"Poste I. è costretta a sovvenzionare le perdite derivanti dagli obblighi di Servizio Universale con i profitti maturati sugli altri mercati in cui opera (a danno dei propri azionisti, ivi incluso lo Stato)".

E' quanto si legge nella relazione di presentazione che l'a.d. del Gruppo, Matteo Del Fante, ha svolto nel corso delle audizioni presso le commissioni Trasporti e telecomunicazioni di Camera e Senato nell'ambito dell'esame dello schema di Contratto di programma 2020-2024 tra il Ministero dello Sviluppo economico e la società.

Il Contratto di programma tra Poste I. e Mise, viene sottolineato, prevede la possibilità di integrare gli stanziamenti statali per l'onere del Servizio Universale con un fondo di compensazione alimentato dagli operatori del settore (sino ad un massimo di 89 mln all'anno), ma tale strumento non è stato mai di fatto attuato.

Col nuovo Contratto di programma 2020-2024 viene confermato tale strumento, ma la sua effettiva attivazione resta demandata ad Agcom (previa autorizzazione della Commissione Europea), si legge ancora nel documento che fornisce anche il gap tra l'onere quantificato da Agcom, il finanziamento riconosciuto dallo Stato e l'effettivo costo sostenuto da Poste per garantire il Servizio universale.

Nel 2016, per esempio, Poste I. ha sostenuto costi per 601 mln, rispetto ai 262 mln riconosciuti dallo Stato e ai 356 mln quantificati da Agcom; nel 2017 sono risultati in leggero calo a 586 mln. Dal 2015, anno dello sbarco in Borsa, al 2017 il Servizio Universale è costato a Poste 1,838 mld, di cui 985 mln totalmente sostenuti dal Gruppo.

gug

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October 30, 2019 10:44 ET (14:44 GMT)

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