Nel corso del 2018 il settore moda italiano ha visto crescere il proprio giro d'affari totale di 71,7 miliardi di euro, pari a un progresso del 22,5% sul 2014 e a un miglioramento tendenziale del 3,4%.

È quanto rileva l'area Studi di Mediobanca nella nuova edizione dell'indagine sul Sistema Moda italiano, spaccato che analizza le dinamiche delle 173 aziende di settore con un fatturato superiore a 100 milioni di euro nel 2018 e dei principali gruppi europei del comparto.

Dopo l'impennata vicina alla doppia cifra (+9,4%) osservata nel 2015, il progresso del settore moda sul fronte delle vendite ha sì rallentato negli anni successivi, ma ha comunque mantenuto una velocità di crociera mai inferiore al +3,4%. Ecco spiegato il motivo per cui, nel contesto italiano, il sistema Moda ha visto progressivamente aumentare il proprio peso sul Pil, passando in un lustro dall'1,1% all'1,2% e registrando una progressione quasi doppia rispetto all'economia nazionale. Sorride anche l'ultima riga del conto economico, con utili complessivi che a fine 2018 cubano per 3,7 miliardi di euro (+25,2% sul 2014).

Scorrendo le pagine dell'indagine emerge poi che tra i comparti che più si sono distinti per peso sul giro d'affari totale spiccano abbigliamento - da solo determina il 42,6% dei ricavi aggregati - seguito da pelletteria (23,1%) e occhialeria (15,6%).

Quanto alla crescita media annua delle vendite nel 2014-2018 si distingue la gioielleria (+10,9%) seguita dal comparto pelli, cuoio e calzature (+6,2%), dal tessile (+5,7%), dalla distribuzione (+4,9%), dall'abbigliamento (+4,5%) e dall'occhialeria (+3,7%).

Parimenti, rimarca ancora l'indagine di piazzetta Cuccia, nel Bel Paese si conferma importante anche la presenza di gruppi stranieri: 70 delle 173 aziende oggetto dell'indagine registrano infatti una proprietà straniera e in tutto controllano il 34,7% del fatturato aggregato (il 14,2% è francese, fra cui Lvmh e Kering, entrambe con il 5,4%). Su questo fronte, l'area Studi di Mediobanca giudica "notevole" l'incremento della fetta di mercato rispetto al 2014, quando ai gruppi internazionali faceva capo il 23,9% del fatturato complessivo. Il motivo? Riassumendo, dice la ricerca, è ascrivibile per lo più alla velocità quasi quattro volte superiore a cui queste società sono cresciute rispetto a quelle a controllo italiano. Queste ultime si prendono tuttavia una sonora rivincita sul fronte della redditività, grazie a un margine Ebit al 9,3% rispetto al 6,2% registrato dalle realtà controllate da gruppi stranieri. In particolar modo, sono le aziende quotate con la quota di maggioranza in capo a una famiglia che registrano l'Ebit margin migliore (13,4%) e che al tempo stesso si mostrano più propense all'export (86,1% del fatturato dall'estero).

Limitando l'analisi al solo 2018, le aziende Moda Italia hanno registrato un Ebit margin ancora migliore, pari all'8,2%, con occhialeria e pelletteria sugli scudi (rispettivamente 12% e 10,2%). Delle 173 aziende analizzate, sono soltanto 15 quelle quotate in Borsa, che tuttavia determinano quasi un terzo (29%) del fatturato aggregato e presentano un margine Ebit del 11,7% contro il 6,8% delle altre. Una situazione, osservano ancora gli esperti della merchant milanese, che dimostra come l'apertura ai mercati borsistici possa fornire grande impulso sia in termini di redditività sia di proiezione internazionale.

Proprio quest'ultima rappresenta per altro una delle caratteristiche chiave della moda italiana: il 72,2% del fatturato complessivo viene infatti realizzato oltre confine, molto più di quanto avviene per il settore manifatturiero (58,3%). A trainare questo trend si conferma l'occhialeria (89,6%).

A testimonianza della sostanziale salute in cui versa il settore, buone notizie si registrano anche sul fronte occupazionale, con 45.300 nuovi addetti (+14,1% sul 2014 e +1,7% sul 2017), per una forza lavoro totale di 366.000 unità. A svettare sono gioielleria (+32,7% sul 2014), pelletteria (+24,6%) e distribuzione (+22,6%).

Infine, il settore moda italiano si conferma molto solido anche sul fronte patrimoniale. La prova del nove arriva sia dalla bassa incidenza del debito finanziario sul capitale netto (34% nel 2018) sia dalla cospicua dotazione di liquidità, con un rapporto tra disponibilità e debiti finanziari pari al 79,4%.

ofb

 

(END) Dow Jones Newswires

February 13, 2020 04:32 ET (09:32 GMT)

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