Il passaggio del tecnocrate Andrea Enria dalla guida dell'Eba a quella della vigilanza Bce coincide con il trasloco della stessa agenzia da Londra a Parigi, in seguito a Brexit. Un trasferimento che aggiunge attese per una fase nuova nel riassetto bancario in Europa, soprattutto per una possibile ripresa delle aggregazioni crossborder. Il grande risiko europeo non è riuscito a decollare sostanzialmente per due motivi: l'esplosione della crisi globale nel 2008 e la rigida ri-regolamentazione bail-in. Al suo esordio la supervisione Bce, pilotata dalla francese Danièle Nouy, si è attenuta a una gestione molto burocratica di protocolli e standard, soprattutto in chiave di pulizia dei conti e di riforma di profili di governance. Nessuna apertura è venuta in termini di uso flessibile del m&a per risolvere salvataggi o stimolare razionalizzazioni e investimenti in fintech. In questo senso l'Italia è stata l'esempio più eclatante: a una raffica di dissesti più o meno pilotati dalla Bce (da Mps alle Popolari venete) si è affiancata una sola fusione, quella fra Banco Popolare e Bpm , fra continui vincoli e rallentamenti da parte della Nouy.

Certamente, scrive Milano Finanza, dalla supervisione Bce non è mai giunta alcuna spinta a risolvere sul terreno delle aggregazioni crossborder neppure casi come Commerzbank (nazionalizzata dal 2009) oppure Deutsche Bank , sotto continui attacchi di grandi fondi non europei. È vero che l'unica vera operazione di successo in campo transeuropeo rimane Unicredit-Hvb-BankAustria (di scala minore resta la penetrazione francese in Italia: BnpParibas su Bnl e Crédit Agricole su Cariparma). Fallimentare si è, invece, rivelato l'assalto di Abn Amro all'Antonveneta seguito in corsa dal maxisalvataggio del gruppo olandese da parte di Rbs e Fortis (subito crollate nel 2008 assieme alla stessa Abn) e Santander. Ma è stata una filiera di deal costruita con motivazioni esclusivamente finanziarie e lontane da logiche industriali.

La stessa Nouy, in ogni caso, non ha mai potuto negare in molti speech che la via delle aggregazioni resti maestra per accelerare l'irrobustimento del sistema bancario europeo. Ora la promozione di Enria e il trasferimento dell'Eba a Parigi (più importante del passaporto del nuovo capo) attendono solo la nomina più attesa per la nuova governance finanziaria europea: quella del successore di Draghi al vertice Bce. Posizione per la quale i bookmakers puntano sempre su un francese: il governatore François Villeroy de Galhau o il direttore generale Fmi, Christine Lagarde. La frontiera Italia-Francia, chiusa sul piano politico dalla confrontation fra il presidente Emmanuel Macron e il governo Di Maio-Salvini, potrebbe dunque risultare assai più aperta se vista dalle finestre dell'Eurotower e da una Vigilanza che rischia di essere molto debole alle pressioni che verranno dal fronte franco-tedesco.

Chi aprirà le danze? Gli operatori concordano che la prima sarà UniCredit. La banca, che l'Azienda-Germania considera in parte propria, rimane un player potenziale di primo livello nel risiko bancario che riprenderà nel 2019, a cavallo del grande rimpasto politico-istituzionale imperniato sull'approdo del popolare tedesco Manfred Weber alla guida della Commissione Ue. Ecco allora spiegato il persistere di voci insistenti sui progressi del dossier UniCredit-SocGen . Dopo aver approvato i conti dei primi nove mesi l'istituto di piazza Gae Aulenti, dove si è dimesso il vicepresidente Andrea Sironi, sembra aver inevitabilmente imboccato la strada del merger. Il fiato corto dei ricavi e l'esigenza di nuovi capitali non lasciano grandi spazi di manovra. Come è risaputo Jean Pierre Mustier, se potesse scegliere, stringerebbe subito un accordo con SocGen di cui conosce perfettamente pregi e difetti. Ma se questa strada non fosse politicamente percorribile si potrebbe aprire il fronte tedesco.

red/lab

 

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November 12, 2018 03:00 ET (08:00 GMT)

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