ROMA (MF-NW)--L'acquisto da parte del fondo Kkr delle attività relative alla rete fissa di Tim si presta a varie considerazioni. C'è un aspetto giuridico circa la legittimità della delibera del cda senza il coinvolgimento dell'assemblea, richiesto invece dal socio di minoranza Vivendi. C'è un aspetto più di sistema relativo all'entrata in campo dello Stato, che al termine dell'operazione acquisirà il 20% delle azioni nella società veicolo (Optics BidCo) controllata dal fondo Kkr.

La questione giuridica, per ora oggetto di una molteplicità di pareri incrociati acquisiti da Tim e da Vivendi, dovrà essere risolta in sede giudiziaria. L'esito dell'azione in sede civile, già preannunciata da Vivendi, non è scontato e mette un'ipoteca sull'intera operazione.

Il ritorno dello Stato in un ambito strategico come la rete di Tim, superando l'integrazione verticale tra gestione dell'infrastruttura e l'offerta di servizi alla clientela, è un po' il segno dei tempi. Infatti, il pendolo dei rapporti tra Stato e mercato oscilla in questa fase storica a favore del primo. Per molti decenni, fin dalla crisi finanziaria ed economica degli anni Trenta del secolo scorso, la mano dello Stato, in funzione di salvatore di ultima istanza, era caduta su molte imprese e banche di rilievo nazionale sull'orlo della crisi. Le società acquisite in gran parte dall'Iri trovarono nel dopoguerra un assetto stabile nel sistema delle partecipazioni statali sottoposto a controllo da parte del ministero per le Partecipazioni statali. Iri, Eni ed Efim, costituirono la triade degli enti pubblici di gestione di una miriade di società, operando come cinghia di trasmissione di indirizzi governativi anche in funzione di programmazione economica.

Nel 1962 ebbe luogo la nazionalizzazione dell'intero settore elettrico affidato in concessione all'Enel, ente pubblico economico sottoposto agli indirizzi governativi. Anche la telefonia, all'epoca solo fissa, costituiva un'attività riservata allo Stato (tramite la Sip costituita nel 1964, controllata dall'Iri tramite la Stet, poi confluita in Telecom nel 1994). Solo dagli anni '80 e soprattutto all'inizio dei '90 il pendolo si spostò decisamente a favore del mercato all'insegna delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni. Le prime, indotte dalle direttive europee, anzitutto nei settori dell'energia elettrica e delle telecomunicazioni, portarono allo smantellamento dei regimi di monopolio legale e all'apertura dei settori alla concorrenza. Nel caso dell'ex monopolista Enel si ebbe anche uno spacchettamento delle attività. Fu infatti trasferita la proprietà e la gestione della rete nazionale a una nuova entità (il Gestore della rete elettrica nazionale, ora Terna) e fu operata la vendita di impianti di produzione di energia (attraverso le neoistituite Genco) a operatori concorrenti. Le privatizzazioni avviate all'inizio degli anni '90, precedute dalla trasformazione degli enti pubblici economici (Iri ed Eni) in società per azioni, ebbero come principale finalità quella di batter cassa in una fase di gravissima crisi della finanza pubblica. La privatizzazione di Telecom nel 1997, in parallelo alla liberalizzazione del mercato delle tlc, si inseriva in un contesto di ritirata dello Stato.

Ciò in una fase nella quale, a livello globale, si era affermata l'ideologia neo-liberale, che vedeva solo pregi nel mercato e solo difetti nello Stato. Il modello dello Stato regolatore, subentrato a quello dello Stato imprenditore, richiedeva però la presenza di autorità di regolazione dotate di competenza e indipendenza. E ciò soprattutto nei mercati, come quello delle tlc e dell'energia elettrica e del gas, relativi ad attività di servizio pubblico con presenza di elementi di monopolio naturale come le reti (per loro natura non facilmente replicabili). Nel contesto italiano le autorità di regolazione (Agcom, Aeeg, oggi Arera) non hanno avuto vita facile su un doppio versante: le imprese ex-monopoliste, come Telecom ed Enel, che mantenevano quote rilevanti di mercato; i ministeri di settore e il governo che mal avevano digerito una riduzione delle loro competenze.

Dopo la crisi finanziaria del 2008 lo Stato ha ripreso il suo ruolo di controllore dei mercati e di risorsa di ultima istanza anche per tenere in vita imprese in crisi perenne (Alitalia, Ilva eccetera). Si è aggiunto più di recente il fattore geopolitico, con l'attribuzione al governo di poteri eccezionali di controllo sugli investimenti esteri (golden power). La stessa operazione Tim-Kkr dovrà essere notificata al governo e probabilmente la presenza dello Stato nella compagine societaria potrà rendere più agevole il via libera. Il ritorno dello Stato ha dunque molte ragioni, ma, come ammonisce un libretto di Giuliano Amato (Ben tornato Stato, ma, 2022), bisognerebbe evitare che si ripropongano le degenerazioni del passato.

alu

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0808:30 nov 2023

 

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