Il crollo del ponte Morandi ha comportato «la mancata restituzione di un bene la cui custodia la concessione aveva affidato ad Autostrade per l'Italia, che era tenuta a restituirlo integro. Ciò configura un grave inadempimento che consente la revoca unilaterale della concessione». È questa la sintesi della relazione della commissione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti istituita dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli il 29 marzo scorso.

La revoca unilaterale della concessione ad Autostrade è legittima e non comporta il pagamento del risarcimento previsto dalle clausole che sanzionano la chiusura anticipata del contratto, che sarebbero nulle a causa del "grave inadempimento" del concessionario. Tuttavia, si legge nella relazione, non è escluso che la società possa far valere in giudizio queste clausole, e ottenere invece il risarcimento stabilito. La revoca della concessione inoltre potrebbe non limitarsi alla sola Liguria, ma estendersi all'intera rete autostradale perché il crollo del ponte Morandi di Genova, avvenuto nell'agosto dell'anno scorso, lascia presupporre "gravi lacune del sistema di manutenzione che si possono ritenere sussistenti su tutta la rete autostradale".

Le conclusioni della relazione, anticipate ieri sera dalle agenzie di stampa erano nell'aria da giorni, e in qualche modo erano state anticipate dall'attacco del vicepremier Luigi Di Maio di giovedì scorso: "Atlantia è decotta, non può essere coinvolta", aveva affermato il leader del M5S, riferendosi alla possibilità di coinvolgere la holding della famiglia Benetton che controlla Autostrade nella cordata di imprenditori che dovrebbe far ripartire Alitalia, possibilità che invece è ben vista dalla Lega. Una dichiarazione che aveva sollevato fortissime polemiche, e che aveva avuto serie ripercussioni in Borsa. Lo stesso Di Maio proprio ieri a maggior ragione ha insistito sulla correttezza di una revoca uniterale tempestiva della concessione: "Noi ci stiamo muovendo nel rispetto del contratto di concessione e nel solco dei contratti in essere. Andiamo avanti, come un treno", ha scritto su Facebook.

Eppure, anche a fronte di conclusioni che sembrano inequivocabili, la revoca non va considerata scontata: fonti vicine al M5S, scrive Repubblica, assicurano che Di Maio e Toninelli non si muoveranno così rapidamente, e che per il momento potrebbero limitarsi a utilizzare la relazione per indirizzare le decisioni rispetto ad altri dossier aperti. Soprattutto c'è l'ostacolo della Lega, che non ha preso una posizione ufficiale, ma è evidente che non condivide le stesse istanze di urgenza, e lo stesso "dovere morale". A pronunciarsi con chiarezza sul tema nella parte leghista del governo finora solo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, che ha invitato i colleghi a non prendere in considerazioni decisioni prima di una sentenza definitiva. D'altra parte neanche il concessionario accetterebbe una revoca unilaterale senza difendersi.

Fonti vicine al dossier spiegano che è giuridicamente scorretto dare per scontato che il crollo del Ponte Morandi sia conseguenza della cattiva manutenzione. Non c'è nessun automatismo causa/effetto: il processo è ancora alle prime battute, non c'è stato neanche l'incidente probatorio. Altra assunzione contestata è quella secondo la quale il concessionario è stato un cattivo custode del bene, e non sia in grado di restituirlo: il Ponte verrà ricostruito, e già molto prima della scadenza stabilita della concessione sarà funzionante. Osservazioni che potrebbero essere considerate ragionevoli in un tribunale, facendo scattare le clausole risarcitorie per il ritiro anticipato della concessione: la commissione non quantifica la cifra, nei giorni passati lo hanno fatto Mediobanca e altri analisti, parlando di 22-25 miliardi di euro.

red/alu

 

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July 01, 2019 02:23 ET (06:23 GMT)

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