Credito sportivo: la svolta già divide (Sole)
16 Febbraio 2018 - 9:35AM
MF Dow Jones (Italiano)
E' una delle ultime banche italiane a essere interamente
controllata dallo Stato. Non solo, è ancora un ente pubblico
economico: l'Istituto di credito sportivo. E, almeno fino al 28
febbraio, quando è previsto il passaggio di consegne tra la
gestione commissariale, che va avanti da circa 6 anni, e il nuovo
cda, costituisce una sorta di universo a parte.
Perché, scrive Il Sole 24 ore, in un mondo in cui gli istituti
di credito sono soffocati dalla regolazione e dal rispetto dei
requisiti patrimoniali, il Credito sportivo si può permettere un
indicatore di solidità, il Tier 1 ratio, attorno all'85% (valore
dell'ultimo bilancio, quello del 2011, ma da allora i numeri non
sono troppo cambiati) contro una media del sistema del 10-15 per
cento. Tanto patrimonio a fronte di un'attività di finanziamento
limitata (270 milioni le erogazioni nel 2017, utile di circa 20
milioni). Troppo, in un paese che per qualità e modernità delle
infrastrutture sportive -calcio, palazzetti dello sport, piscine
etc- è un po' un fanalino di coda dell'Unione europea.
Tra le ultime nomine varate dal governo Gentiloni c'è quella del
cda. E sul nuovo vertice, prosegue il giornale, le tensioni sono
iniziate prima di scegliere le candidature. Tanto che il nuovo
presidente, Andrea Abodi (fino a febbraio 2017 presidente della
Lega di calcio serie B), è stato nominato a novembre su indicazione
del ministro per lo Sport Luca Lotti, mentre per l'insediamento del
cda bisognerà attendere i primi di marzo.
Sotto la cenere cova una dialettica ardente tra Banca d'Italia e
Ministero dell'Economia, che preferirebbero la trasformazione in
spa e una governance allineata alle best practices del sistema (in
particolare via Nazionale predilige un ad con pieni poteri), e i
governi di turno, che non riescono a smuovere lo status quo. Nei
mesi scorsi -su indicazione del Mef- è stata valutata l'ipotesi di
una riduzione del capitale dell'ente per circa 400 milioni da
retrocedere al Ministero dell'Economia sotto forma di cedola
straordinaria (da usare per ridurre il debito pubblico), la
trasformazione in spa e l'accorpamento con la Cdp, che oggi
garantisce buona parte della raccolta del Credito sportivo.
Per ora, precisa il quotidiano, è rimasta sulla carta. Le
dinamiche che hanno portato alle designazioni per il cda sono
indicative. Il capitale dell'Istituto fa capo per l'80% al Mef,
6,07% al Coni, 2,2% a Cdp e il resto in piccole quote tra Bnp,
Generali Ass., Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banca di Sardegna, B.Mps
e Dexia Crediop (oggi controllata da Dexia Credit Local). Il
processo si è incartato sul meccanismo che impone la condivisione
della scelta di 2 su 4 consiglieri tra tutti i soci. Uno lo esprime
poi la Cassa e uno il Coni. Nei fatti sono entrate figure tecniche:
Antonella Baldino in quota Cdp, ed Elisa Grande, tecnica del Mef,
come consigliere condiviso. È la figura di Pierfrancesco Barletta,
già ad della società di gestione dello stadio San Siro e di Jaba,
società che produce spettacoli pop, ad aver creato qualche
imbarazzo: il suo nome sarebbe arrivato dalla presidenza del
Consiglio (che può designare solo il presidente) e né Cdp (per la
sua quota) né il Mef (con le banche) se ne volevano prendere la
paternità. Alla fine è stato accettato nella rosa dei due
consiglieri condivisi tra tutti i soci, con la qualifica di
"indipendente". Il Coni ha indicato Paolo Vaccari, ex rugbista,
architetto e consigliere federale. È stato nominato anche il
comitato per la gestione dei fondi speciali: oltre ad Abodi,
Alessandro Tonetti (Cdp) e Simona Nuti.
Lo spettacolo vero, mette in evidenza il giornale, deve ancora
cominciare. Nell'aria c'è l'idea di proporre per il ruolo di
direttore generale - in base allo statuto approvato nel 2014 (che
ha riportato in capo al Mef la possibilità di percepire i dividendi
dei quali prima beneficiavano solo le banche) condivide con il cda
i poteri esecutivi - l'attuale commissario Paolo D'Alessio. Il Mef
e la Cdp non vedrebbero l'ipotesi di buon occhio e punterebbro
invece su soluzioni di mercato e una rapida trasformazione in spa
(che però richiede una legge). In Banca d'Italia potrebbero
accettare la nomina, perché garantisce la continuità. In realtà ce
ne è stata anche troppa: la legge prevede che il commissariamento
duri al massimo 1 anno, prorogabile per 6 mesi.
L'eccezione di altri due mesi è consentita solo per chiudere la
gestione commissariale. Qui si va avanti invece da 6 anni. Il
dossier sulla nomina del dg sarà sul tavolo della prima riunione
del cda a marzo. Di pari passo con la modifica dello statuto, che
va comunque cambiato per recepire l'innovazione introdotta con
l'ultima manovra in base alla quale la quota di dividendi del Mef
va girata al fondo gestito dall'ente per erogare mutui agevolati
agli impianti sportivi. Pur senza potere di firma, Abodi negli
ultimi mesi ha spinto per rimette in moto i finanziamenti. Un nuovo
piano industriale punterebbe sull'ampliamento del perimetro di
business, efficienze (i dipendenti sono oltre 160) sinergie, anche
con Invitalia e Mcc. Tra le idee c'è anche l'emissione di bond.
vs
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February 16, 2018 03:20 ET (08:20 GMT)
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