Economia: Sda Bocconi, in settore lattiero-caseario mancano grandi aziende
23 Marzo 2018 - 07:25PM
MF Dow Jones (Italiano)
Il settore lattiero-caseario italiano ha un punto di debolezza:
la carenza di operatori di grandi dimensioni, soprattutto nella
fase della produzione. È questa la conclusione della ricerca di Sda
Bocconi, realizzata in collaborazione con Parmalat e presentata
oggi a Milano.
Il tema della crescita è cruciale per lo sviluppo di tutto il
Sistema Paese italiano. Le ragioni sono principalmente quattro.
Minore dimensione implica minore produttività, minore capacità di
export, minore capacità di innovare data da minori risorse
investibili in ricerca e sviluppo o in progetti di crescita
organica o M&A. Minore dimensione implica infine maggiore
rigidità finanziaria. Il tema è trasversale a più settori e
caratterizza anche il settore lattiero-caseario, composto in misura
prevalente da operatori conferenti latte di piccola dimensione.
La dimensione è un fattore cruciale nel settore
lattiero-caseario, dove i 2/3 delle imprese è collocato nelle due
classi dimensionali più piccole e dove esiste una forte discrepanza
dimensionale fra parte alta (produttori) e parte bassa
(trasformatori) della filiera.
Nell'ambito dell'Unione Europea, principale area mondiale di
produzione di latte con un tasso di autoapprovvigionamento pari al
113%, il settore italiano del latte è quello che sta attraversando
la fase più critica, principalmente a causa di costi di produzione
nazionali mediamente più elevati (più alti di circa 3,3 euro/100 kg
rispetto alla media europea nell'ultimo triennio) rispetto a quelli
degli altri principali produttori dell'Unione Europea, tra cui, in
particolare, Francia e Germania (con differenziali di prezzo
rispetto all'Italia di - 2,73 e - 3,58 euro ogni 100 kg, in media,
nel periodo 2015-2017). I costi di produzione aziendali,
estremamente diversificati da un'azienda all'altra in funzione di
numerosi parametri strutturali e gestionali, variano
prevalentemente in funzione della dimensione aziendale, diminuendo
all'aumentare della produzione annua e del numero dei capi. Nel
settore il rapporto domanda-offerta è di 1:20 in termini di
numerosità di operatori: i soggetti che operano a livello
industriale nella trasformazione del latte si interfacciano con
molti operatori di ridotta dimensione contraddistinti, in media, da
bassi livelli di produttività. L'effetto è un costo netto di
produzione del latte pari mediamente a circa 43 euro/100kg, ma con
valori oscillanti tra i 30 e i 60 euro/100kg a seconda della
dimensione degli operatori. La crescita delle imprese appare dunque
un imperativo per aumentare la competitività, favorita dai grandi
operatori del settore, che stimolano un effetto "traino".
Gli attuali squilibri possono essere colmati grazie all'attività
degli operatori di maggiore dimensione. "La presenza di operatori
con massa critica rilevante e maggiore produttività, è fondamentale
per creare valore "indotto" nel resto della filiera, come dimostra
la Ricerca: la crescita di questi operatori comporta la crescita
delle imprese ad essi "collegate", con un effetto traino
fondamentale per la creazione di valore per il Sistema Italia"
commenta Matteo Vizzaccaro, coordinatore del Team di ricerca
composto da Giulia Negri, Chiara Pirrone, Ilaria Cavalleri e
Arianna Pisciella. La stima dell'impatto economico e sociale di
Parmalat è stata svolta in tale prospettiva, nella piena
consapevolezza che lo sviluppo del settore risiede nella
complementarietà delle parti che lo compongono.
Investimenti organici, M&A, internazionalizzazione e
ottimizzazione del rapporto con il mercato dei capitali le leve per
guidare la crescita, con una costante attenzione alle performance
in ambito ambientale, sociale e di governance.
Uno dei pochi grandi operatori del settore è Parmalat. Cassa
operativa in crescita in media del 5% su base annua, 1,5 miliardi
di euro investiti in 10 anni (dati al 2016), 141 milioni di euro
d'investimento medi annui ad un tasso di crescita vicino all'8%,
basso indebitamento, alta capitalizzazione e conseguente basso
profilo di rischio sono gli ingredienti per un'incidenza sul PIL
nazionale nell'ordine del 1,638 miliardi di euro. 134 mila persone
coinvolte dal punto di vista lavorativo dalla presenza sul
territorio dell'azienda, che produce il 21% dell'IRES e il 17%
dell'Irpef generate dal settore. Il Gruppo rappresenta l'unico
operatore del settore in Italia (quarto in Europa) a presidiare
attivamente le tematiche ESG (Environmental, Social &
Governance), con specifiche policy attive per quanto riguarda la
riduzione delle emissioni, la tutela della forza lavoro, la
responsabilità di prodotto, l'innovazione e il funzionamento dei
meccanismi di governance.
com/lus
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March 23, 2018 14:10 ET (18:10 GMT)
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