Imprese: ecco le aziende di famiglia che crescono a colpi di shopping (Mi.Fi.)
08 Aprile 2019 - 08:44AM
MF Dow Jones (Italiano)
Giovanni Ferrero, presidente esecutivo e proprietario
dell'omonimo gruppo dolciario, ha chiuso in settimana la quinta
acquisizione in quattro anni della società di Alba pagando in
contanti gli 1,1 miliardi necessari per assicurarsi gli asset
dolciari statunitensi di Kellogg's.
Qualche ora più tardi Alberto Bombassei, inaugurando il nuovo
stabilimento di Brembo in Cina, ha annunciato la disponibilità
della sua famiglia ridurre la propria quota nella società di
sistemi frenanti dal 53 al 30% in caso di operazioni di m&a
purché (tramite il meccanismo del voto maggiorato appena adottato)
la propria dinastia mantenga il controllo della nuova realtà.
L'imprenditore bergamasco inoltre ha anche rivelato come Brembo
fosse andata vicina a comprare Magneti Marelli da Fca in autunno se
non fosse arrivata l'offerta del fondo Usa Kkr da 6,2 miliardi.
Insomma - scrive Milano Finanza - se molto si è parlato della
campagna acquisti dei grandi gruppi internazionali in Italia (basti
pensare a Electricité de France con Edison o a Bnp Paribas con
Bnl), va detto che c'è anche un Paese che non ha paura di sfidare
la globalizzazione comprando aziende all'estero. E questo Paese
tendenzialmente si identifica nelle imprese manifatturiere a
controllo familiare.
Secondo uno studio dell'Università Bocconi di Milano Exor , la
holding di casa Agnelli, rappresenta la punta di diamante di questo
universo familiare, seguita dalla holding Edizione della famiglia
Benetton e dalla Ferrero. Ma se si scorrono i nomi delle prime 20
aziende familiari citate nello studio si nota come una larga parte
del pil italiano (se si eccettuano le banche e le imprese ex
monopoliste di Stato come Eni , Enel o Telecom Italia ) sia
compresa in questa graduatoria. Nella lista figurano infatti anche
l'Esselunga dei Caprotti, la Fininvest della famiglia Berlusconi,
la De Agostini dei Boroli-Drago e la Saras dei Moratti o la
Barilla, controllata dalla famiglia omonima. Non solo, ma lo stesso
studio illustra anche come alcuni dinastie industriali che non
fanno parte di questi gotha si stiano industriando per
crescere.
Interpump, la società di pompe idrauliche di Fulvio Montipò, per
esempio è la società familiare che ha messo a segno il maggior
numero di acquisizioni dal 2014 in poi (ben 11). Seguito con otto
transazioni da gruppi come la Ima della famiglia Vacchi
(imballaggio) o la Lavazza (caffè) della omonima dinastie torinese,
le cui acquisizioni negli ultimi anni hanno spaziato dalla Francia
(il brand Carte Noire) agli Stati Uniti (Mars drinks) passando per
la Danimarca. In totale, spiega lo studio, le imprese familiari
italiane hanno sempre concluso più di 100 acquisizioni all'anno dal
2014 in avanti. Con una punta massima di 152 nel 2018 e con un
ottimo avvio nel primo trimestre 2019 visto che lo shopping ha già
raggiunto quota 40.
In questo quadro non sorprende come, almeno per quanto la
nicchia del cosiddetto family business, l'Italia sembra messa
meglio rispetto ad altri settori. Anche nel raffronto con il
contesto internazionale. Credit Suisse pubblica annualmente uno
studio denominato Family 1000 in cui analizza a livello globale
l'andamento delle 1000 principali imprese controllate da clan
parentali. Un ricerca che tra l'altro ha messo in evidenza come in
Europa i 226 family business analizzati siano stati in grado di
guadagnare in media il 4,7% l'anno in più negli ultimi 11, rispetto
alle aziende non a controllo familiare. Mentre in Italia a fronte
di una perdita media del 5% subita dai non-family business tra il
2006 e il 2018, il segmento delle 27 aziende familiari esaminate ha
ottenuto una performance positiva del 5% annuo.
red/cce
(END) Dow Jones Newswires
April 08, 2019 02:29 ET (06:29 GMT)
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