C'è una fabbrica che produce beni e una che produce dati. Ma la catena di montaggio è una sola. La fabbrica del futuro avrà un gemello digitale, nato dalle informazioni trasmesse da macchinari intelligenti e interconnessi. Il flusso informativo generato dall'impianto fisico servirà a quello virtuale per scovare errori, inefficienze, guasti nel sistema produttivo. Questa enorme mole di dati verrà immagazzinata e analizzata nel cloud: la fabbrica di domani sarà delocalizzata fra le nuvole. Robotica avanzata, Internet delle cose (IoT) e cloud sono i pilastri della smart factory, l'azienda intelligente. Il modello è ancora incompiuto, ma già esistono applicazioni interessanti.

"Solo negli ultimi anni queste tecnologie hanno raggiunto la maturità necessaria, in termini di funzionalità e prezzi, a varcare i cancelli della fabbrica", spiega a Milano Finanza Jacopo Brunelli, managing director di Boston Consulting Group. "A livello globale l'adozione è al 40-45%, ma si prevede che possa raddoppiare nel giro di tre anni". Stando a un sondaggio di Bcg, per esempio, l'87% delle aziende italiane ha in piano di integrare la robotica avanzata nel processo produttivo entro il 2022. Intanto però il treno di industria 4.0 corre veloce e il biglietto per salire è caro. "Per capacità di investimento e di attrazione di talenti le grandi imprese hanno più possibilità di agganciare la rivoluzione tecnologica", osserva Brunelli. "Sotto questo aspetto le pmi italiane potrebbero essere svantaggiate. D'altro lato, le minori dimensioni consentono flessibilità e velocità di risposta al cambiamento superiori".

Grazie agli incentivi del Piano Nazionale Industria 4.0. molte aziende italiane hanno abbracciato l'innovazione: basti pensare che, secondo i dati dell'Osservatorio del Politecnico di Milano, nel 2017 il mercato Industria 4.0 valeva quasi 2,4 miliardi di euro, il 30% in più dell'anno precedente. Una crescita proseguita nel 2018 e solo parzialmente rallentata nei primi mesi di quest'anno a causa della frenata economica.

"In Italia quasi un'azienda medio-grande su tre ha iniziato a lavorare su questa trasformazione con più di un progetto", calcola Giovanni Miragliotta, direttore dell'Osservatorio. "Tuttavia, mentre in Germania governo e industria si muovono all'unisono verso la piattaforma manifatturiera del futuro, in Italia non esiste ancora un sistema unico e coerente". Le eccellenze infatti non mancano (Brembo, Ansaldo, Toyota Material Handling, solo per citarne alcune), ma per sfruttare al massimo la smart factory è indispensabile una filiera allineata.

"È importante che i capofiliera sappiano portare tutta la catena del valore a modernizzarsi e ad adottare queste tecnologie", avverte Brunelli. La grande industria deve insomma fungere da locomotiva e trainare il vagone dei fornitori verso l'industria 4.0. Di recente Volkswagen e Bmw hanno fatto il primo passo in questa direzione. La casa di Wolfsburg ha siglato un accordo con Amazon Web Services per portare i dati di macchinari, impianti e sistemi di tutti i 122 stabilimenti sul cloud. Col tempo VW integrerà in un'unica piattaforma aperta le informazioni provenienti da fornitori, partner logistici e commerciali. Con la costruzione di una piattaforma simile su Azure, il cloud di Microsoft, Bmw si pone lo stesso obiettivo: accelerare lo sviluppo di fabbriche intelligenti. Creando comunità interindustriali le due case tedesche mirano così a migliorare l'efficienza non solo delle proprie fabbriche, ma dell'intera filiera produttiva. E, stante lo stretto legame esistente con l'industria dell'auto tedesca, questo impulso non potrà che trasferirsi sulla componentistica italiana.

red/cce

 

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April 08, 2019 03:11 ET (07:11 GMT)

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