MF ANALISI: Il governo è molto sensibile all'italianità ma nei fatti danneggia quella delle banche
12 Ottobre 2018 - 8:17AM
MF Dow Jones (Italiano)
Nel caos politico economico nel quale ci troviamo ci sono poche
certezze. Una di queste riguarda il fatto che il governo (non si sa
bene per quale motivo) intende colpire le banche con provvedimenti
che aggraveranno i loro conti economici. Forse esso non conosce la
situazione in cui si dibatte il nostro sistema bancario, colpito
nel frattempo anche indirettamente dall'azione dello stesso
governo, la cui politica economica sta condizionando i mercati, i
tassi di interesse e le quotazioni di azioni e di obbligazioni,
anche di Stato, originando nuovi grossi problemi nei conti
patrimoniali ed economici delle banche. Il governo dimostra
peraltro di non conoscere neppure né chi colpirebbero i
provvedimenti in questione, né la funzione delle banche
nell'economia del Paese.
Quanto al primo punto, il governo non si è reso conto che, con
tali provvedimenti, non colpirebbe i loro amministratori e
dirigenti, che chiaramente non godono la fiducia del governo, ma si
penalizzerebbero i loro proprietari, che il governo ritiene siano
capitalisti speculatori che scaricherebbero i loro problemi
sull'economia e sulla società per aumentare a dismisura i loro
profitti. In questo modo si dimostra che il governo non sa che la
proprietà delle banche, salvo qualche eccezione che conferma la
regola generale, non è nelle mani di pochi capitalisti speculatori
bensì è estremamente frazionata. Gli azionisti delle nostre banche
sono infatti centinaia di migliaia e singolarmente hanno pacchetti
azionari di ridottissime dimensioni, i quali non consentono loro di
condizionare la gestione delle banche.
A parte le fondazioni di origine bancaria che sono di diritto
privato pur svolgendo attività di pubblico interesse e lo Stato,
che dobbiamo ritenere quasi per definizione non perseguono intenti
speculativi, gli azionisti tipici delle banche italiane sono
persone della media borghesia che hanno creduto nel futuro delle
stesse banche, sperando di vedere crescere nel tempo il valore dei
loro investimenti effettuati in un'ottica assolutamente non
speculativa. Purtroppo per molti di essi i sogni che avevano
cullato sono recentemente svaniti.
Diverse banche sono fallite e il valore delle relative azioni si
è azzerato. Per quelle che sono rimaste nel mercato detto valore è
comunque fortemente sceso (anche in questi giorni proprio in
seguito ai provvedimenti economici del governo) e oggi, anche qui
con rarissime eccezioni, è addirittura inferiore a quello del
patrimonio contabile delle banche, testimoniando quindi l'esistenza
di un loro avviamento negativo. Anche le aspettative di poter avere
decenti dividendi sono svanite e solo poche banche riescono a
rimunerare adeguatamente il loro capitale. Sarebbero questi i
capitalisti che si vogliono colpire? È logico ed equo colpire
qualcosa che ha già subito traumi pesantissimi e che ha già di per
sé problemi importanti non facili da risolvere?
Le risposte a questi quesiti sono scontate e passo quindi al
secondo aspetto della questione prima accennata, cioè la funzione
delle banche e le possibilità che queste hanno di esercitarla
convenientemente. Anche qui il governo dimostra di non conoscere
alcune regole fondamentali peraltro note a tutti coloro che hanno
una minima idea dell'economia e della finanza. La più importante
fra tali regole afferma che non può esistere un'economia forte se
non vi è un sistema bancario forte. Conseguentemente, colpire le
banche vuol dire colpire l'economia e la società nel loro
complesso, con tutto ciò che ne deriva. Per ottenere la crescita
auspicata occorrerebbe quindi fare tutto il contrario di quello che
il governo sta facendo.
Occorrerebbe cioè non solo non adottare provvedimenti punitivi e
non processare il passato, come sembra si voglia nuovamente fare
con l'apposita commissione di inchiesta parlamentare, che lascerà
il tempo che trova e che non avrà alcuna utilità per migliorare il
futuro del nostro sistema bancario e della nostra economia, ma
sarebbe anche e soprattutto necessario rafforzare tale sistema,
aiutandolo a raggiungere una soddisfacente redditività. Se così non
accadrà, infatti, non vi sarà alcuna speranza che le banche possano
sostenere la crescita economica. Affinché vi sia tale crescita è
infatti necessario che l'attività creditizia si sviluppi alla
grande.
Ma questo, alla luce delle regole internazionali alle quali
siamo sottoposti e che si dovrebbero rispettare, come invero si
dovrebbero rispettare altre regole che invece il governo cerca di
aggirare o di violare, richiederebbe aumenti di capitale che
sarebbero assolutamente impossibili se la situazione economica
delle nostre banche non migliorasse. Se ciò non avvenisse non ci
sarebbe nessun tipo di crescita economica (con tutto quello che ciò
vorrebbe dire per la società italiana) e gli azionisti delle banche
sarebbero per l'ennesima volta puniti, ma non dalla mala gestio
degli amministratori e dei dirigenti bancari che ci hanno
tormentato negli anni scorsi, bensì dalla mala gestio della
politica economica e finanziaria nazionale. Inoltre, l'abbassamento
ulteriore del prezzo delle azioni delle nostre banche aprirebbe le
porte al loro acquisto da parte di gruppi stranieri, che sono alla
finestra guardando ciò che potrà accadere. Il governo sembra molto
sensibile all'italianità dell'economia, ma, almeno per quanto
riguarda le banche, fa di tutto per danneggiarla.
Roberto Ruozi
Mf - Mercati Finanziari
red
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October 12, 2018 02:02 ET (06:02 GMT)
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