"Il debito elevato ci rende vulnerabili rispetto a crisi di fiducia: un Paese che ha 2.300 miliardi di debito pubblico, che ne deve rifinanziare circa 400 all'anno, non può ignorare questo fatto. Tutto ciò però costituisce un problema da affrontare con serietà e consapevolezza, non una condanna a cui non si può sfuggire".

Lo ha detto il vice d.g. di Bankitalia, Luigi Federico Signorini, sottolinendo che "la strada che porta a una sostanziale riduzione dell'incidenza del debito pubblico è percorribile".

Signorini ha quindi ribadito come "il più ovvio fattore di vulnerabilità per il nostro paese è rappresentato dal debito pubblico. Non è l'unico certamente, ma tuttavia è quello la cui evidenza è più lampante, e sul quale le leve d'azione della politica economica sono più

dirette".

"Negli ultimi anni, almeno, la sua consistenza rispetto al prodotto si è sostanzialmente stabilizzata. Ma il livello resta di gran lunga troppo alto. Alla fine del 2017 il debito pubblico era quasi il 132% del Pil", ha proseguito il vice d.g. di Bankitalia mettendo in evidenza come "esso è inferiore soltanto a quello greco; è superiore rispettivamente di 68, 35 e 34 punti percentuali a quelli della Germania della Francia e della

Spagna; del 51% a quello medio dell'area".

Un debito così elevato, ha aggiunto Signorini citando le parole del governatore Ignazio Visco, "scoraggia gli investimenti aumentandone i costi di finanziamento e alimentando l'incertezza; accresce il ricorso a forme di tassazione distorsiva, con effetti negativi sulla capacità di generare reddito, risparmiare e investire; comprime i margini disponibili per politiche sociali e di stabilizzazione macroeconomica". Quest'ultimo punto, ha concluso, "è divenuto di drammatica evidenza durante

la crisi dei debiti sovrani, quando, per evitare che il rapido aumento dello spread sui titoli di Stato innescasse un circolo vizioso, fu necessario adottare una politica di bilancio restrittiva in una fase

congiunturale avversa".

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June 18, 2018 12:03 ET (16:03 GMT)

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