L'Italia vive un paradosso: la borsa brilla ma la grande industria è molto in difficoltà. Piazza Affari macina rialzi, è contesa con la City da americani e cinesi, Mediobanca , Generali , Unicredit e Intesa la trainano con le operazioni di mercato in corso. I casi Alitalia e Ilva sono invece simboli di una nostalgia dello Stato padrone, che difficilmente potrà tornare ma che intanto mette a repentaglio migliaia di posti di lavoro e la stessa ripresa economica. In un paese che oscilla tra baratro e speranze, miseria e nobiltà, tanto debito e tanto risparmio, si aggiunge poi anche un altro aspetto particolare: i vecchi fanno a spallate per primeggiare e tenere lontani i giovani dai riflettori. Carlo De Benedetti, Leonardo Del Vecchio sono alcuni dei protagonisti di questa rivincita della terza età.

Silvio Berlusconi, patron di Mediaset e Fininvest, presidente di Forza Italia, più volte presidente del consiglio, parlamentare europeo, un valore di quasi 4 miliardi di euro in borsa tra le varie partecipate e controllate, rappresenta questo mondo che non vuole mollare. È quindi la persona indicata per parlarne. E in questa intervista a MF-Milano Finanza risponde anche di tante altre cose. Di editoria, di televisione, di Fca , del governo, dell'Ilva e persino del Milan, grande amore ma del passato. Ora, afferma, «il mio sogno è portare il Monza in serie A». E, neanche a dirlo, tornare col centrodestra assieme a Matteo Salvini a Palazzo Chigi, mantenendo l'impresa di famiglia saldamente in mani italiane.

Domanda. Presidente Berlusconi, Carlo De Benedetti ha deciso di riprendersi Repubblica, per una volta è d'accordo con il suo antagonista storico?

Risposta. Non tocca certo a me valutare le scelte aziendali dell'ingegner De Benedetti. Mi limito a osservare che egli ha dato vita ai giornali del suo gruppo con un disegno editoriale e politico preciso. È comprensibile che oggi non voglia vedersi privato di questo strumento. In ogni caso, si tratta di un affare privato della famiglia De Benedetti, nel quale non voglio entrare: la linea politica di Repubblica rimane strumentale alla sinistra indipendentemente dagli assetti proprietari. Repubblica è un giornale-partito che del resto soffre della perdita di ruolo e di copie che riguarda tutta la carta stampata.

D. Davvero i giovani stanno deludendo rispetto alla generazione dei Berlusconi, degli Agnelli, dei Pirelli e dei De Benedetti, solo per citarne alcuni?

R. Quelli che oggi sono giovani, un giorno avranno l'età delle figure che lei ha citato. Solo allora si potrà giudicare obiettivamente il loro percorso di vita. Al di là dei giudizi sui singoli, però, devo dire che l'Italia e forse l'intero Occidente, hanno un problema di classe dirigente, non solo in politica ma anche nelle imprese. Nuovi punti di riferimento del mondo dell'impresa o della finanza, come lo è stato per esempio l'avvocato Agnelli, oggi non ne vedo all'orizzonte. Forse ci sono e aspettano il momento giusto per palesarsi.

D. Che giudizio dà invece del governo Conte, anch'esso composto in parte da persone alla prima esperienza?

R. Ne do lo stesso giudizio che ne hanno dato pochi giorni fa gli elettori dell'Umbria, i primi italiani ai quali è stato permesso di esprimersi con il voto. È un governo che mette insieme la sinistra da salotto e quella da piazza, l'una attenta solo al potere, l'altra sguaiata, inconcludente, dominata dall'invidia sociale. Senza avere il consenso degli italiani hanno creato - solo per evitare le elezioni - un governo basato su tasse e manette. Il contrario di quello di cui ha bisogno l'Italia per ripartire.

Il tema non è solo l'esperienza: Conte stesso non aveva esperienza, ma ha saputo costruirsi, nonostante i risultati negativi del suo governo, una immagine non negativa. E con questa immagine copre quella del governo più a sinistra della storia della repubblica, quindi il più pericoloso di tutti. Oggi come non mai è necessario continuare la nostra lotta contro l'oppressione fiscale, l'oppressione burocratica, l'oppressione giudiziaria, che condizionano negativamente la vita degli italiani. Forza Italia è impegnata nella raccolta di firme su un tema che consideriamo fondamentale: introdurre in Costituzione un limite alla pressione fiscale. Un'iniziativa che sta raccogliendo grandi consensi, non solo fra i nostri elettori.

D. Lei da poco è parlamentare europeo, davvero è possibile riformarla l'Unione, oppure il silenzio sulla Turchia dimostra che sarà molto difficile dare all'Ue un'anima politica?

R. Non so quanto sia difficile dare un'anima politica all'Europa, ma sono certo che è indispensabile. La gestione del rapporto con la Turchia è la testimonianza e la prova dell'inadeguatezza delle classi dirigenti europee. Il risultato è che oggi abbiamo ai confini d'Europa, al centro di una delle aree più delicate del pianeta e al contempo nel cuore dell'Alleanza Atlantica, una grande potenza politica e militare come la Turchia, che stringe legami sempre più inquietanti con l'integralismo islamico.

Con la Turchia abbiamo sbagliato in passato in una direzione e sbagliamo oggi nella direzione opposta perché non abbiamo una politica estera e di difesa comune, una comune visione del mondo basata su chiari valori di riferimento. Manca proprio quello che ho chiamato qualche volta «sovranismo europeo», cioè la capacità degli stati membri dell'Unione di capire che i nostri legittimi interessi sono indifendibili se non siamo uniti: la sfida del terrorismo islamico o quella egemonica ancora più insidiosa della Cina hanno dimensioni tali che solo l'Europa tutta insieme, unita, può rispondere da protagonista e non da vittima. Tento di spiegare tutto questo in sede europea, cominciando dai colleghi leader dei partiti che nei singoli Stati rappresentano il Partito Popolare Europeo. Spero di essere ascoltato, al di là del rispetto e della amicizia con cui vengo accolto, perché ne va del futuro di tutti. A loro ricordo il progetto dei padri fondatori dell'Europa che volevano un'unica politica estera e un'unica politica di difesa.

Oggi, l'Europa non conta nulla nel mondo. Per tornare a contare deve riunire tutte le forze armate dei suoi Stati, deve tornare ad essere una potenza politica e militare a livello mondiale e potersi così assumere il ruolo di riunificatrice dell'Occidente. Un Occidente unito, quindi forte, potrà affrontare le grandi sfide del XXI secolo, dalla pressione migratoria - facendosi promotore di un grande Piano Marshall per l'Africa - all'integralismo islamico, fino al preoccupante espansionismo politico e finanziario della Cina.

D. Mediaset e il Milan sono quello che è Repubblica per De Benedetti: tornerà un giorno alla guida dei rossoneri anche lei?

R. Il Milan è stata una grande storia d'amore e come diceva D'Annunzio, in questi casi mai tornare indietro: «Riaccendere un amore è come riaccendere una sigaretta. Il tabacco s'invelenisce; l'amore, anche». Ora mi occupo del Monza, che mi sta dando grandi soddisfazioni. Coltiviamo il sogno di portarlo in serie A. Riuscirci sarebbe fantastico.

D. Cosa prevede per borsa e economia nei prossimi 12 mesi?

R. Il problema è che queste profezie tendono ad auto-avverarsi. È per questo che ho sempre detto che un leader politico, come un imprenditore, ha il dovere dell'ottimismo. Se noi per primi diciamo che il futuro è nero, cosa penseranno i lavoratori e i risparmiatori? Però non si possono neppure prendere in giro gli italiani. Se il Paese regge è per il valore delle sue imprese e di chi ci lavora. Lo Stato fa di tutto per rendere questo più difficile, con il fisco, con la burocrazia, con la giustizia politicizzata, con l'assenza di infrastrutture. Chi fa impresa in Italia deve confrontarsi con il resto del mondo avanzato, avendo sulle spalle questo handicap: un sistema paese che non funziona e un governo inadeguato. Un governo che non fa nulla per lo sviluppo e per il lavoro. No, è molto difficile oggi essere ottimisti, ma io non perdo la speranza: prima o poi si andrà a votare e dalle urne uscirà un cambiamento, storico, profondo e totale.

Tornerà al governo il centro-destra, che rappresenta la vera maggioranza degli italiani e in quel centro-destra noi di Forza Italia avremo un ruolo decisivo, perché siamo i continuatori, gli eredi, i garanti della tradizione liberale, della tradizione democratica, cristiana e garantista della civiltà occidentale e dei suoi principi. Con i nostri valori e i nostri programmi daremo vita a un centro-destra vincente, capace di governare e di far ripartire l'Italia. Siamo e saremo una coalizione unita e plurale, credibile come forza di governo e nei confronti dell'Europa.

D. Fiat diventerà probabilmente mezza francese, Mediaset resterà sempre italiana?

R. Sì, certamente. Mediaset è un patrimonio del Paese, non solo dei suoi azionisti, un'eccellenza italiana apprezzata nel mondo e capace di internazionalizzarsi. Naturalmente siamo per il libero mercato, che per definizione va oltre i confini degli Stati, valutiamo positivamente i processi di aggregazione sovranazionale come quello fra Fca e Psa, che ha realizzato il quarto gruppo mondiale nel settore automobilistico. Auguro a Fiat Chrysler il migliore successo. Sono preoccupato invece quando gli stranieri scappano dall'Italia, come sta accadendo per la drammatica vicenda dell'Ilva di Taranto, per colpa dell'irresponsabilità di un governo inadeguato.

Non soltanto si rischia di mettere in ginocchio una città e di gettare sul lastrico migliaia di famiglie, ma un grande paese manifatturiero come il nostro potrebbe rimanere escluso da un settore strategico come l'acciaio. Questo avrebbe gravissime conseguenze non solo a Taranto e non solo in Puglia. Quanto al gruppo che ho fondato, è in ottime mani, non ha ragioni né finanziarie né industriali di cambiare e ha resistito a un tentativo scorretto di scalata da parte di un investitore straniero. Andremo avanti su questa strada.

red

 

(END) Dow Jones Newswires

November 11, 2019 02:14 ET (07:14 GMT)

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