Con il Btp a 10 anni che rende l'1,6%, mentre quelli più brevi sono scivolati addirittura in negativo, i due vicepremier che litigano e la Bce che fa concorrenza alla Fed nel tagliare i tassi, la voglia di investire cala. Soprattutto negli italiani, da sempre portati ad esempio nel mondo come popolo di risparmiatori e di amanti dei titoli di Stato. Se aggiungiamo anche la promessa del nuovo presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, di tenere sott'occhio i conti di Roma, si può capire perché sempre più liquidità viene tenuta in conto corrente.

La fotografia scattata da Intesa Sanpaolo e dal Centro Einaudi nella nona edizione dell'Indagine sul Risparmio racconta che la casa resta al primo posto, a partire da quella di residenza, mentre al secondo non emerge il desiderio di un rendimento di lungo periodo (oltre i cinque anni), ma il bisogno di liquidità (37,9%). E non a caso Bankitalia, nel bollettino relativo a maggio, segnala che i depositi del settore privato sono saliti del 3,5% su base annua, mentre la raccolta obbligazionaria è diminuita del 6,9%. E i depositi bancari in conto corrente solo lievitati intanto, mese su mese, a 1.130,657 miliardi dai 1.124,246 miliardi precedenti.

In realtà - scrive Milano Finanza - gli italiani non sono gli unici a cautelarsi dai mercati nervosi. Basti pensare che Temasek, la gigantesca società di investimenti controllata dal Ministero delle Finanze di Singapore, una tripla A per Standard & Poor's, ha alzato molto la liquidità nel corso dell'ultimo anno. Infatti ha investito per 24 miliardi di dollari locali ma disinvestito per 28 miliardi a causa della guerra dei dazi fra Usa e Cina.

Secondo il World Wealth Report 2019 di Capgemini, nel 2018, dopo sette anni di continua crescita, la ricchezza globale complessiva degli High Net Worth Individual è diminuita del 3%. Si tratta di quelle persone che hanno investito 1 milione di dollari o più in asset, escludendo la residenza principale, beni da collezione, di consumo e durevoli. Fra la popolazione ricca del mondo, la liquidità, alla fine del 2018, ha superato le azioni come tipologia di investimento più diffusa, mentre nel primo trimestre il contante è diventata l'asset class più diffusa, rappresentando il 28% del patrimonio finanziario degli Ultra High Net Worth Individuals. Le azioni sono scese nel contempo al secondo posto, a quasi il 26% (in calo del 5% rispetto al 2017).

Nella notte fra giovedì 18 e venerdì 19 luglio pareva fossero arrivate dagli Stati Uniti due notizie che tutti i mercati stanno cercando da tempo per poter incassare qualche lauto guadagno dopo un 2018 di magra: il presidente della Fed di New York, John Williams, ha detto che la banca centrale deve agire rapidamente per annullare i segnali di debolezza economica. E i mercati hanno interpretato queste parole come un segnale di un doppio taglio a fine luglio, ovvero 0,5% e non 0,25% come si attendono da giorni gli investitori. Intanto Washington ha fatto sapere che è tornata a parlare con Pechino sulla questione dei dazi. Due ottime ragioni per far balzare il Nikkei a Tokyo del 2%. Ma venerdì Piazza Affari non ha brindato, anzi, a fine pomeriggio perdeva il 2%, unica borsa europea in profondo rosso a causa degli scossoni politici in atto a Roma.

Però in quelle ore Mike Wilson, chief investment officer di Morgan Stanley, stava raccontando a Marketwatch (gruppo Wall Street Journal) che "anche se non stiamo per toccare il fondo come l'anno scorso, mi aspetto una correzione del 10% nei prossimi tre mesi", e l'indice S&P tornerà alla fine dell'anno a quota 2.750 da circa 3 mila attuali.

red/cce

 

(END) Dow Jones Newswires

July 22, 2019 02:29 ET (06:29 GMT)

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