso?

Risposta. Partirei dalla fotografia del nostro Paese, quella più recente fatta dall'Agcom dice che il 90% delle famiglie italiane oggi può contare su velocità di download che vanno dai 30 mega fino a 1 giga. Il punto è che l'attuale governo, in continuità con le decisioni assunte nel 2015, si è posto un obiettivo ambizioso, arrivare al 2026, quindi con quattro anni di anticipo rispetto alle indicazioni della Ue, alla cosiddetta Gigabit Society, ossia con tutte le famiglie connesse alla velocità di un giga.

D. Nel 2015 è partito il progetto per le aree bianche, qual è il suo giudizio su quell'operazione

R. Ottima dal punto di vista del Paese. Va detto che rispetto a quanto preventivato i piani di sviluppo sono molto indietro. Se sa bene oggi siamo al 20% degli interventi fatti. Intanto, molti dei soldi del Pnrr saranno destinati alle aree grigie, penso più di 3 miliardi.

D. Nel dibattito sulla rete si è discusso molto di neutralità, quale la sua posizione in merito?

R. La neutralità tecnologica è un elemento determinante e fondamentale. Bisogna scollegare gli investimenti dalle infrastrutture e gli operatori devono essere liberi di scegliere tra diverse tecnologie. Dopodiché il problema è un altro.

D. Quale?

R. Una volta che sarà stata realizzata questa gigantesca infrastruttura, che tutti noi siamo convinti che alla fine vedrà la luce, cosa ci facciamo? Dovremo in parallelo sviluppare servizi, soluzioni innovative riguardanti mobilità o sanità. Io ad esempio penso anche alle applicazioni meno pubblicizzate, come la gestione della spazzatura, il cosiddetto waste management. In sostanza non si deve solo posare la fibra ma anche stimolare la domanda.

D. Uno dei problemi infatti è che questa transizione non finisce con la realizzazione di infrastrutture

R. Bisogna che imprese e pubbliche amministrazioni entrino in quello che chiamo educazione digitale. La transizione non avverrà solo in ambito IT ma sarà trasversale. E poi bisognerà inserire nuove, professionalità che integrino quelle esistenti.

D. Una rivoluzione. L'Italia però è il paese delle pmi, che spesso implica grande qualità nei prodotti ma poca propensione al cambiamento.

R. Capita che ci sia il padrone dell'azienda che non vuole cambiare perché ha sempre agito in un certo modo. Però credo nella spinta dal basso del cosiddetto middle management e anche nella consapevolezza che a volte non accompagnare il cambiamento significa essere tagliati fuori dal mercato. Il fallimento di Kodak negli Usa credo spieghi questo concetto meglio di mille parole. Io però sono ottimista.

D. Come mai?

R. In Italia stanno nascendo molti fondi o club deal specializzati nel cosiddetto mid cap che scelgono le migliori aziende da finanziare, le aiutano in fase di aumento di capitale, le rafforzano dal punto di vista della governance. E non parlo di venture capital o business angels.

D. Restiamo all'infrastrutturazione del Paese. Lei crede che la rete unica potrebbe garantire un'accelerazione a questo processo?

R. Premetto che commento quello che si legge sui giornali. L'ipotesi di una fusione tra le reti di Tim e di Open Fiber dal punto di vista societario. Peraltro credo che l'ipotesi che una rete abbia come azionista di maggioranza assoluta un operatore verticalmente integrato sia indigeribile per l'Antitrust europeo. E poi io credo nelle operazioni in cui 1+1 fa almeno 3. Molto meglio concetti come la condivisione delle infrastrutture, lo sharing o il co-investimento.

D. Quali società vede meglio attrezzate per il cambiamento?

R. Tutte e nessuna. Se non si abbraccia il cambiamento in maniera intelligente si rischia l'effetto Kodak. E il mio ragionamento non riguarda in particolare gli operatori tlc, ma anche utility o società di trasporti. Per quanto riguarda in particolare le tlc, prevarranno quelle infrastrutturali o quelle che riusciranno a essere flessibili e con strutture di costi leggere.

fch

 

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July 05, 2021 02:35 ET (06:35 GMT)

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