Ricavi infragruppo tramutati in fatturato tout court, contro i dettami normativi. Contabilità irregolare. Uno stato patrimoniale precario. Accordi e joint-venture mai concretizzate. Veicoli societari creati per sviluppare brevetti e licenze con partner (dal gruppo Maccaferri a Banca Finnat, dalla Felofin di mr Kartell a Maire Tecnimont a GimaTT) che non hanno mai prodotto alcunché.

Uno stabilimento, scrive MF, dalle potenzialità inaudite secondo gli azionisti (100 milioni di tonnellate all'anno di microplastica), che arrivava a malapena a 5. Un contratto con Ikea da 55 milioni che, a differenza di quanto dichiarato dalla società, non è mai stato messo sul tavolo, visto che le trattative sono state sospese in un amen. Questo e altro ancora è stato scoperto dai pm bolognesi coordinati dal procuratore capo Giuseppe Amato e dalle Fiamme Gialle del colonnello Luca Torzani (dossier di oltre 180 milioni) nell'inchiesta su Bio-on (il cui titolo ieri è stato sospeso in borsa per l'intera seduta), avviata per false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato con perquisizioni in Emilia-Romagna, Lombardia e Lazio. Una vera Plastic Bubbles, come indicato nell'ordinanza firmata dal giudice Alberto Ziroldi. Il pronunciamento ha portato a mettere sotto indagine nove persone e a emettere misure cautelari per i soci fondatori Marco Astorri e Guido Cicognani e per il presidente del collegio sindacale, Gianfranco Capodaglio. Oltre a portare al sequestro di 150 milioni tra azioni in possesso dei due imprenditori (115 milioni) e beni personali (36 milioni) degli indagati.

E' durato 12 anni il volo della società bolognese specializzata nella produzione di bioplastiche totalmente biodegradabili che proprio oggi avrebbe festeggiato i cinque anni di presenza sul listino milanese e che era arrivata, grazie a una prolungata bolla speculativa, a valere qualcosa come 1,4 miliardi -unico Unicorn italiano dopo il fenomeno Yoox- nel luglio di un anno fa, dopo aver messo a segno balzi prodigiosi a Piazza Affari, al puntò che tocco il suo massimo storico intraday di 67,7 euro, rispetto ai 5,82 euro del debutto. Una parabola inspiegabile per una società che il 30 giugno aveva dichiarato ricavi per 917 mila euro e un ebitda negativo di 4,9 milioni, con una pfn negativa schizzata a 41 milioni, quando invece a fine 2018 fatturava oltre 50 milioni con quasi 12 milioni di utile netto e un indebitamento di 22,5 milioni (il dato era positivo per 24 milioni a inizio 2018). Mentre per l'intero 2019 Astorri aveva preannunciato ricavi vicini ai 100 milioni con il passaggio dall'Aim allo Star, salvo poi ritrattare nei giorni scorsi e porre l'asticella del giro d'affari a una più modesta soglia dei 20 milioni. A far emergere le incongruenze dei bilanci, sempre però approvati dai revisori (prima Pwc e poi E&Y), è stato il fondo Quintessential Capital Management che aveva pubblicato un report assai duro ("Una Parmalat a Bologna?") facendo tracollare le azioni della società e portando all'avvio degli accertamenti della Consob, propedeutici di fatto alle indagini della Procura di Bologna. "Abbiamo sbagliato a scriverlo, va bene, mi prendo il mio pezzo di responsabilità, ma non è solo colpa nostra. È colpa del sistema che ci ha indotto a fare queste comunicazioni", dichiarva Astorri al revisore di E&Y Alberto Rosa che manifestava riserve sull'atteggiamento dell'imprenditore, durante una conversazione telefonica intercettata dagli investigatori. Anche se va detto che i revisori non hanno sollevato dubbi sulla regolarità dei documenti contabili della società bolognese. Così come ieri ha preso in qualche modo le distanze Banca Finnat , che è global coordinator e specialist di Bio-on . "Auspicando che sulla vicenda sia fatta nel più breve tempo possibile chiarezza da parte degli enti competenti, esprimiamo la massima collaborazione con la magistratura e le autorità di mercato e valutiamo la situazione complessiva per accertare se sussistano i presupposti per iniziative a tutela dei propri interessi", hanno fatto sapere dall'istituto dei Nattino. Ma non va trascurato che la romana Finnat , oltre a report di mercato finiti nel mirino dei pm per il loro contenuto, è anche socio di minoranza delle scatole vuote Liphe e Aldia, mai capitalizzate (14 e 16 milioni solo sulla carta), che dovevano sviluppare bioplastica per Unilever : affare mai definito.

A questo punto il commissario giudiziale, titolare di fatto delle azioni oggetto del sequestro, non potrà che convocare un'assemblea, individuare dei gestori temporanei dell'azienda - la cui operatività non è stata preclusa - e valutare la situazione patrimoniale ed economica di Bio-on . Un contesto che potrebbe portare alla richiesta di una procedura come il concordato preventivo o, se non vi fossero più le condizioni gestionali ordinarie, avviare la messa in liquidazione. Scenario quest'ultimo che potrebbe far allargare l'inchiesta a reati ben più gravi. Ipotesi che si evince nella 40 pagine dell'ordinanza, quando viene scritto dal gip che "gli elementi qui rappresentati dimostrano dunque una persistenza nell'illecito, anche di fronte all'evidenza contraria, dettato dal disperato tentativo di salvare la società da un crollo che, anche al netto dell'attacco di Quintessential, appare profilarsi come evento ineludibile".

red/sda

 

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October 24, 2019 02:02 ET (06:02 GMT)

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