«Mai il sindacato così unito come ora». Nel giorno in
cui ripartono le trattative in Abi per il rinnovo del contratto
nazionale
di lavoro dei bancari, il segretario generale della Fabi, Lando
Maria
Sileoni, avvisa i rappresentanti delle banche. «Non c'è fretta
per
chiudere, pronti a scioperare e a bloccare le relazioni
industriali nei
gruppi. Le organizzazioni sindacali sono compatte».
Domanda. Oggi entrate nella fase conclusiva della vertenza per
il
rinnovo del contratto dei bancari?
Risposta. Non c'è fretta, non ce l'ha prescritto il medico di
chiudere
prima di Natale. Dobbiamo fare tutto per bene, soprattutto nella
scrittura
dei nuovi articoli del contratto nazionale. Quella è una fase
delicata che
richiede tempo, pazienza e capacità professionale. In Abi sono
specialisti
anche nel cercare di recuperare in forma scritta quello che
lasciano
verbalmente e politicamente sul campo. Hanno scelto di metterci
pressione
sul tempo, ma non ci riusciranno.
D. A che punto siete sui singoli argomenti? Quali distanze
vanno
colmate?
R. Siamo lontanissimi per la parte economica: vogliamo
avvicinarci il
più possibile ai 200 euro richiesti e i 135 euro offerti
dall'Abi sono
inaccettabili. Siamo lontani sul tema diritti e tutele. Siamo
distanti
rispetto alla nostra richiesta di ripristinare l'articolo 18 nel
settore.
Siamo, invece, vicini rispetto alla nostra necessità di
eliminare il
livello retributivo di inserimento professionale per i giovani.
Puntiamo a
rafforzare l'area contrattuale sul tema delle esternalizzazioni.
Puntiamo
a un nuovo contratto che tuteli anche la clientela, inserendo
l'accordo
già sottoscritto in Abi sulla sostenibilità delle politiche
commerciali
del febbraio 2017.
D. Abi punta sulla riforma degli inquadramenti, dagli attuali 13
livelli
vuole passare a 6. Siete d'accordo?
R. Così com'è stata proposta non la prendiamo neanche in
considerazione,
poiché una riforma degli inquadramenti per essere economicamente
e
socialmente sostenibile ha bisogno di almeno un anno di lavoro.
E comunque
non accetteremo mai che, solo per interessi economici, si cerchi
di
recuperare con questa riforma quello che sarà il costo
complessivo del
contratto. Il tempo delle compensazioni mascherate è concluso
perché le
banche sono tornate agli utili, distribuiscono importanti
dividendi agli
azionisti e perché l'emergenza economica del settore è
terminata.
D. Gli altri temi sul tavolo sono di serie B?
R. No, tutt'altro. Infatti, un eventuale rinnovo andrà valutato
e pesato
nel suo insieme.
D. Riuscirete a chiudere prima di Natale?
R. Sì, ma solo se ci saranno le condizioni. La nostra categoria
deve
sapere che possiamo rompere da un momento all'altro. Lo stato
d'allerta è
massimo e ci stiamo comunque organizzando sia per eventuali
manifestazioni
di piazza - come quelle del 2015 - sia con la mobilitazione
della
categoria attraverso scioperi. Sappiamo però che le banche
temono molto il
blocco delle relazioni sindacali nei gruppi che puntualmente si
realizzerà
nel momento in cui le nostre richieste saranno disattese.
D. C'è chi sostiene che con il web, il digitale e il nuovo
contratto
tramonterà l'ultimo bancario e in più qualcuno aggiunge che lo
sportello è
vuoto.
R. Prendo atto che è iniziata la campagna elettorale a favore
del gruppo
Unicredit che presenterà il piano industriale il prossimo 3
dicembre. Me
lo aspettavo, non è stata per me una sorpresa che qualcuno
cerchi di
creare le condizioni per far digerire un piano industriale
lacrime e
sangue. Dovrebbero, oltre al sindacato, anche i rappresentanti
della
politica sia nazionale sia nei territori avere un colpo di reni
e reagire.
Ma non credo che siano nelle condizioni di poterlo fare. Sono
però
convinto che, all'interno della nostra società, esistano ancora
gli
anticorpi per poter reagire a probabili decisioni che priveranno
il
settore bancario italiano di una importante componente economica
e
sociale. Chiudere indiscriminatamente gli sportelli e tagliare i
posti di
lavoro servirà soltanto a chi ha l'obiettivo di delegittimare
l'intero
settore bancario italiano.
D. La Bce e anche il presidente della Commissione di vigilanza,
Andrea
Enria, spingono per nuove aggregazioni.
R. Fanno benissimo gli amministratori delegati dei principali
gruppi a
prendere tempo. Se le fusioni nascono solo per partorire esuberi
e tagli
del costo del lavoro, non ha nemmeno senso prenderle in
considerazione, a
meno che qualcuno in Europa e in Italia abbia già deciso di
smontare il
nostro settore, creando così le condizioni per dipendere da
altre nazioni
e da altri centri di potere. Non credo che sia solo il mercato a
dettare
le regole del gioco, credo che dietro al mercato ci sia la regia
di
interessi molto più specifici.
D. Vi riunirete dal 4 al 6 dicembre a Milano per il vostro
125°
Consiglio nazionale, dove sono previste oltre 1.800
presenze.
L'appuntamento sarà tutto centrato sul rinnovo del
contratto.
R. Guido una grande organizzazione e sento il bisogno,
l'obbligo, la
necessità e il desiderio di far tesoro delle indicazioni del
nostro gruppo
dirigente. È stato sempre così. E, finché sarò io il segretario
generale
della Fabi, sarà sempre così.
D. Ci sono due nuovi segretari generali, Giuliano Calcagni della
Fisac
Cgil e Riccardo Colombani della First Cisl. E altri due, Massimo
Masi
della Uilca ed Emilio Contrasto di Unisin, che hanno esperienza
nei
rinnovi di contratto. Come sono i rapporti tra di voi?
R. Ottimi, non siamo mai stati così uniti e rispettosi gli uni
degli
altri. È un buon segno che dovrà essere concretizzato al più
presto,
soprattutto nel portare a casa una difficile vertenza come
quella attuale.
Non esistono divisioni né incomprensioni. C'è il comune
interesse di
tutelare al meglio una categoria che quotidianamente viene presa
di mira
da molti, per invidia, per gelosie e per ignoranza.
D. Qual è secondo lei il vero valore del contratto?
R. Il valore sociale del contratto tocca tutti i lavoratori, da
quello
dipendente del piccolo istituto di credito a quello del grande
gruppo
bancario, ma tocca anche le banche perché garantisce regole
di
comportamento e di competizione uguale per tutti. Il valore
sociale del
contratto dovrà essere rappresentato anche per quello che è il
bene
primario di ognuno di noi, la clientela degli istituti siano
essi imprese
o famiglie. Dopo quello che è accaduto nei recenti scandali
bancari,
concludere positivamente la vertenza rappresenterebbe, per
l'intero
settore, un ottimo segnale verso la società, un segnale di
sensibilità
sociale e di ritrovata responsabilità delle banche verso il
sistema Paese,
verso i territori e verso la clientela. Un eventuale conflitto
con il
sindacato peggiorerebbe l'immagine delle banche e creerebbe i
presupposti
per una frattura insanabile. E poi le dico la verità: sono
proprio sicure
le banche di poter reggere un eventuale periodo di instabilità
e
conflittualità?
D. Che cosa rappresenta il contratto nazionale per l'intero
settore?
R. Dovrebbe rappresentare una garanzia di tenuta del settore
anche di
fronte ad agguerriti competitor esteri come Google, Apple ,
Facebook e
Amazon . Ma soprattutto dovrebbe essere sempre rispettato e
applicato
senza deroghe e scorciatoie. Il contratto nazionale può arginare
l'acqua
alta, ma, se delegittimato, può fare la fine del Mose di
Venezia.
D. Si è dimenticato di parlare dell'Abi.
R. Il presidente del Casl, Salvatore Poloni, è una persona
seria: sa
bene che un eventuale scontro con le organizzazioni sindacali
non
gioverebbe né alle banche né alla sua attività di presidente
dello stesso
Casl. I rappresentanti delle banche in Abi sono uomini di
tavolo, di
trattative, che conoscono le relazioni sindacali e che si
ritroverebbero
inguaiati, anche personalmente, se la conflittualità si dovesse
estendere
ai loro gruppi.
D. È una minaccia?
R. Sì, è una certezza.
red/fch
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November 26, 2019 02:56 ET (07:56 GMT)
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