Banca Mps accende i motori per una possibile fusione,

soluzione da tempo chiesta dalla Bce.

Da diverse settimane si susseguono indiscrezioni in merito

all'intenzione del Tesoro di aprire il dossier Montepaschi, ovvero di

iniziare a valutare le diverse opzioni per diminuire la quota del 67% di

Via XX Settembre nella banca piu' antica del mondo. Anche a seguito dei

recenti contatti tra tecnici della Commissione europea ed esponenti del

governo e di Banca d'Italia per monitorare il possibile impatto degli alti

livelli dello spread Btp/Bund, per il momento sembra che la strada

auspicata sia quella di mercato.

Secondo quanto risulta a MF-DowJones, anche Mps ha iniziato a muoversi

in questa direzione. In uno scenario in cui da tempo si parla di

necessita' di un consolidamento fra banche di media dimensione, il Monte

punta ad avere un ruolo attivo. In quest'ottica, il Ceo dell'istituto,

Marco Morelli, avrebbe già portato in Cda le diverse ipotesi di

aggregazione, ovvero con Ubi B., Banco Bpm e Bper, ma anche B.Carige e

Creval. Mentre un matrimonio con una di queste ultime due sembra uno

scenario poco probabile, un'unione con Ubi B. o Banco Bpm o Bper potrebbe

dare il via all'auspicato processo di consolidamento del settore.

In termini di attivi Mps, Ubi e Banco sono piuttosto allineate - Bper ha

invece un attivo di 70 mld. Con Ubi tra l'altro le sovrapposizioni

sarebbero limitate a livello geografico. Tuttavia, prendendo in

considerazione anche il tipo di azionariato, probabilmente con Bper

sarebbe meno complicato, grazie al fatto che l'azionariato è meno diffuso

e l'unico socio forte dell'istituto emiliano è Unipol che detiene una

partecipazione del 15% e ha già ottenuto dalle autorità europee il via

libera per salire fino al 19,9%.

Sul tavolo del board sarebbe arrivata anche l'opzione BancoPosta, che

rappresenta tuttavia l'ipotesi tecnicamente più complicata (BancoPosta non

aderisce al Fondo Interbancario e garantisce i depositi per l'intero

ammontare e non solo fino a 100.000 euro). Inoltre, poiché il gruppo Poste

I. è a controllo pubblico, ciò incontrerebbe l'ostacolo delle authority

europee.

Se per ora qualunque ipotesi e' puramente teorica, quel che e' certo e'

che qualcosa si muovera' in questa direzione, anche a seguito della

pubblicazione dei risultati degli stress test dell'Eba, attesi per il

prossimo 2 novembre.

Il ministero delle Finanze, come concordato con le autorità Ue nel 2017

quando entro' nel capitale per salvare la banca, deve uscire

dall'azionariato entro il 2021, ma entro metà 2019 dovrà indicare a

Bruxelles come intende farlo. Per questo motivo, a stretto giro

incaricherà un advisor che lo affianchi nella definizione dell'operazione.

fch

francesca.chiarano@mfdowjones.it

 

(END) Dow Jones Newswires

October 26, 2018 13:15 ET (17:15 GMT)

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