Azimut H.: Giuliani, il fondo rende il 10% (Mi.Fi.)
04 Novembre 2019 - 8:35AM
MF Dow Jones (Italiano)
Il 5 novembre Azimut pubblicherà i conti del terzo trimestre. E
nella mente del suo fondatore e presidente, Pietro Giuliani,
chiudere il 2019 con 300 milioni di utile «è il minimo». Anche se
qualche analista non è molto convinto che il gruppo milanese del
risparmio gestito possa centrare l'obiettivo. L'idea di fondo cui
sta lavorando il team di manager del gruppo è di arrivare a
dicembre con un risultato sensibilmente più alto. Intanto il titolo
continua a correre, oggi vale 2,7 miliardi a Piazza Affari, con
l'azione che ha quasi raddoppiato il valore da inizio anno a 18,5
euro e a questo prezzo il dividend yield è dell'8%. Il picco di
quasi 30 euro segnato nel 2015 è ancora lontano, ma all'epoca il
costo del denaro nell'Eurozona era ancora poco sopra lo zero,
mentre dallo scorso settembre è sceso al -0,6%, come ricorda a
MF-Milano Finanza Pietro Giuliani
Domanda. Convivere con i tassi sempre più negativi è difficile,
il Btp a 10 anni paga oggi solo l'1% lordo. Il denaro è sempre più
carta priva di valore?
Risposta. Se il Btp a tre anni è andato sottozero e devo pagare
per tenerlo, se il Bund a 10 anni restituisce il -0,3% e 18 mila
miliardi di dollari di obbligazioni nel mondo hanno rendimento
negativo, posso dedurre che le banche centrali, con le loro
politiche ultra-espansive, stiano creando un ambiente favorevole
alla creazione di una bolla del credito. Nel contempo, però, io
devo riuscire a gestire il portafoglio dei clienti, dal retail agli
istituzionali, quindi anche i fondi pensione, restituendo almeno
l'1-2% a basso rischio.
D. Non è semplice, pochi sono disposti ad assumersi il rischio
dell'investimento. A meno che non si acquistino bond subordinati,
dei Paesi emergenti o azioni.
R. Noi abbiamo in realtà un'altra idea per alzare i rendimenti,
che non prevede l'investimento in attività finanziarie, ma in
quello che oggi si chiama economia reale, ovvero le aziende non
quotate, vero motore della crescita italiana. Negli ultimi 10 anni
l'investimento in attività che sono chiamate alternative, come il
private equity, il venture capital o il private debt, ha avuto
rendimenti medi del 12% l'anno.
D. Vuol dire raddoppiare come minimo il capitale in dieci anni.
E il rischio?
R. Per abbassare il rischio, l'unica possibilità è allungare la
durata dell'investimento. Il ragionamento è semplice: la realtà è
che già oggi il 15% del denaro che gli italiani tengono in conto
corrente è di fatto illiquido, perché staziona lì fermo, senza
essere utilizzato e senza produrre nessun rendimento. La soluzione
per guadagnare in un contesto di tassi negativi senza alzare il
rischio è investire questa quota in attività alternative: Azimut ha
appena lanciato una piattaforma di asset alternativi che,
attraverso la nostra sgr, Azimut Libera Impresa, investe in piccole
e medie imprese principalmente italiane non quotate. Abbiamo appena
lanciato il primo prodotto al mondo in cui anche i risparmiatori
privati hanno accesso a questa asset class con una soglia di
investimento di soli 5 mila euro. Abbiamo costituto otto fondi per
investire in private equity, venture capital private debt e presto
anche nell'immobiliare. Alcuni di questi fondi saranno Eltif
compliant, quindi in linea con la normativa sugli Eltif, che
prevede una defiscalizzazione degli investimenti.
D. L'Associazione Italiana Private Banking ha parlato di bolla
della liquidità, con il 33% dei risparmi, 1.390 miliardi, spostato
in conto corrente. Ma questo capita anche perché gli italiani
temono di perdere soldi investendoli. Come pensate di convincerli a
investire?
R. La nostra società coinveste nei progetti sulle pmi, lo fanno
i manager che gestiscono i fondi, mi pare un segnale di serietà. È
lo stesso principio che avviene nel private equity. Io stesso ho
investito tutto il mio patrimonio fra Azimut da un lato e i nostri
prodotti dall'altro. Non ho un euro fuori da questi due
obiettivi.
D. Pensare di raccogliere 10 miliardi entro cinque anni con
Azimut Libera Impresa è comunque un obiettivo importante per chi ha
57 miliardi di patrimonio in gestione. A dicembre termina il piano
2015- 2019. State lavorando al prossimo?
R. Pensiamo di presentarlo entro l'estate dell'anno prossimo.
Per ora abbiamo sempre battuto gli obiettivi sia per raccolta che
per utile.
D. Se mantenete il ritmo di crescita dal 2005 ad oggi, si può
pensare che nel 2024 arriverete a 100 miliardi di masse e a 500
milioni di utile.
R. In realtà le masse mi interessano relativamente. Sono i
margini a pesare di più.
D. Il settore è in fermento: siete stati considerati prede un
anno fa, ma avete fatto capire che blindare la società con il 24%
fra consulenti e il partner Peninsula Capital è un bel baluardo.
Avete cassa per mezzo miliardo, potete essere voi ad acquisire. A
maggio Anima ha toccato 2,6 euro, un anno fa era a 6,4.
Un'occasione?
R. Un peccato vedere Anima a quei prezzi, non se li merita,
infatti oggi il titolo è risalito a 3,9 euro. La società è ben
gestita, ha però masse concentrate soprattutto in Italia, mentre il
nostro obiettivo è di diversificare il rischio Paese, abbiamo il
30% degli asset in gestione all'estero e pensiamo di arrivare al
35% alla fine del prossimo piano.
D. Intanto FinecoBank è tornata libera dopo che Unicredit ha
ceduto l'ultima quota. Un gioiellino.
R. Forse ben prezzato direi. Il titolo viaggia a 23 volte il
rapporto prezzo/utili 2020 contro le 12 volte in media del settore
italiano e ha una capitalizzazione di mercato di oltre 6 miliardi
di euro.
red
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November 04, 2019 02:20 ET (07:20 GMT)
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