E' una delle ultime banche italiane a essere interamente controllata dallo Stato. Non solo, è ancora un ente pubblico economico: l'Istituto di credito sportivo. E, almeno fino al 28 febbraio, quando è previsto il passaggio di consegne tra la gestione commissariale, che va avanti da circa 6 anni, e il nuovo cda, costituisce una sorta di universo a parte.

Perché, scrive Il Sole 24 ore, in un mondo in cui gli istituti di credito sono soffocati dalla regolazione e dal rispetto dei requisiti patrimoniali, il Credito sportivo si può permettere un indicatore di solidità, il Tier 1 ratio, attorno all'85% (valore dell'ultimo bilancio, quello del 2011, ma da allora i numeri non sono troppo cambiati) contro una media del sistema del 10-15 per cento. Tanto patrimonio a fronte di un'attività di finanziamento limitata (270 milioni le erogazioni nel 2017, utile di circa 20 milioni). Troppo, in un paese che per qualità e modernità delle infrastrutture sportive -calcio, palazzetti dello sport, piscine etc- è un po' un fanalino di coda dell'Unione europea.

Tra le ultime nomine varate dal governo Gentiloni c'è quella del cda. E sul nuovo vertice, prosegue il giornale, le tensioni sono iniziate prima di scegliere le candidature. Tanto che il nuovo presidente, Andrea Abodi (fino a febbraio 2017 presidente della Lega di calcio serie B), è stato nominato a novembre su indicazione del ministro per lo Sport Luca Lotti, mentre per l'insediamento del cda bisognerà attendere i primi di marzo.

Sotto la cenere cova una dialettica ardente tra Banca d'Italia e Ministero dell'Economia, che preferirebbero la trasformazione in spa e una governance allineata alle best practices del sistema (in particolare via Nazionale predilige un ad con pieni poteri), e i governi di turno, che non riescono a smuovere lo status quo. Nei mesi scorsi -su indicazione del Mef- è stata valutata l'ipotesi di una riduzione del capitale dell'ente per circa 400 milioni da retrocedere al Ministero dell'Economia sotto forma di cedola straordinaria (da usare per ridurre il debito pubblico), la trasformazione in spa e l'accorpamento con la Cdp, che oggi garantisce buona parte della raccolta del Credito sportivo.

Per ora, precisa il quotidiano, è rimasta sulla carta. Le dinamiche che hanno portato alle designazioni per il cda sono indicative. Il capitale dell'Istituto fa capo per l'80% al Mef, 6,07% al Coni, 2,2% a Cdp e il resto in piccole quote tra Bnp, Generali Ass., Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banca di Sardegna, B.Mps e Dexia Crediop (oggi controllata da Dexia Credit Local). Il processo si è incartato sul meccanismo che impone la condivisione della scelta di 2 su 4 consiglieri tra tutti i soci. Uno lo esprime poi la Cassa e uno il Coni. Nei fatti sono entrate figure tecniche: Antonella Baldino in quota Cdp, ed Elisa Grande, tecnica del Mef, come consigliere condiviso. È la figura di Pierfrancesco Barletta, già ad della società di gestione dello stadio San Siro e di Jaba, società che produce spettacoli pop, ad aver creato qualche imbarazzo: il suo nome sarebbe arrivato dalla presidenza del Consiglio (che può designare solo il presidente) e né Cdp (per la sua quota) né il Mef (con le banche) se ne volevano prendere la paternità. Alla fine è stato accettato nella rosa dei due consiglieri condivisi tra tutti i soci, con la qualifica di "indipendente". Il Coni ha indicato Paolo Vaccari, ex rugbista, architetto e consigliere federale. È stato nominato anche il comitato per la gestione dei fondi speciali: oltre ad Abodi, Alessandro Tonetti (Cdp) e Simona Nuti.

Lo spettacolo vero, mette in evidenza il giornale, deve ancora cominciare. Nell'aria c'è l'idea di proporre per il ruolo di direttore generale - in base allo statuto approvato nel 2014 (che ha riportato in capo al Mef la possibilità di percepire i dividendi dei quali prima beneficiavano solo le banche) condivide con il cda i poteri esecutivi - l'attuale commissario Paolo D'Alessio. Il Mef e la Cdp non vedrebbero l'ipotesi di buon occhio e punterebbro invece su soluzioni di mercato e una rapida trasformazione in spa (che però richiede una legge). In Banca d'Italia potrebbero accettare la nomina, perché garantisce la continuità. In realtà ce ne è stata anche troppa: la legge prevede che il commissariamento duri al massimo 1 anno, prorogabile per 6 mesi.

L'eccezione di altri due mesi è consentita solo per chiudere la gestione commissariale. Qui si va avanti invece da 6 anni. Il dossier sulla nomina del dg sarà sul tavolo della prima riunione del cda a marzo. Di pari passo con la modifica dello statuto, che va comunque cambiato per recepire l'innovazione introdotta con l'ultima manovra in base alla quale la quota di dividendi del Mef va girata al fondo gestito dall'ente per erogare mutui agevolati agli impianti sportivi. Pur senza potere di firma, Abodi negli ultimi mesi ha spinto per rimette in moto i finanziamenti. Un nuovo piano industriale punterebbe sull'ampliamento del perimetro di business, efficienze (i dipendenti sono oltre 160) sinergie, anche con Invitalia e Mcc. Tra le idee c'è anche l'emissione di bond.

vs

 

(END) Dow Jones Newswires

February 16, 2018 03:20 ET (08:20 GMT)

Copyright (c) 2018 MF-Dow Jones News Srl.
Grafico Azioni Generali (BIT:G)
Storico
Da Mar 2024 a Apr 2024 Clicca qui per i Grafici di Generali
Grafico Azioni Generali (BIT:G)
Storico
Da Apr 2023 a Apr 2024 Clicca qui per i Grafici di Generali