Di Luigi Chiarello

Se l'Europarlamento o un giudice europeo non si metteranno di traverso, l'Agenzia Europea dei Medicinali (Ema) finirà ad Amsterdam, nonostante la città olandese non abbia una sede per ospitarla. E di sicuro c'è che una sede definitiva non l'avrà prima di maggio 2020, benché da impegni presi con i 27 Stati membri dell'Unione l'Ema debba essere pienamente operativa in Olanda da marzo 2019. Un colossale pasticcio, che il ministro alla Salute italiano Beatrice Lorenzin ha efficacemente definito "il pacco olandese, dove al posto del televisore hanno messo il mattone". Solo che di mattoni, intesi come edifici adeguati disponibili, non se ne vede ancora l'ombra.

Lo scandalo, si legge su MF, è emerso grazie al lavoro di ItaliaOggi. Il quotidiano per primo ha rilevato la lacuna nel dossier olandese il 23 novembre scorso, tre giorni dopo l'assegnazione della sede decisa in Consiglio Europeo. E poi non si è fermato: il 12 dicembre successivo ItaliaOggi ha sollevato in modo puntuale la questione con un magistrale articolo di Tino Oldani. Questo articolo ha trasformato una vicenda passata sotto traccia in un clamoroso scontro tra istituzioni europee: ha innescato un'interrogazione parlamentare bipartisan di Patrizia Toia (Pd-Pse) ed Elisabetta Gardini (Forza Italia-Ppe), con cui le due eurodeputate hanno chiesto conto alla Commissione Ue degli aspetti tecnici e degli impegni assunti dalle città candidate.

La partita poi si è trasferita in commissione Ambiente e Sanità dell'Europarlamento, che il 22 febbraio andrà ad Amsterdam per verificare lo stato dei lavori rispetto ai tempi previsti. L'assemblea europea infatti dovrà esprimersi sulla modifica al regolamento, che cambia lo statuto Ema stabilendo ad Amsterdam la nuova sede. Se la soluzione decisa dal Consiglio Ue non dovesse convincerli, gli eurodeputati potrebbero votare per una soluzione diversa, trascinando così la partita a una sorta di tavolo di negoziato tra istituzioni europee, denominato trilogo. Ma c'è di più. Dopo l'articolo di ItaliaOggi sono partiti, a stretto giro di posta, i ricorsi contro la decisione del Consiglio Europeo che ha assegnato ad Amsterdam la sede dell'Ema. In particolare quelli presentati dal governo italiano alla Corte di Giustizia Ue e dal sindaco di Milano Giuseppe Sala al tribunale Ue. Azione, quest'ultima, a cui presto dovrebbe affiancarsi un ulteriore ricorso «ad adiuvandum» di Federchimica, Assolombarda, Confcommercio e Camera di Commercio di Milano.

A motivare l'intervento dei privati è bastato un dato, denunciato nel 2016 dallo scienziato Silvio Garattini: "L'83% dell'intero bilancio Ema (circa 250 milioni di euro) è a carico dell'industria europea", il resto sono fondi pubblici. Ora, stando a stime circolate negli ultimi giorni nei corridoi londinesi dell'Agenzia, l'assenza di una sede definitiva immediata e l'inadeguatezza delle soluzioni provvisorie proposte dal governo olandese starebbero generando extra-costi sul trasferimento ad Amsterdam per un +34% rispetto a quanto previsto dal dossier olandese. In particolare, i canoni di locazione sarebbero lievitati da 10 a 13,5 milioni l'anno. Informazioni, queste, secretate dal dossier olandese e che stridono rispetto ai 7 milioni d'affitto messi in chiaro dalla candidatura italiana (pari a metà del canone oggi sborsato dall'Ema a Londra) e alla disponibilità di una prestigiosa sede subito operativa (il Pirellone).

Ma che cosa ha motivato la secretazione di parte del dossier olandese? Una richiesta mossa dal governo dell'Aia alla Commissione Europea affinché, in assenza di una sede disponibile, celasse in Consiglio Ue le sedi provvisorie proposte dall'Olanda nel tentativo di scongiurare speculazioni immobiliari. Dunque, a conti fatti, i 27 Stati Ue il 20 novembre scorso hanno votato alla cieca, scegliendo Milano e Amsterdam dopo un'eliminazione diretta in tre round tra 19 città europee candidate. Quindi il Consiglio Ue si è affidato al caso per la decisione finale, cioè a un sorteggio. Il destino in questa partita gioca un ruolo rilevante, anche le coincidenze pesano. E ce ne sono due che non possono essere taciute: a consentire che un dossier incompleto fosse sottoposto al voto del Consiglio Europeo, sposando la richiesta di segretezza del governo olandese, è stato il segretario generale della Commissione Ue: un olandese di nome Alexander Italianer, il cui cognome, solo per una beffa del solito destino, ricorda il Belpaese. E per non farci mancare nulla in termini di opportunità politica sarà ancora un olandese, Marc van der Woude, il giudice che dovrà pronunciarsi sul ricorso del sindaco di Milano al Tribunale Ue. Ci viene in mente Totò che vende la Fontana di Trevi a uno sprovveduto turista italo-americano. Solo che quello era un film, Totòtruffa 62.

red

 

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February 21, 2018 02:03 ET (07:03 GMT)

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