Era il marzo 2015 quando all'annuale presentazione della strategy Eni annunciò il taglio del dividendo da 1,12 euro a 80 centesimi per azione. Oggi come allora l'ad era Claudio Descalzi, che però di sforbiciate alla cedola non ne ha più date e anzi l'ha riportata a 86 centesimi, senza mai cedere alla tentazione dello scrip dividend, divenuto invece prassi tra i competitor.

Ora però, scrive MF, dopo aver annunciato svalutazioni per 2,8 miliardi di euro causa-Covid, Descalzi si ritrova nuovamente sommerso di commenti di analisti che hanno per oggetto il tema più caro agli azionisti, e cioè la tenuta o meno dei prossimi dividendi. Già a fine aprile, nel pieno del lockdown, Credit Suisse e Mediobanca si erano lanciati in previsioni su tagli della cedola dal 30% al 40-50%. Stavolta è il turno di Equita, che parte confermando il giudizio buy, ma accende un faro sulla cedola. La previsione di Equita è che il taglio del dividendo possa mantenersi in una percentuale compresa tra il 20 e il 30%, più bassa rispetto all'ipotesi iniziale di un -42% che avrebbe abbassato la remunerazione degli azionisti a circa 50 centesimi per azione. Imi, invece, esclude grandi cambiamenti nelle stime sia per il 2023 che per gli anni successivi.

L'annuncio della svalutazioni che Eni incorporerà nei conti del secondo trimestre (in pubblicazione il 30 luglio) era comunque atteso. E secondo indiscrezioni non dovrebbero andare a colpire i flussi di cassa, attraverso i quali il gruppo copre investimenti (già tagliati del 25% a causa Covid) e i dividendi. Ad ammorbidirli contribuisce anche una riduzione limitata, stimata nel 4% circa, delle attività non correnti.

red/lab

 

(END) Dow Jones Newswires

July 08, 2020 02:34 ET (06:34 GMT)

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