È legittimo l'accertamento anche se non riporta la firma del dirigente ma solo sigla e timbro. Ma non solo. L'atto può essere emesso sulla base dei dati raccolti dalla Guardia di finanza nell'indagine penale nonostante siano stati trasmessi alle Entrate senza l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria.

Sono questi, in sintesi, i principi affermati dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 30560 del 20 dicembre 2017. È stato quindi integralmente respinto il ricorso di una società che lamentava l'invalidità dell'accertamento privo della firma leggibile e per esteso del dirigente e motivato dai dati raccolti nell'ambito dell'inchiesta penale.

Con riguardo al primo aspetto gli Ermellini hanno infatti precisato che la nullità di un atto non dipende dalla illeggibilità della firma di chi si qualifichi come titolare di un pubblico ufficio, ma dall'impossibilità oggettiva di individuare l'identità del firmatario dell'atto, con la precisazione che l'autografia della sottoscrizione non è configurabile come requisito di esistenza giuridica degli atti amministrativi.

Sul secondo fronte il Collegio di legittimità ha invece ribadito l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, richiesta dalle norme per la trasmissione, agli Uffici delle imposte, dei documenti, dati e notizie acquisiti dalla Guardia di finanza nell'ambito di un procedimento penale, è posta a tutela della riservatezza delle indagini penali, e non dei soggetti coinvolti nel procedimento medesimo o di terzi.

red/fch

 

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December 21, 2017 03:35 ET (08:35 GMT)

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