"Astaldi è fuori dalle secche, ora siamo un colosso da 40 miliardi". Lo afferma in un'intervista al Sole 24 Ore Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild che ha completato ieri l'acquisizione del 65% del general contractor.

Ora che Astaldi è di nuovo in carreggiata "a breve metteremo a punto un nuovo piano industriale. Astaldi ci porta in dote circa 7 miliardi di portafoglio ordini ma soprattutto a livello complessivo parliamo di una realtà in grado di generare oltre 6 miliardi di ricavi l'anno e che, con un backlog complessivo di 40 miliardi, ci rende resilienti, capaci dunque di superare anche fasi delicate come questa, e leader indiscusso al mondo per competenze. Noi costruiamo e lo facciamo con sapienza antica in buona parte del mondo. Questa acquisizione consentirà infatti di mettere a fattor comune competenze tecniche ed ingegneristiche innovative, sviluppate nei circa 100 cantieri operativi nel mondo", spiega.

Webuild nasce sulla scorta di Progetto Italia, un'idea ambiziosa che puntava all'aggregazione di diversi costruttori nell'orbita dell'ex Salini Impregilo. "L'acquisizione di Astaldi rappresentava il punto fermo e il tassello più rilevante del progetto. Con questa operazione abbiamo realizzato un nuovo gruppo con solide radici nel paese e che solo nel 2020 ha contribuito al rilancio di progetti strategici in Italia per oltre 3,6 miliardi come la linea ad alta velocità ed alta capacità Verona-Padova, la strada statale Jonica e il Nodo Ferroviario di Genova. Detto questo continuiamo a guardarci attorno e a cercare opportunità di investimento, anche in comparti di nicchia", continua.

"Dobbiamo far ripartire le infrastrutture perchè questo significa lavoro e ripresa economica. È arrivato il tempo di decidere ma in tutto il mondo questo processo è stato fortemente rallentato dalla pandemia. Webuild però vuole essere sinonimo di futuro e lavoro. Il nostro obiettivo è evidentemente quello di ampliare il nostro portafoglio e contiamo di farlo in tutto il mondo. In Italia, tuttavia, questa necessità di ripartire è ancora più vera: il paese ha bisogno di manutenzione, ricostruzione e costruzione. Il nostro gap infrastrutturale, le grandi opere sono di fatto ferme agli anni '80, ci ha fatto perdere e ci sta facendo perdere competitività. Dobbiamo tornare ad essere un paese industriale, non possiamo pensare di vivere solo di turismo. È tempo di decidere, abbiamo i soldi dell'Europa ma non solo", conclude.

pev

 

(END) Dow Jones Newswires

November 06, 2020 03:33 ET (08:33 GMT)

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