Il 5 novembre Azimut pubblicherà i conti del terzo trimestre. E nella mente del suo fondatore e presidente, Pietro Giuliani, chiudere il 2019 con 300 milioni di utile «è il minimo». Anche se qualche analista non è molto convinto che il gruppo milanese del risparmio gestito possa centrare l'obiettivo. L'idea di fondo cui sta lavorando il team di manager del gruppo è di arrivare a dicembre con un risultato sensibilmente più alto. Intanto il titolo continua a correre, oggi vale 2,7 miliardi a Piazza Affari, con l'azione che ha quasi raddoppiato il valore da inizio anno a 18,5 euro e a questo prezzo il dividend yield è dell'8%. Il picco di quasi 30 euro segnato nel 2015 è ancora lontano, ma all'epoca il costo del denaro nell'Eurozona era ancora poco sopra lo zero, mentre dallo scorso settembre è sceso al -0,6%, come ricorda a MF-Milano Finanza Pietro Giuliani

Domanda. Convivere con i tassi sempre più negativi è difficile, il Btp a 10 anni paga oggi solo l'1% lordo. Il denaro è sempre più carta priva di valore?

Risposta. Se il Btp a tre anni è andato sottozero e devo pagare per tenerlo, se il Bund a 10 anni restituisce il -0,3% e 18 mila miliardi di dollari di obbligazioni nel mondo hanno rendimento negativo, posso dedurre che le banche centrali, con le loro politiche ultra-espansive, stiano creando un ambiente favorevole alla creazione di una bolla del credito. Nel contempo, però, io devo riuscire a gestire il portafoglio dei clienti, dal retail agli istituzionali, quindi anche i fondi pensione, restituendo almeno l'1-2% a basso rischio.

D. Non è semplice, pochi sono disposti ad assumersi il rischio dell'investimento. A meno che non si acquistino bond subordinati, dei Paesi emergenti o azioni.

R. Noi abbiamo in realtà un'altra idea per alzare i rendimenti, che non prevede l'investimento in attività finanziarie, ma in quello che oggi si chiama economia reale, ovvero le aziende non quotate, vero motore della crescita italiana. Negli ultimi 10 anni l'investimento in attività che sono chiamate alternative, come il private equity, il venture capital o il private debt, ha avuto rendimenti medi del 12% l'anno.

D. Vuol dire raddoppiare come minimo il capitale in dieci anni. E il rischio?

R. Per abbassare il rischio, l'unica possibilità è allungare la durata dell'investimento. Il ragionamento è semplice: la realtà è che già oggi il 15% del denaro che gli italiani tengono in conto corrente è di fatto illiquido, perché staziona lì fermo, senza essere utilizzato e senza produrre nessun rendimento. La soluzione per guadagnare in un contesto di tassi negativi senza alzare il rischio è investire questa quota in attività alternative: Azimut ha appena lanciato una piattaforma di asset alternativi che, attraverso la nostra sgr, Azimut Libera Impresa, investe in piccole e medie imprese principalmente italiane non quotate. Abbiamo appena lanciato il primo prodotto al mondo in cui anche i risparmiatori privati hanno accesso a questa asset class con una soglia di investimento di soli 5 mila euro. Abbiamo costituto otto fondi per investire in private equity, venture capital private debt e presto anche nell'immobiliare. Alcuni di questi fondi saranno Eltif compliant, quindi in linea con la normativa sugli Eltif, che prevede una defiscalizzazione degli investimenti.

D. L'Associazione Italiana Private Banking ha parlato di bolla della liquidità, con il 33% dei risparmi, 1.390 miliardi, spostato in conto corrente. Ma questo capita anche perché gli italiani temono di perdere soldi investendoli. Come pensate di convincerli a investire?

R. La nostra società coinveste nei progetti sulle pmi, lo fanno i manager che gestiscono i fondi, mi pare un segnale di serietà. È lo stesso principio che avviene nel private equity. Io stesso ho investito tutto il mio patrimonio fra Azimut da un lato e i nostri prodotti dall'altro. Non ho un euro fuori da questi due obiettivi.

D. Pensare di raccogliere 10 miliardi entro cinque anni con Azimut Libera Impresa è comunque un obiettivo importante per chi ha 57 miliardi di patrimonio in gestione. A dicembre termina il piano 2015- 2019. State lavorando al prossimo?

R. Pensiamo di presentarlo entro l'estate dell'anno prossimo. Per ora abbiamo sempre battuto gli obiettivi sia per raccolta che per utile.

D. Se mantenete il ritmo di crescita dal 2005 ad oggi, si può pensare che nel 2024 arriverete a 100 miliardi di masse e a 500 milioni di utile.

R. In realtà le masse mi interessano relativamente. Sono i margini a pesare di più.

D. Il settore è in fermento: siete stati considerati prede un anno fa, ma avete fatto capire che blindare la società con il 24% fra consulenti e il partner Peninsula Capital è un bel baluardo. Avete cassa per mezzo miliardo, potete essere voi ad acquisire. A maggio Anima ha toccato 2,6 euro, un anno fa era a 6,4. Un'occasione?

R. Un peccato vedere Anima a quei prezzi, non se li merita, infatti oggi il titolo è risalito a 3,9 euro. La società è ben gestita, ha però masse concentrate soprattutto in Italia, mentre il nostro obiettivo è di diversificare il rischio Paese, abbiamo il 30% degli asset in gestione all'estero e pensiamo di arrivare al 35% alla fine del prossimo piano.

D. Intanto FinecoBank è tornata libera dopo che Unicredit ha ceduto l'ultima quota. Un gioiellino.

R. Forse ben prezzato direi. Il titolo viaggia a 23 volte il rapporto prezzo/utili 2020 contro le 12 volte in media del settore italiano e ha una capitalizzazione di mercato di oltre 6 miliardi di euro.

red

 

(END) Dow Jones Newswires

November 04, 2019 02:20 ET (07:20 GMT)

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