Lavoreranno anche sotto Natale gli operai impegnati a costruire il nuovo ponte di Genova. La sfida è immane: cancellare con un'opera firmata da Renzo Piano la tragedia del Morandi. Ma ce la faranno, confida a MF-Milano Finanza Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri.

Domanda. Dottor Bono, quando saranno finiti i lavori del ponte di Genova?

Risposta. Posso dire che i tempi di consegna saranno rispettati e che dimostreremo che il nostro Paese, quando fa sistema, è in grado di realizzare grandi opere superando ogni sfida.

D. Che sfide?

R. I nostri tecnici, ingegneri, operai stanno lavorando giorno e notte, sabati e domeniche e festività comprese, per restituire a Genova e all'Italia un'infrastruttura vitale, nevralgica, complessa, moderna, sicura. Ma la sicurezza è anche la conditio sine qua non per far lavorare i nostri lavoratori, ergo i tempi di consegna non possono essere un mantra cui subordinare tutto, tanto meno la sicurezza e la qualità finale dell'opera.

D. Il ponte tornerà in gestione ad Autostrade per l'Italia?

R. Questa domanda deve rivolgerla al governo, al ministro delle Infrastrutture, non al costruttore. Mi auguro tuttavia, da italiano, che, chiunque sarà l'assegnatario della concessione, metta al primo posto il monitoraggio costante di un'opera che, consentitemi una punta d'orgoglio, sarà la prima del suo genere completamente smart, anche grazie al contributo tecnologico delle società controllate da Fincantieri specializzate nella ricerca, nell'automazione e nel controllo.

D. Che cosa significa per l'Italia quest'opera?

R. Significa poter dimostrare che la flessibilità e la capacità di «rimboccarsi le maniche» tipiche dell'ingegno e dello spirito italiani concorrono da sempre al compimento di opere eccezionali, impensabili in ogni altra nazione occidentale. Il paradosso è che tale genio e tale forza d'animo devono compensare un Paese oggi fermo e avvitato su se stesso, dove i ponti crollano e le città d'arte si allagano.

D. Si ritorna a parlare di Leonardo dentro Cdp per agevolare un rapporto più stretto con Fincantieri . Le sembra una buona idea?

R. In realtà con Leonardo collaboriamo da sempre e ricordo che l'attuale amministratore delegato di Cdp (Fabrizio Palermo, ndr) è il nostro ex cfo. Non abbiamo bisogno di agevolare questo o quello, ma di creare valore per il Paese. Da par suo, Fincantieri ha più che raddoppiato in questi anni i ricavi, l'80% dei quali legati alle esportazioni.

D. A che punto è la diatriba francese sui cantieri Stx?

R. Più che di diatriba francese parlerei di una certa rigidità della burocrazia europea. Ma è nell'interesse della Francia e dell'Europa, oltre che di Fincantieri , sostenere tale operazione.

D. Come chiuderete il bilancio 2019, qualche anticipazione?

R. Per scaramanzia non posso anticipare la chiusura dell'esercizio in corso, ma posso guardare avanti con fiducia preventiva e soprattutto grande soddisfazione per la consapevolezza di avere tutti i nostri stabilimenti saturi di lavoro per almeno cinque anni; un successo frutto anche della capacità di diversificazione e innovazione che ci contraddistingue.

D. Alitalia e Ilva e altri 160 crisi aziendali fanno tornare a tanti la voglia dello Stato padrone, è solo un'operazione nostalgia o si può fare ed è utile?

R. Ritengo che lo Stato debba non solo indirizzare ma anche creare le condizioni per generare e gestire la politica industriale di un Paese. E se questo vale per l'erogazione dei servizi, vale ancor più per la grande industria, vero asset di un Paese come il nostro, che peraltro fonda ancora sul manifatturiero le proprie leadership.

D. Può bastare?

R. I grandi problemi che in questo momento attentano al futuro dell'industria non possono trovare soluzione in un quadro di instabilità politica ed emotiva. Meno che mai ci si può illudere di riformare il Paese, riportandolo alla spinta del Secondo Dopoguerra, prescindendo da una visione d'insieme per affrontare i problemi che precedono il quadro economico: il rafforzamento delle strategie europee, il calo demografico, l'erosione delle competenze e dei mestieri, l'involuzione della cultura, del linguaggio e della preparazione scolastica, l'incapacità di ricreare una classe dirigente degna del suo scopo e della sua funzione.

red

 

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December 10, 2019 02:22 ET (07:22 GMT)

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