Il calcolo è ovviamente complesso da fare e soggetto a molteplici variabili, ma la nuova normativa Ue sull'efficientamento energetico degli edifici residenziali potrebbe comportare costi di riammodernamento per quasi 1.400 miliardi da affrontare nell'arco di 7-10 anni. Una cifra notevole che quasi pareggia la ricchezza finanziaria delle famiglie italiane o la quota di denaro che oggi si trova sui conti correnti delle famiglie.

La direttiva Ue, scrive Milano Finanza, prevede che tutte le case e gli appartamenti europei dovranno raggiungere la classe energetica E (con consumi di 91-120 chilowattora al metro quadro) entro il 2030 e poi progredire entro il 2033 alla classe D (ossia 71-90 kWh per mq). Secondo le stime, il mercato delle costruzioni e del real estate in Italia dovrebbero essere quelli più colpiti da queste nuove regole, anche se chiaramente queste vanno nella direzione del necessario efficientamento energetico, che significa anche riduzione di consumo di gas. La normativa, va detto, non è ancora definitiva al 100% e le trattative dietro le quinte sono ancora in corso. La votazione in Commissione ambiente del Parlamento europeo è stata fatta slittare dal 24 gennaio al 9 febbraio e l'ultima bozza prevede alcuni compromessi e alcune esenzioni. La prima e più importante riguarda gli immobili qualificati «ufficialmente» come di interesse storico che nel caso dell'Italia implica che questi edifici non richiederanno la riqualificazione energetica, un sospiro di sollievo visto il grande patrimonio immobiliare tutelato dai beni culturali. Altre esenzioni che interesseranno i proprietari sono quelle per gli edifici di culto, per le abitazioni indipendenti inferiori a 50 metri quadrati di superficie e soprattutto per le seconde case, a patto che siano abitate per meno di quattro mesi l'anno.

Queste sono le eccezioni, ma resta il problema che la gran parte del patrimonio residenziale italiano è vetusto e quindi richiederà una riqualificazione. Insomma, chi pensava che il bonus 110% fosse destinato a finire, probabilmente se lo vedrà tornare sotto qualche altra forma e sotto qualche altro nome, possibilmente con maggior chiarezza sulle modalità di utilizzo, perché una ristrutturazione così imponente sarà impensabile senza un aiuto dello Stato. «L'aggiornamento della direttiva Ue per l'efficientamento energetico avrà un impatto significativo sul settore immobiliare, comportando sfide per i proprietari e gli investitori immobiliari ma anche opportunità per lavoro e sviluppo sostenibile», spiega Piercarlo Rolando, amministratore delegato di Rina Prime Value Services. Secondo i numeri forniti da Siape Enea, «le unità residenziali italiane sono 35,3 milioni, e si stima che 26,8 milioni di queste abbiano pessime performance energetiche, il 60% è di classe F e G e il 16% delle unità è classe E». Ciò significa che «entro il 2030 dovranno essere ristrutturate 21,2 milioni di abitazioni ed entro il 2033 ulteriori 5,6 milioni». Assumendo un importo medio di una ristrutturazione per elevare l'appartamento da classi G e F ed E almeno alla classe D «intorno a 50mila euro, si può stimare un giro d'affari per la ristrutturazione immobiliare di 1.341 miliardi di euro entro il 2033».

Il regolamento era atteso, spiega Enzo Albanese, fondatore di Idee Urbane, «ancora di più dopo l'approvazione della normativa zero emissioni al 2035 del settore automotive. I due settori vanno in parallelo e sono considerati tra i più energivori, anzi il settore immobiliare è decisamente più pesante in termini di consumi e emissioni». Tutto dipenderà «da come verrà approvata la norma», spiega Albanese. La speranza è un atterraggio morbido al 2030 come primo step e più stringente al 2050. «Sicuramente bisogna che i nostri rappresentanti Italia si battano in commissione al fine di difendere il patrimonio economico e il risparmio degli italiani, visto che il 50% dei risparmi del Paese sono investiti nell'immobiliare». Un appello che qualche politico ha già fatto suo, tanto che si segnalano pressioni al Parlamento italiano affinché il governo intervenga in Europa. Non è poi detto che in Italia la normativa verrà applicata come nel resto d'Europa, è possibile che venga attuata con tempistiche diverse o con parametri meno rigidi, al momento del resto è ancora tutto da stabilire, come detto. Le sanzioni per chi non dovesse aggiornare la classe energetica, ad esempio, saranno decise dai singoli governi. «Il grosso impatto potrebbe avvenire sulle ristrutturazioni», spiega Diego Vitello, analista dell'ufficio studi Gabetti, che ha analizzato un campione di oltre 140 mila dati immobiliari riguardanti unità residenziali, raccolti prevalentemente dal 2017 al 2020 da parte controllata Abaco Team. «Nell'ambito del campione di analisi, il 50% degli immobili si riferisce a unità immobiliari all'interno di edifici costruiti prima del 1975, antecedenti quindi la Legge 373/1976, prima normativa vincolante sulle caratteristiche costruttive degli edifici in termini di risparmio del fabbisogno energetico. Di questi, circa il 30% è la quota comunemente identificata come ante-1967».

Ciò nonostante, «solo il 3% del campione totale è stato interessato da interventi di ristrutturazione significativi».

A fronte di ingenti costi, la nuova norma comporterebbe però anche grandi risparmi. «La normativa dovrà essere accompagnata da un'adeguata politica di incentivazione per garantire la sostenibilità economica», sottolinea anche Mattia Mariani, Operations Director Building Performance della società di consulenza Deerns Italia, ma grazie alla direttiva Ue, «si potrà avere a livello italiano una spinta significativa alla riduzione dei consumi di energia elettrica e della domanda di gas, anche del 40% considerando che un edificio in classe G consuma circa il doppio di uno in classe D. L'obiettivo è sicuramente ambizioso, ma porterà a risultati significativi in termini di efficienza energetica». Per il consumo di gas naturale, «si può stimare una riduzione di 24,9 miliardi di metri cubi all'anno (circa l'80% rispetto al consumo attuale) e 54 miliardi di chilowattora all'anno di energia elettrica, che, agli attuali costi dell'energia, consentirebbero un risparmio annuo di 60 miliardi di euro», spiega il numero uno Rina Prime Value Services Rolando.

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