Vivendi: Conte chiede pace in Tim e Mediaset (Messaggero)
07 Gennaio 2021 - 8:55AM
MF Dow Jones (Italiano)
Vivendi prova a mitigare gli effetti della rovinosa campagna
d'Italia. Nelle festività di Natale, scrive Il Messaggero, i suoi
vertici hanno consultato il governo sulle possibili iniziative da
attuare in Tim e Mediaset, ricavandone indicazioni chiare di
rasserenare i futuri assetti societari e di netta contrarietà nei
confronti di eventuali ulteriori iniziative bellicose e
giudiziarie.
A Palazzo Chigi, dove il ceo Arnaud de Puyfontaine si sarebbe
recato prima di Natale, il premier Giuseppe Conte dopo aver
registrato il disappunto per gli oltre 3,2 miliardi di perdite
accumulati nei due investimenti (oltre 2 in Telecom, il resto in
Mediaset), avrebbe avanzato suggerimenti finalizzati a una
convivenza societaria funzionale alla crescita dei business nel
rispetto degli interessi. L'emissario di Vincent Bollorè avrebbe
avuto colloqui anche al Tesoro, ricevendo più o meno le stesse
considerazioni. Nel gruppo telefonico e in quello radio-televisivo
sono in scadenza i due consigli di amministrazione: per questo
nelle settimane centrali di dicembre de Puyfontaine è venuto in
Italia, l'obiettivo era preparare le grandi manovre.
In Tim, dove Vivendi è dal 2015 primo azionista con il 23,9%, il
governo gradirebbe che sia il cda uscente a preparare una lista per
il rinnovo del board, come avviene in molte public company
(Mediobanca e Unicredit), su cui potrebbe convergere la Cdp (9,8%).
Questo significa la probabile riconferma alla guida di Luigi
Gubitosi che sulla determinazione a costruire la rete unica si è
guadagnato l'appoggio dell'esecutivo che tuttavia non può
intervenire sulle decisioni societarie. E il governo avrebbe
suggerito a Vivendi, che nel consiglio attuale esprime cinque
membri, di sostenere questa procedura, contribuendo alla formazione
della lista attraverso le proposte di un head hunter. Quindi il
primo socio dovrebbe rinunciare a una presa manu militari del
gruppo perché il governo considera Tim una public company, non una
società a controllo francese come asseverato dalla Consob.
In Mediaset, invece, basta con la lunga ed estenuante battaglia
giudiziaria in piedi dal 2016 come conseguenza dello strappo su
Premium e della scalata ostile dei francesi che serve solo a
bloccare la crescita del business, danneggiando Vivendi che ha il
28,8% (9,9% diretto, 19,9% attraverso Simon Fiduciaria) e Fininvest
(45,8%). Il governo auspica sia raggiunto finalmente un accordo
tombale con la nascita della piattaforma multimediale europea tipo
MFE che a, causa del braccio di ferro giudiziario, è abortita. La
piattaforma potrebbe essere anche ProsiebenSat, che è il secondo
gruppo europeo, di cui il Biscione è socio di maggioranza con il
25%. Nella piattaforma, qualunque essa sia dovrebbero convivere i
due soci con una governance equilibrata.
Le prossime settimane saranno un banco di prova soprattutto
perché Vivendi dovrà ripiegare rispetto ai propositi di partenza.
Il fatto di dover rinunciare a una lista in Telecom, dove sulla
carta raccoglierebbe la maggioranza, è un boccone certamente
indigesto, considerando che i francesi continuano a esprimere
riserve sulla norma salva-Mediaset. Del resto, il vecchio Tusmar
(Testo unico dei servizi audiovisivi e radiofonici) è in stand by
dopo il verdetto della Corte Ue che ha riconosciuto che la norma
non è proporzionale come rimedio delle concentrazioni e mette a
repentaglio la libertà di stabilimento, dando sei mesi all'Agcom
per l'istruttoria dopo la quale il governo ridefinirà il settore
delle comunicazioni. Le prossime settimane saranno decisive per
comprendere gli orientamenti finali di Vivendi; quel che è certo è
che ora il governo ha accentuato l'attenzione sulle manovre in
corso nei due gruppi.
pev
(END) Dow Jones Newswires
January 07, 2021 02:40 ET (07:40 GMT)
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