Dopo aver aperto in territorio decisamente negativo, i listini azionari statunitensi provano a recuperare parte del terreno. Sulle Borse Usa pesa ancora l'escalation delle tensioni commerciali tra Washington e Pechino.

Il Dow Jones riduce le perdite e lascia sul terreno lo 0,67%, mentre l'S&P 500 perde lo 0,3%. Il Nasdaq Composite, nelle scorse meno vulnerabile alle incertezze sul commercio, è ad un passo dal recuperare la parità a -0,07%.

"Ci sono numerosi problemi con le tariffe: il primo e piú evidente è che aiutano meno persone rispetto a quelle che danneggiano", dice Ed Yardeni, presidente e chief investment strategist di Yardeni Research, "sono pensate per aumentare l'occupazione di alcuni settori industriali, ma aumentano i prezzi sugli stessi prodotti per tutti i consumatori". I mercati stanno facendo i conti con "le due facce di Donald Trump, che si sta rivelando per gli investitori una sorta di Dr. Jekyll, per tagli fiscali e de-regulation, e Mr. Hide, per le iniziative protezionistiche".

"Aumenta in misura significativa la probabilitá di una vera e propria guerra commerciale", affermano gli economisti di Intesa Sanpaolo, puntualizzando che lo scontro "include non solo la Cina, ma anche gli alleati degli Usa, come Canada, Messico e Unione Europea, soggetti dal 1* giugno ai dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio.

Inoltre, i negoziati sul Nafta restano bloccati e con il passare del tempo aumenta la probabilitá di un'uscita degli Usa dal trattato, con l'obiettivo di siglare accordi bilaterali". Secondo le stime della Tax Foundation, l'introduzione dei dazi su 50 miliardi di dollari di importazioni dalla Cina, insieme a quelli giá attuati su alluminio, acciaio, pannelli solari e lavatrici, avrebbe un effetto restrittivo sulla crescita americana di medio termine pari a -0,06 punti percentuali.

Il Fondo Monetario Internazionale stima poi che un aumento generalizzato del 10% dei dazi sulle importazioni Usa accompagnato da una ritorsione equivalente da parte di tutti i partner contro gli Stati Uniti causerebbe una correzione della crescita mondiale di 0,5 punti percentuali e di quella americana di 1 punto.

Nel frattempo però, negli Stati Uniti la crescita rimane solida nonostante un lieve rallentamento a inizio anno. Gli investimenti delle imprese hanno assistito a una netta inversione di rotta, mentre i consumi sono sostenuti da una creazione dinamica di posti di lavoro. Il balzo delle vendite al dettaglio riportato in aprile ha evidenziato che la debolezza osservata nel primo trimestre era solo passeggera. Nei prossimi mesi la riforma fiscale dovrebbe avere effetti limitati. Tuttavia, come osserva Anton Brender, Chief Economist di Candriam, "l'aumento della spesa approvato nel bilancio 2018 avrá un impatto piú significativo sulla crescita. Se le incertezze geopolitiche e le tensioni commerciali non incideranno sul sentiment, la crescita dovrebbe attestarsi attorno al 3% nel 2018". Per evitare qualsiasi rischio di "panico inflazionistico", la Federal Reserve continuerá infine a normalizzare la propria politica monetaria, realizzando due ulteriori rialzi dei tassi quest'anno.

L'indice Nahb sull'andamento del mercato immobiliare statunitense nel mese di giugno si è attestato a 68 punti, in ribasso rispetto a quota 70 di maggio. Il dato è inferiore al consenso degli economisti, che si attendevano un risultato stabile a 70 punti.

Sul fronte valutario, il cross euro/usd è poco mosso a 1,1608, mentre sull'obbligazionario il Treasury biennale scambia con un rendimento del 2,541%, mentre il decennale è al 2,915%.

lus/alb

antonio.lusardi@mfdowjones.it

 

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June 18, 2018 10:52 ET (14:52 GMT)

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