Economia: Cgia, aumenta l'imprenditoria straniera in Italia
14 Agosto 2018 - 7:29PM
MF Dow Jones (Italiano)
Se i titolari d'azienda italiani faticano a lasciarsi alle
spalle le difficoltà economiche subite in questi ultimi anni,
l'imprenditoria straniera presente nel nostro Paese, invece, gode
di buona salute. Almeno in termini di numerosità, quest'ultima
continua ad aumentare.
Al 31 dicembre 2017, fa sapere l'Ufficio studi della Cgia, gli
imprenditori stranieri (soci, titolari, amministratori, etc.)
operanti in Italia hanno toccato quota 805.477 (+ 2,5 per cento
rispetto al 2016) e l'etnia più numerosa è diventata quella
cinese.
Alla fine dell'anno scorso, si legge in una nota, gli
imprenditori cinesi alla guida di una attività in Italia erano
80.514, seguiti da 79.391 marocchini, da 77.082 romeni e da 46.974
albanesi.
Nel complesso l'imprenditoria straniera aumenta e nel 2017 è
stata pari all'8,8 per cento del totale Italia; nel 2009 la quota
era del 6,2 per cento (in termini assoluti pari a 599.036). Nello
stesso arco temporale, invece, gli imprenditori italiani (soci,
titolari, amministratori, etc.) sono scesi da 8,9 a meno di 8,3
milioni (pari al - 7,5 per cento).
In questa nota l'imprenditoria cinese è al centro dell'interesse
dell'Ufficio studi della Cgia. Si pensi che rispetto al 2009, le
attività economiche guidate da cinesi presenti in Italia sono
aumentate addirittura del 61,5 per cento, contro un incremento
medio dell'imprenditoria straniera presente in Italia che si è
attestata al 34,5 per cento.
"Sebbene in alcune aree del nostro Paese esistono delle sacche
di illegalità riconducibili all'imprenditoria cinese che alimentano
l'economia sommersa e il mercato della contraffazione - dichiara il
coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - non
dobbiamo dimenticare che da sempre i migranti cinesi si sono
contraddistinti per una forte vocazione alle attività di business.
Nel momento in cui lasciano il Paese d'origine, infatti, sono tra
gli stranieri più abili nell'impiegare le reti etniche per
realizzare il loro progetto migratorio che si realizza con
l'apertura di un'attività economica".
I settori maggiormente interessati dalla presenza degli
imprenditori provenienti dall' "impero celeste" sono il
commercio/venditori ambulanti, con 26.200 titolari, il
manifatturiero, con poco più di 20.000 soggetti (quasi tutti
impiegati nel tessile-abbigliamento e calzature) e la
ristorazione-alberghi e bar, con oltre 18.000 imprenditori.
Ancora contenuta, ma con un trend di crescita molto importante,
è la presenza di imprenditori cinesi nel settore dei servizi alla
persona, ovvero tra i parrucchieri, le estetiste e i centri
massaggi: il numero totale sfiora le 6.000 persone, ma tra il 2016
ed il 2017 l'aumento è stato di quasi il 10 per cento.
La vocazione imprenditoriale dei migranti cinesi, come dicevamo,
è fortissima. Se l'incidenza degli imprenditori stranieri sul
totale dei residenti stranieri presenti in Italia è pari al 15,7
per cento, quelli cinesi sono addirittura il 27,7 per cento: su
oltre 290.600 cinesi residenti in Italia, ben 80.500 guidano
un'attività economica (vedi Tab. 3).
"Da sempre - afferma il segretario Renato Mason - le principali
aree di provenienza dei migranti cinesi sono le province del Sud
Est del paese: Zhejiang, Fujian, Guangdong e Hainan. Per queste
persone, la ricerca del successo si trasforma in una specie di
debito morale nei confronti della famiglia allargata e degli amici
che da sempre costituiscono un sostegno irrinunciabile per chi
vuole emigrare".
La Lombardia, con oltre 18.800 imprenditori, è la regione più
popolata da aziende guidate da cinesi: seguono la Toscana, con
quasi 14.000, il Veneto, con oltre 9.600 e l'Emilia Romagna, con
poco più di 8.100. In queste quattro Regioni si concentra oltre il
62 per cento del totale degli imprenditori cinesi presenti nel
nostro Paese (vedi Tab. 4).
Nel 2017, infine, l'ammontare complessivo delle somme di denaro
inviate verso il Paese d'origine dagli immigrati cinesi presenti in
Italia è stato di 136 milioni di euro. Nulla a che vedere con
quanto era successo nel 2012, anno in cui erano stati inviati in
Cina ben 2,6 miliardi di euro. Questo crollo può essere spiegato da
un lato con la maggiore propensione degli immigrati cinesi ad
investire in Italia, riducendo i legami con il paese d'origine,
dall'altro con l'intensificazione dei controlli sulle transazioni
(money transfer), volti a diminuire gli utilizzi impropri di questo
canale.
com/cce
(END) Dow Jones Newswires
August 14, 2018 13:14 ET (17:14 GMT)
Copyright (c) 2018 MF-Dow Jones News Srl.