Nel caos politico economico nel quale ci troviamo ci sono poche certezze. Una di queste riguarda il fatto che il governo (non si sa bene per quale motivo) intende colpire le banche con provvedimenti che aggraveranno i loro conti economici. Forse esso non conosce la situazione in cui si dibatte il nostro sistema bancario, colpito nel frattempo anche indirettamente dall'azione dello stesso governo, la cui politica economica sta condizionando i mercati, i tassi di interesse e le quotazioni di azioni e di obbligazioni, anche di Stato, originando nuovi grossi problemi nei conti patrimoniali ed economici delle banche. Il governo dimostra peraltro di non conoscere neppure né chi colpirebbero i provvedimenti in questione, né la funzione delle banche nell'economia del Paese.

Quanto al primo punto, il governo non si è reso conto che, con tali provvedimenti, non colpirebbe i loro amministratori e dirigenti, che chiaramente non godono la fiducia del governo, ma si penalizzerebbero i loro proprietari, che il governo ritiene siano capitalisti speculatori che scaricherebbero i loro problemi sull'economia e sulla società per aumentare a dismisura i loro profitti. In questo modo si dimostra che il governo non sa che la proprietà delle banche, salvo qualche eccezione che conferma la regola generale, non è nelle mani di pochi capitalisti speculatori bensì è estremamente frazionata. Gli azionisti delle nostre banche sono infatti centinaia di migliaia e singolarmente hanno pacchetti azionari di ridottissime dimensioni, i quali non consentono loro di condizionare la gestione delle banche.

A parte le fondazioni di origine bancaria che sono di diritto privato pur svolgendo attività di pubblico interesse e lo Stato, che dobbiamo ritenere quasi per definizione non perseguono intenti speculativi, gli azionisti tipici delle banche italiane sono persone della media borghesia che hanno creduto nel futuro delle stesse banche, sperando di vedere crescere nel tempo il valore dei loro investimenti effettuati in un'ottica assolutamente non speculativa. Purtroppo per molti di essi i sogni che avevano cullato sono recentemente svaniti.

Diverse banche sono fallite e il valore delle relative azioni si è azzerato. Per quelle che sono rimaste nel mercato detto valore è comunque fortemente sceso (anche in questi giorni proprio in seguito ai provvedimenti economici del governo) e oggi, anche qui con rarissime eccezioni, è addirittura inferiore a quello del patrimonio contabile delle banche, testimoniando quindi l'esistenza di un loro avviamento negativo. Anche le aspettative di poter avere decenti dividendi sono svanite e solo poche banche riescono a rimunerare adeguatamente il loro capitale. Sarebbero questi i capitalisti che si vogliono colpire? È logico ed equo colpire qualcosa che ha già subito traumi pesantissimi e che ha già di per sé problemi importanti non facili da risolvere?

Le risposte a questi quesiti sono scontate e passo quindi al secondo aspetto della questione prima accennata, cioè la funzione delle banche e le possibilità che queste hanno di esercitarla convenientemente. Anche qui il governo dimostra di non conoscere alcune regole fondamentali peraltro note a tutti coloro che hanno una minima idea dell'economia e della finanza. La più importante fra tali regole afferma che non può esistere un'economia forte se non vi è un sistema bancario forte. Conseguentemente, colpire le banche vuol dire colpire l'economia e la società nel loro complesso, con tutto ciò che ne deriva. Per ottenere la crescita auspicata occorrerebbe quindi fare tutto il contrario di quello che il governo sta facendo.

Occorrerebbe cioè non solo non adottare provvedimenti punitivi e non processare il passato, come sembra si voglia nuovamente fare con l'apposita commissione di inchiesta parlamentare, che lascerà il tempo che trova e che non avrà alcuna utilità per migliorare il futuro del nostro sistema bancario e della nostra economia, ma sarebbe anche e soprattutto necessario rafforzare tale sistema, aiutandolo a raggiungere una soddisfacente redditività. Se così non accadrà, infatti, non vi sarà alcuna speranza che le banche possano sostenere la crescita economica. Affinché vi sia tale crescita è infatti necessario che l'attività creditizia si sviluppi alla grande.

Ma questo, alla luce delle regole internazionali alle quali siamo sottoposti e che si dovrebbero rispettare, come invero si dovrebbero rispettare altre regole che invece il governo cerca di aggirare o di violare, richiederebbe aumenti di capitale che sarebbero assolutamente impossibili se la situazione economica delle nostre banche non migliorasse. Se ciò non avvenisse non ci sarebbe nessun tipo di crescita economica (con tutto quello che ciò vorrebbe dire per la società italiana) e gli azionisti delle banche sarebbero per l'ennesima volta puniti, ma non dalla mala gestio degli amministratori e dei dirigenti bancari che ci hanno tormentato negli anni scorsi, bensì dalla mala gestio della politica economica e finanziaria nazionale. Inoltre, l'abbassamento ulteriore del prezzo delle azioni delle nostre banche aprirebbe le porte al loro acquisto da parte di gruppi stranieri, che sono alla finestra guardando ciò che potrà accadere. Il governo sembra molto sensibile all'italianità dell'economia, ma, almeno per quanto riguarda le banche, fa di tutto per danneggiarla.

Roberto Ruozi

Mf - Mercati Finanziari

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October 12, 2018 02:02 ET (06:02 GMT)

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