Le liste dovrebbero essere tre, anche se la sfida si giocherà tutta tra Raffaele Mincione e Vittorio Malacalza. Assogestioni infatti potrebbe partecipare per aggiudicarsi solo qualche posto, facendo leva sui voti di Intesa Vita e di altri investitori istituzionali. La sfida sarà insomma tra l'ex vice presidente e primo azionista e il finanziere che, dopo aver accumulato pacchetti consistenti di titoli, ha chiesto la revoca del board. Se ufficialmente ci sarà tempo fino al 26, le liste potrebbero essere pronte già all'inizio della prossima settimana per consentire così alle autorità di vigilanza di esaminare i requisiti fit and proper dei candidati.

I preparativi - scrive Milano Finanza - fervono. Nelle ultime settimane entrambi i contendenti avrebbero arrotondato le rispettive partecipazioni, anche se la scarsa liquidità del titolo non avrebbe permesso di staccare in maniera consistente l'avversario. Tra lunedì 6 e mercoledì 8 ad esempio sarebbero stati particolarmente intensi gli acquisti dei Malacalza che ora dovrebbero essere attestati tra il 23 e il 25% del capitale. Anche Mincione avrebbe consolidato la propria quota e, secondo i pronostici che circolano a Genova, sarebbe in procinto di allearsi con Gabriele Volpi (che non è intenzionato a correre da solo e a esprimere dei consiglieri) per mettere in campo un listone capitanato dall'attuale amministratore delegato Paolo Fiorentino. Nella formazione potrebbero esserci figure di elevato standing tra cui, si mormora, un ex amministratore di lungo corso della Popolare di Milano. Si sa del resto che Mincione è rimasto legato all'istituto di Piazza Meda (di cui conserva ancora una piccola partecipazione sotto il 2%) e ha sempre parlato con favore di un'eventuale fusione tra Banco Bpm e Carige. Se nel nuovo board della banca genovese entrasse una figura legata all'istituto milanese, le spinte in questa direzione potrebbero crescere anche se per il momento è difficile fare previsioni. Quel che è certo è che la coalizione Mincione-Volpi-Fiorentino potrebbe ottenere un buon supporto dagli investituzionali e raggiungere così una maggioranza sufficiente per controllare il nuovo board. L'impresa comunque non sarà semplicissima. L'attuale statuto di Carige prevede infatti un sistema proporzionale senza premio di maggioranza che espone la banca a un concreto rischio di ingovernabilità. Ecco perché il distacco in termini di voti tra le due liste sarà fondamentale per l'equilibrio della nuova governance.

Soprattutto alla luce del fatto che molti degli attuali problemi di Carige derivano dai problemi di governo. Dopo un lungo logorìo a giugno l'attuale consiglio di amministrazione ha cominciato a sgretolarsi pezzo dopo pezzo fino ad arrivare a un soffio dalla decadenza. A dare fino ad ora l'addio al cda sono stati l'ex presidente Giuseppe Tesauro, Malcalza, Stefano Lunardi, Francesca Balzani, Ilaria Queirolo e Lucia Venuti. Restano in otto e, se uno di questi consiglieri dovesse rassegnare le proprie dimissioni prima dell'assemblea del 20 settembre, l'intero consiglio decadrebbe. Bce segue con molta attenzione la vicenda e, con una lettera inviata dopo le dimissioni di Malacalza avrebbe chiesto alla banca di individuare un nuovo presidente ad interim che fosse indipendente e non esecutivo e avesse una certa anzianità di servizio. Un identikit che, sulla carta, corrispondeva alla descrizione di Giulio Gallazzi, rappresentante degli istitutizionali nel board e finora equidistante dai diversi schieramenti in campo.

red/cce

 

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August 13, 2018 02:11 ET (06:11 GMT)

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