Tutto Ciò Che Mi Viene In Mente.... (EURUSD)

- Modificato il 23/3/2013 12:36
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
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in questo forum ho imparato a postare foto...

e poichè lo ritengo una cosa piacevole quando la mia insana mente si intasa ha bisogno di scaricare

energie...

 al fine di tornare lucido tutto ciò che mi passa per la testa lo posto...

tutti coloro che hanno questo tipo di problema,ritengo questo un posto adatto...

diciamo una clinica moderna atta a riformattare gli hard-disk ormai allo stato  di rottamazione...

oh,siete tutti invitati quando volete....

l'età non conta e nemmeno il sesso.......

l'ingresso è consentito a tutti comunitari extra,bianchi neri gialli e mulatti...

anche con permesso di soggiorno scaduto....

in validi civili e di guerra...falsi invalidi....soprattutto cechi...i miei preferiti...

la classe politica ed i colori come detto non sono importanti...      













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121 di 9430 - 07/12/2010 19:00
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007

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122 di 9430 - Modificato il 07/12/2010 19:05
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123 di 9430 - 07/12/2010 23:25
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
Teoria della mente


Il termine teoria della mente è stato variamente utilizzato per definire diversi (seppur spesso simili) significati, in particolare, in senso più astratto:

Nell'ambito della filosofia della mente, il modello ontologico e strutturale dei processi mentali ("cosa è la Mente?")
In psicologia cognitiva, come equivalente del modello del funzionamento della psiche ("come funziona la Mente, quali sono i suoi processi funzionali?").
In senso più operativo ed applicativo:

In psicologia dell'apprendimento e psicologia del pensiero, è stato spesso usato come analogo di metacognizione (ovvero di capacità osservativa ed automodulante dei propri stessi processi cognitivi)
In psicologia clinica, come equivalente funzionale delle funzioni del Sé riflessivo.
In psicologia dello sviluppo, epistemologia genetica e psicologia dinamica, come la capacità del bambino di costituirsi una rappresentazione adeguata dei processi di pensiero propri e dell'Altro significante:
processo di mentalizzazione neonatale;
protomentalizzazione della psicologia perinatale.
Mentre i primi due significati sono relativi a rappresentazioni "sistemiche" o "epistemologiche" di alto livello di astrazione, gli altri tre significati e campi applicativi hanno tra loro numerosi punti in comune, e la "teoria della mente" si è anzi rivelata un potente e trasversale costrutto euristico, che ha permesso il dialogo e l'avvicinamento tra campi di ricerca prima molto lontani.

Grazie al contributo di autori come John Bowlby e soprattutto Peter Fonagy, costrutti come la Teoria dell'Attaccamento, la Funzione del Sé riflessivo e la Metacognizione, pur se relativamente differenti e riferiti a contesti leggermente diversi, possono essere in parte unificati utilizzando quello di "Teoria della Mente" (o ToMM, Theory of Mind Mechanism) come costrutto-ponte da un punto di vista epistemologico.

Indice [nascondi]
1 Mentalizzazione
2 Metacognizione
3 Teoria della mente e autismo
4 Note
5 Voci correlate


Mentalizzazione [modifica]
Per mentalizzazione si intende il "tenere a mente la mente propria e altrui". In altre parole, il "rappresentarsi internamente gli stati mentali", riferiti a se stessi e altri.

Il concetto di mentalizzazione, affermatosi ampiamente in psicoterapia negli ultimi tempi[1], in realtà deriva da precedenti concezioni in ambito psicodinamico.

Il vero precursore del concetto di mentalizzazione è Wilfred Bion, grande epigono di Sigmund Freud, che definisce Funzione Alfa l'attività mentale che, partendo dalle impressioni sensoriali e dalle emozioni (i cosiddetti Elementi Beta, che chiama "realtà protomentale"), giunge alla formazione del pensiero; prima come immagine mentale, poi come funzione cognitiva legata alla parola: ovvero i modi con cui la mente arriva alla creazione di simboli per rappresentare gli stati emotivi.

Il termine mentalizzazione è poi introdotto e sviluppato da un gruppo di psicoanalisti interessati alla psicosomatica. Secondo tali studiosi, coloro che sono affetti da malattie psicosomatiche tendenzialmente hanno difficoltà di mentalizzazione degli stati emotivi (alessitimia); ovvero, non "simbolizzano i conflitti affettivi", lasciando nel loro corpo (ed in particolare nei cosiddetti "organi-bersaglio") la contraddizione di un pensiero che "passa all'atto" (acting-out), cioè un pensiero incapace di produrre un completo lavoro mentale che si esprima come attività simbolica concettuale.

Metacognizione [modifica]
Con metacognizione si indica un costrutto teorico molto utilizzato in ambito psicologico ed educativo. La metacognizione indica un tipo di autoriflessività sul fenomeno cognitivo, attuabile grazie alla possibilità - molto probabilmente peculiare della specie umana - di distanziarsi, auto-osservare e riflettere sui propri stati mentali. L'attività metacognitiva ci permette, tra l'altro, di controllare i nostri pensieri, e quindi anche di conoscere e dirigere i nostri processi di apprendimento.

Come accennato, in termini epistemologici, una "teoria della mente" è un paradigma esplicativo della struttura e dei processi funzionali della mente umana, intesa come entità funzionale autonoma. Al variare delle epoche e dei paradigmi filosofici, culturali, scientifici e storico-psicologici di riferimento, sono variate le ipotesi e le modellizzazioni diffuse "su cosa fosse e come funzionasse la mente".

In termini cognitivi, è la fondamentale capacità umana di comprendere e riflettere sul proprio e l'altrui stato mentale, e sulle proprie ed altrui percezioni, riuscendo così a prevedere il proprio e l'altrui comportamento. È questo il significato che viene sviluppato nell'ambito degli studi metacognitivi.

La percezione comprende sensazioni, credenze, sentimenti, disagi, ecc. Tale abilità cognitiva si acquisisce normalmente intorno ai 3-4 anni e gli adulti ne fanno uso nella vita di tutti i giorni senza averne consapevolezza.

Se una coerente teoria della mente non si forma adeguatamente nel bambino, possono svilupparsi deficit e patologie molto serie: molti studiosi ad esempio ritengono che l'autismo possa collegarsi ad un deficit in termini di costruzione e rappresentazione interna della propria teoria della mente.

Per verificare la comparsa di una coerente teoria della mente è possibile effettuare alcuni test psicologici, come quello della falsa credenza.

Teoria della mente e autismo [modifica]
Dalla Cognitive Development Unit (CDU) di Londra provengono Uta Frith, Simon Baron-Cohen, Alan Leslie e, in parte, Luca Surian, i quali parlano di mindblindness, di opacità referenziale[2] e di psicoagnosia, ripresi in Italia da Luigia Camaioni,[3] come ipotesi esplicativa dell'autismo.[4][5][6][7] Tale patologia consisterebbe in un deficit semantico specifico per la categoria degli stati mentali, ossia in una carenza nelle capacità metarappresentative di "rappresentarsi le rappresentazioni".

L'ipotesi si basa sull'assunto che esista nella mente umana un modulo specializzato nel produrre "rappresentazioni di stati mentali", come credere, conoscere e fare finta. L'input di questo modulo sarebbe costituito da rappresentazioni primarie prodotte da altri moduli, che codificano stati di fatto in modo letterale. Il suo output, l’informazione in uscita, è costituito da rappresentazioni secondarie chiamate "metarappresentazioni".

La metarappresentazione è una particolare struttura di dati che codifica l'atteggiamento di un agente nei confronti di una proposizione. Per agente si intende una persona che di fronte a una proposizione (significato di una frase) le attribuisce un determinato significato, come sperare, credere, pensare, conoscere, avere intenzione, far finta. La mancanza di adeguate capacità comunicative negli individui autistici deriverebbero, secondo la teoria della mente, dall'incapacità di formulare a livello mentale delle metarappresentazioni.

Le conferme sperimentali del deficit metarappresentativo sono state ottenute studiando le capacità di formulare false credenze in bambini autistici. L'ipotesi risale ad un'iniziativa di Alan Leslie di considerare il gioco di finzione, che compare ben presto nelle prestazioni dei bambini, come se fosse basato su un meccanismo cognitivo che permette di immagazzinare separatamente gli eventi tangibili (reali e fisici) da quelli mentali (di finzione).

Visto che nei bambini autistici il gioco di finzione appariva molto più povero, Leslie e Frith indagarono la possibilità dell'esistenza di una reale incapacità dei bambini con autismo di registrare gli stati mentali separatamente da quelli fisici. Da questa ricerca è nato il test della falsa credenza.

Su questa base molti studiosi sostengono che il deficit metarappresentativo nei bambini con autismo potrebbe essere ricondotto al funzionamento anomalo del meccanismo specializzato nell'acquisizione della teoria della mente.

A questa spiegazione di tipo modularista è stata contrapposta una teoria costruttivista, secondo cui lo sviluppo della teoria della mente è dovuto a capacità generali di costruzione e revisione teorica. Secondo questo modello, i bambini con autismo soffrirebbero non già del malfunzionamento di un meccanismo di acquisizione, ma della mancanza di un'adeguata base di conoscenze innate e di principi astratti di ragionamento. Fra questi - per esempio - il principio secondo cui gli altri sono uguali a noi.

Per comprendere la differenza fra questi due approcci dobbiamo tener conto che nella proposta modularista di Leslie si presume l’esistenza di un meccanismo specializzato di elaborazione ed acquisizione di informazioni; nella proposta costruttivista di Alison Gopnik e Andrew N. Meltzoff viene invece ipotizzata una base di conoscenza innata, che si arricchisce e viene in parte radicalmente cambiata nel corso dello sviluppo, grazie ai processi di invenzione e revisione delle conoscenze teoriche.

124 di 9430 - 07/12/2010 23:45
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
Sensazione


La sensazione dal punto di vista fisiologico può essere definita come la modificazione dello stato del nostro sistema neurologico a causa del contatto con l'ambiente tramite gli organi di senso. Gli stimoli offerti dall'ambiente vengono catturati dai nostri organi di senso, ognuno dei quali adibito alla ricezione di uno stimolo particolare. I canali sensoriali sono: udito, vista, olfatto, gusto, tatto, cinestesia ed equilibrio e sensazione di dolore. Ognuno di essi si avvale per la ricezione dei segnali di specifici organi di senso (gli occhi ad esempio ci consentono la visione di ciò che ci circonda).



Modalità delle sensazioni [modifica]
Le sensazioni permettono al nostro cervello di conoscere il mondo che ci circonda. Nonostante esse siano sostanzialmente private e soggettive, e quindi impossibili da misurare scientificamente, è possibile chiedere ai soggetti che le sperimentano di descriverle. Questo primo "esperimento" di tipo qualitativo permette di confrontare le sensazioni di ciascuno e notare che in alcuni casi le sensazioni che vengono provocate in diversi soggetti da cambiamenti specifici nel mondo fisico (ovvero quello che è al di fuori di noi e che percepiamo) sono almeno simili. Ciò equivale a dire che generalmente ogni variazione del mondo fisico viene percepito da tutti i soggetti in una maniera tale che la descrizione di tale variazione risulta molto simile. Quindi si può presupporre che anche le sensazioni stesse siano almeno compatibili tra di loro. Nonostante questa premessa sembri ovvia, essa ci permette di supporre che vi siano delle relazioni psicofisiche tra alcuni stimoli (variabili fisiche) e alcune sensazioni (variabili psicologiche) che tendono ad essere prevedibili e indipendenti dall'osservatore.

Si immagini ad esempio un possibile esperimento in cui un ricercatore facesse sedere al centro di una stanza buia un certo numero di soggetti, uno alla volta, che non abbiano menomazioni del sistema sensoriale (in questo esempio è fondamentale che non siano cieche), e in un certo istante accendesse una lampadina posta di fronte al soggetto. Se il ricercatore, dopo tale stimolazione, chiedesse ad ogni soggetto di descrivere ciò che ha visto, è molto probabile che tutti i soggetti rispondano di aver visto una luce. Ciò che abbiamo detto finora ci permette di concludere che ogni soggetto ha percepito una luce simile, anche se non possiamo essere certi che la sensazione prodotta sia stata esattamente la stessa.

Misura delle capacità sensoriali [modifica]
Uno dei primi studi di psicologia sperimentale fu la determinazione dei limiti delle nostre capacità sensoriali. Ovviamente l'essere umano non riesce a percepire tutto ciò che esiste nel mondo (infatti parlando al cellulare con qualcuno, non vediamo le onde elettromagnetiche che sappiamo essere il reale vettore della nostra comunicazione, ma siamo sicuri che esistono perché altrimenti non sentiremmo la voce dell'altro all'altro capo del telefono). Egli è dotato di cinque organi recettori delle sensazioni (chiamati anche semplicemente sensi). Ognuno di questi permette di percepire solo alcuni eventi fisici (l'esistenza di alcuni tipi di onde elettromagnetiche per la vista, la variazione di pressione dell'aria per l'udito) e solo se si verificano un certo range di ampiezza o di frequenza. Per ogni recettore sensoriale dunque è possibile stabilire i limiti inferiore e quello superiore entro i quali l'evento fisico viene percepito.

La soglia assoluta [modifica]
Per soglia assoluta si intende quel particolare livello di energia che discrimina tra la percezione e la non percezione di un evento fisico: ad un livello di energia più basso della soglia assoluta il soggetto non percepisce nulla, ad un livello pari o più alto il soggetto percepisce lo stimolo.

Stime della soglia assoluta di ciascun senso.[1]

Senso Soglia assoluta
Visione La fiamma di una candela in una notte serena e illune a 45 km di distanza
Udito Il ticchettio di un orologio a 6 m di distanza in un ambiente quieto
Gusto Un cucchiaino di zucchero in 9 l d'acqua
Olfatto Una goccia di profumo nel volume equivalente a sei grandi stanze
Tatto L'ala di una mosca che cade sulla guancia dall'altezza di 1 cm

Nel tempo sono state due le tecniche sperimentali usate per misurare tale soglia: il metodo degli aggiustamenti e il metodo degli stimoli costanti.

Il metodo degli aggiustamenti consiste nel permettere al soggetto sperimentale di aumentare direttamente e a suo piacimento il livello di energia dello stimolo fino a ché il soggetto stesso lo percepisce. Tuttavia, siccome il soggetto sperimentale prevedibilmente non è perfettamente coerente in caso di ripetizione dell'esperimento, la stima della soglia assoluta attraverso questo metodo non è sufficientemente preciso.

Per questo motivo è stato elaborato anche il metodo degli stimoli costanti. In questo caso è il ricercatore a determinare l'intensità degli stimoli che vengono via via somministrati al soggetto, il quale, per ognuno degli stimoli, deve riferire se lo ha percepito oppure no. Anche in questo caso i valori delle varie prove non sono perfettamente coerenti, quindi si è deciso di stabilire per convezione come soglia assoluta l'intensità che ha il 50% di probabilità di essere percepita.

La soglia differenziale [modifica]
Per soglia differenziale si intende la differenza minima di intensità che uno stimolo deve avere da un altro affinché vengano percepiti come diversi. I metodi sperimentali usati per studiarla sono simili a quella della soglia assoluta e come essa è definita come la differenza fisica che viene percepita il 50% delle volte e prende anche il nome di JND. Fin dai primi studi fu chiaro che i nostri recettori hanno una JND più bassa alle basse intensità e più alta alle alte intensità. Intuitivamente lo si può notare anche dal fatto che percepiamo facilmente la differenza di intensità tra il rumore di un ufficio un poco affollato e un aspirapolvere (corrispondenti rispettivamente a 60 e 80 dB) piuttosto che di un martello pneumatico a 2 m e la musica in discoteca (corrispondenti rispettivamente a 100 e 120 dB). Nel primo caso notiamo una certa differenza che in termini fisici è di 20 dB, mentre nel secondo caso difficilmente potremo notare una differenza sostanziale(che rimane pur sempre di 20 dB). Allo stesso modo, la differenza di peso tra un bicchiere di carta vuoto e uno contenente una moneta da 2 € è percepita come maggiore di quella tra un bicchiere con 10 monete da 2 € e uno con 11 monete da 2 € (eppure la differenza fisica tra le due situazioni sperimentali è sempre pari al peso di una moneta da 2 €).

Nel 1834 Ernst Weber notò che


ovvero che la JND è direttamente proporzionale all'intensità I dello stimolo iniziale; k è una costante di proporzionalità i cui valori variano a seconda del tipo di stimolo. Ad esempio per la pesantezza, k è pari a circa 0,02: quindi la JND per un peso di 50 gr è pari a 0.02 volte 50 gr, cioè 1 gr, mentre per un peso di 500 gr la JND risulta uguale a 10 gr.

Successivamente Gustav Fechner proseguì il ragionamento partendo da una formula simile a quella di Weber.


dove è la variazione dell'intensità dello stimolo, è l'intensità iniziale dello stesso, è un parametro dipendente dall'unità di misura dello stimolo e è la variazione della percezione dell'intensita dello stimolo in questione. Il termine non ha lo stesso significato della JND. Infatti, indica solo la differenza percepita tra i due stimoli, non la differenza minima che può essere percepita. Integrando entrambi i membri della [1] si ottiene che


dove è la costante di integrazione.

È possibile determinare lo stato iniziale dello stimolo, ovvero il livello di stimolo tale che la percezione risulta nulla, ponendo ed ottenendo così:


da cui risulta l'espressione formale della legge di Weber-Fechner:


Da questa formula si evince che l'intensità percepita è proporzionale al logaritmo del rapporto tra l'intensità dello stimolo e quello dello stimolo . In modo intuitivo questa formula significa che l'intensità percepita varia a seconda del rapporto tra gli stimoli e che più il rapporto è grande, meno velocemente la soglia differenziale aumenta.

La legge di Stevens [modifica]
Nel 1956, Stanley Smith Stevens cercò di studiare e di quantificare la soglia differenziale attraverso il metodo della stima di grandezza. Ossia, il ricercatore somministrava uno stimolo (ad esempio un suono) e ne comunicava l'intensità al soggetto sperimentale (ad esempio l'intensità era pari a 20). Successivamente il ricercatore somministrava altri stimoli ad intensità diverse e chiedeva al soggeto di stimarne l'intensità per confronto con quella del primo stimolo. Il soggetto quindi rispondeva 10 (seguendo l'esempio qui proposto) se percepiva un'intensità dimezzata rispetto a quella del primo stimolo, mentre rispondeva 40 se percepiva un'intensità doppia. Facendo poi una media delle risposte di molti soggetti alle varie intensità, Stevens formulò una legge (che viene chiamata Legge della potenza di Stevens):


dove S è il giudizio sensoriale del soggetto, I l'intensità dello stimolo e k una costante che dipende dall'unità di misura scelta. Al variare di b, si ottengono differenti curve a seconda del tipo di stimolo somministrato. Nel caso in cui b è minore di 1, le relazioni tra intensità e sensazione sono simili a quelle della legge di Weber-Fechner. Ma la legge di Stevens risulta essere più generale rispetto a questa, poiché permette di includere in un'unica legge, gli andamenti Sensazione/Intensità di altri stimoli: se b è uguale a 1, la sensazione è direttamente proporzionale all'intensità, come accade nel caso della lunghezza apparente; se b è maggiore di 1, il giudizio sensoriale del soggetto, al cresce dell'intensità, aumenta sempre più velocemente, come accade per la scossa elettrica (cioè si ha un andamento opposto rispetto a quello postulato dalla legge di Weber-Fechner).

La legge di Weber-Fechner, [2] sviluppata nella seconda metà dell'800, e detta anche relazione psicofisica fondamentale [3] lega la sensazione soggettiva del soggetto (S) alla grandezza dello stimolo fisico (R) offerto dall'ambiente:

S = K log R
dove K è una costante che dipende dal tipo di stimolo. Questa é In realtà la relazione tra la sensazione e lo stimolo è complicata dal fatto che non tutti gli stimoli fisici vengono percepiti dall'individuo. Uno stimolo deve infatti raggiungere una determinata grandezza per essere percepito da un determinato organo di senso (soglia assoluta) e deve essere abbastanza diverso in intensità per poter essere discriminato da un altro, simile per grandezza (soglia differenziale). Ad ogni modo, una volta catturato a livello di sensazione, lo stimolo fisico è pronto per essere elaborato a livello cognitivo, attraverso il meccanismo della percezione.

125 di 9430 - 07/12/2010 23:49
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
Credenza
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Tratto da credere, verbo (intransitivo) che indica l'essere persuasi di una propria convinzione basata su fatti o su fede. In teoria dei giochi viene indicata anche col termine belief.

Indice [nascondi]
1 Le credenze religiose
2 Le credenze popolari
2.1 Le credenze su fatti para o pseudo-scientifici
2.2 Le credenze popolari e la superstizione
2.3 Le credenze popolari su fatti accaduti
2.4 Credenza come pezzo di arredamento
3 Note
4 Voci correlate
5 Altri progetti


Le credenze religiose [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Credo religioso.

Convinzioni basate su una verità aprioristica, generalmente frutto dell'educazione ricevuta o su una propria elaborazione pseudo filosofica che porta ad accettare i principi di una dottrina religiosareligiosa e far propria la fede che la fonda. Le credenze religiose si basano quasi sempre su una rivelazione divina per via diretta o tramite profeti. La divinità può rivelare sia la propria esistenza, sia le proprie leggi e sia la storia cosmogonica e la nascita dell'uomo e tutto ciò va a costituire la base fondante e caratterizzante di una religione.

Nei monoteismi la specificità della credenza è quella di rispondere a uan dottrina ufficiale e a una base istituzionale organizzata e gerarchizzata, vale a dire di fare riferimento a una o più autorita religiose riconosciute ed approvate da Dio stesso come Dio-Volontà. Nei panteismi la specificità è l'assunzione aprioritica di principi come l'unità e la necessità dell'essere, in un Uno-Tutto dove o Dio permea il mondo (come negli [[Stoicismo |Stoici) o il mondo è assunto e incluso in un Dio-Necessità (come in Spinoza).

Le credenze popolari [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Folclore.

Le tradizioni popolari, spesso basate su tradizione orale, portano a credere in miti e leggende legate a fatti naturali o mitologici. Ampia notorietà hanno le leggende dei popoli nordici e germanici; alcune di queste hanno dato lo spunto per opere letterarie e musicali.

Si tratta di una vera e propria impronta culturale assai solida e tenace, che a volte sfida i secoli mettendo in seconda fila i progressi della cultura.

Spesso queste credenze popolari tramandano storie di streghe, maghi, folletti ed elfi.




Le credenze su fatti para o pseudo-scientifici [modifica]
Per approfondire, vedi la voce pseudoscienza.

Sono abbastanza diffuse credenze errate o non dimostrate scientificamente circa la spiegazione semplicistica di fatti naturali o sulle virtù benefiche o dannose di sostanze o di procedure mediche non appartenenti alla pratica scientifica.

Su questo argomento molti sono anche i dubbi sull'effettiva afficacia o addirittura sulla dannosità della medicina tradizionale basata su erbe o sostanze con effetti benefici che la moderna farmacologia perlopiù non riconosce.

Le credenze popolari e la superstizione [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Superstizione.

La credenza può confinare con la superstizione quando si dà credito a fatti e fenomeni non dimostrati e/o indimostrabili: Molte di queste credenze sono legate alla possibile fortuna o sfortuna a cui si sarebbe soggetti, piuttosto diffuso è il credere nel malocchio.




Le credenze popolari su fatti accaduti [modifica]
Per approfondire, vedi la voce Leggenda metropolitana.

All'interno di certe comunità si raccontano delle storie che spesso sono attribuite a diversi personaggi della comunità stessa che possono cambiare col tempo, o semplicemente riportate come accadute "all'amico di un amico". Quando tali storie sono ambientate in grandi città è più facile che si propaghino in forma anonima, e prendono il nome di leggende metropolitane. Un esempio di questo può essere, nelle università italiane, la storiella di un certo professore di fisica che alcuni anni prima avrebbe lanciato dalla finestra il libretto di uno studente, colpevole di aver sbagliato una domanda sulla legge di gravità (e viene identificato spesso come uno dei professori dell'università stessa, particolarmente severo). Altre volte circolano aneddoti su personaggi illustri, che col tempo possono essere diversi: un esempio è l'aneddoto dell'uovo di Colombo, che pare sia stato attribuito all'architetto Filippo Brunelleschi da Giorgio Vasari, prima che al navigatore genovese.

Credenza come pezzo di arredamento [modifica]
CredenzaLa Credenza è anche il mobile di cucina dove si conservano le stoviglie. La Credenza, così come la conosciamo oggi, nasce nel 1600 circa in Emilia-Romagna ed in origine era un mobile basso e lungo collocato solitamente nella sala dei banchetti. Al di sopra di esso venivano sistemati tutti i cibi nei loro piatti di portata durante i pranzi offerti dalle famiglie nobili ai loro convitati di particolare rango ed importanza. Prima di cominciare il pranzo un servitore particolarmente fidato della famiglia, detto "Maestro Credenziere", entrava nella sale del banchetto per "fare la credenza"[1], si introduceva cioè nella sala del banchetto e assaggiava tutti i cibi e poi, rivolgendosi agli invitati con un profondo inchino, diceva: "Signori, vi è stato offerto servizio di credenza". Tale pratica era volta a tranquillizzare gli invitati che i cibi loro offerti non fossero avvelenati veleno e dava "credenza", cioè creava persuasione di bontà e purezza dei cibi offerti. Il termine passò a indicare il procedimento e poi, verosimilmente, la stanza destinata ad esso e, infine, il mobile delle stoviglie[2].

126 di 9430 - 07/12/2010 23:53
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
Sentimento (filosofia)
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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati del termine, vedi Sentimento (disambigua).
Sensibile, scultura di Miquel Blay (1910)Con il termine sentimento (derivato dal latino sentire, percepire con i sensi) si intende una condizione affettiva che dura più a lungo delle emozioni e che ha una minore incisività rispetto alle passioni. Per sentimento genericamente si indica ogni forma di affetto: sia quella soggettiva, cioè riguardante l'interiorità della propria individuale affettività, sia quella rivolta al mondo esterno.
Quando il termine viene usato nel significato di "senso (sentimento) di sè" esprime la coscienza della propria esistenza come complesso dei moti spirituali e corporei.

Indice [nascondi]
1 Il concetto nella storia della filosofia
1.1 Il sentimento come conoscenza
1.2 I sentimentalisti
1.3 L'analisi kantiana
1.4 Il sentimento nel romanticismo
1.5 Il sentimento nella prospettiva fenomenologica-esistenziale
2 Note
3 Bibliografia
4 Voci correlate
5 Altri progetti


Il concetto nella storia della filosofia [modifica]
I filosofi greci antichi non distinguevano tra sentimento e passione: quando invece la riflessione filosofica si accentra sul tema della soggettività il concetto acquista rilievo autonomo.

Nella filosofia moderna con Cartesio il sentimento viene incluso tra le passioni definendolo come "passione spirituale", nel senso che esso non ha a che fare con la materialità del corpo ma è un moto dell'anima che diviene oggetto passivo di una forza che la sovrasta. [1]

Da questa iniziale definizione del concetto, il sentimento ha trovato sviluppi nell'etica, nell'estetica, nella metafisica e nella gnoseologia.

Il sentimento come conoscenza [modifica]
In Blaise Pascal il sentimento, chiamato "sentire del cuore", esprime una vera e propria facoltà conoscitiva distinta e in un certo modo superiore sia alla semplice percezione sensibile che alla razionalità. Infatti il sentimento permette di cogliere intuitivamente cosa siano il tempo, lo spazio, il movimento, il numero cioè le basi stesse dell'attività razionale e logica-matematica. Afferma Pascal: c’è un ordre du coeur (ordine del cuore), una logique du coeur (logica del cuore). [2]

« Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione ma anche con il cuore […] Anche il cuore ha un suo ordine. [3] »


In opposizione a Pascal, Leibniz considera invece il sentimento un atteggiamento che è difficile definire come conoscitivo tanto è confuso, incerto ed ambiguo il sapere che ottiene chi si affida ad esso preferendolo alla razionalità. Questo però non vuol dire che l'uomo debba affidarsi completamente alla razionalità che crea abitudine e acquiescenza passiva alla sensibilità ma bisogna ricercare anche tramite gli affetti la "felicità mentale" come completezza conoscitiva.[4]

La concezione di Leibniz viene condivisa da Johannes Nikolaus Tetens, Johann Friedrich Herbart e da Alexander Gottlieb Baumgarten che in particolare assegna al sentimento la autonoma possibilità di cogliere il "bello" in modo del tutto separato dalle facoltà logico-conoscitive [5] Teoria questa d'origine inglese che si farà strada, tramite Baumgarten nella cultura tedesca e che sarà fatta propria da Jean Jacques Rousseau e Luc de Clapiers de Vauvenargues il quale afferma che:

« il sentimento ci forza a credere ciò che la riflessione, troppo debole, non osa decidere [6] »


I sentimentalisti [modifica]
I filosofi chiamati "sentimentalisti", per la particolare attenzione dedicata al concetto di sentimento, si sviluppano in Inghilterra seguendo le teorie del caposcuola Shaftesbury (1671-1713), il quale assegna un valore morale al sentimento, considerato un atteggiamento innato in cui convergono anche il bello e il vero. [7]

Le teorie di Shaftesbury, riprese da Joseph Butler (1692-1752) e Francis Hutcheson (1694-1746) , vengono completate da David Hume che però rifiuta l'eccessivo ottimismo di tipo neoplatonico dei sentimentalisti. Pur attribuendo al sentimento un valore conoscitivo, secondo Hume è nella morale che questo esplica la sua azione maggiore. Tutte le nostre attività razionali e morali hanno una comune origine negli atteggiamenti sentimentali.[8]

« La ragione è, e deve solo essere schiava delle passioni e non può rivendicare in nessun caso una funzione diversa da quella di servire e obbedire ad esse. [9] »


Connesso al problema estetico del sentimento del bello in Hume è la questione del gusto, se il bello, cioè, debba cosiderarsi di rilievo universale o singolare. Considerando la bellezza un sentimento risulta chiaro che il bello dipende dall'apprezzamento personale del gusto. Il giudizio estetico quindi non può essere condiviso universalmente né stabilito a priori. Tuttavia può accadere che ci sia su ciò che è bello un consenso generale e a posteriori, inteso come «considerevole uniformità del sentimento tra gli uomini.» [10]

Le concezioni di Hume hanno avuto sviluppo e approfondimento in David Hartley (1705-1757) che ha indagato l'origine fisiologica dei sentimenti di piacere e dolore [11] e in Adam Smith relativamente alla sua teoria della "morale della simpatia". [12]

L'analisi kantiana [modifica]
Delle teorie dei sentimentalisti inglesi si occupò in particolare Kant in riferimento alla sua concezione della morale. Kant rigetta, come Hume, le teorie dei sentimentalisti per il loro infondato ottimismo e per la definizione di tipo psicologico che essi davano del sentimento come fondamento del comportamento morale. Certo, afferma Kant, è apprezzabile il sentimento che ispira al bene un animo nobile ma questa buona predisposizione é volubile e incerta: occorre invece condurre un'indagine razionale che porti basare la morale non su buone inclinazioni, su un sentimento del bene che può esserci o mancare, ma su un rigoroso senso del dovere.

Il sentimento, secondo Kant, è una forma affettiva riconducibile unicamente all'intimità del soggetto in quanto soggetto senziente cioè esso è «una sensazione riferita unicamente al soggetto» [13] e come tale essa è una facoltà autonoma dell'uomo che può essere oggetto, come l'intelletto e la volontà, dell'analisi razionale condotta nella Critica del giudizio. Qui si descrivono quelli che Kant chiama "giudizi riflettenti" che si fondano sul sentimento del bello e del "sublime" e, poiché questi non si basano sulla percezione sensibile delle cose esterne ma sul modo soggettivo di come queste vengono da noi valutate, [14] essi rientrano nell'ambito di quell'estetica che Kant connette alla nostra moralità: per questo egli parla di un "sentimento morale", anche se il sentimento di per sè si riferisce sempre alla sensibilità che per principio non può rientrare con la sua materialità nell'ambito della morale autonoma, che ha il fondamento di sé in se stessa. Il sentimento morale kantiano è dunque rappresentato dal «rispetto di sè» inteso come conseguenza dell'azione compiuta in obbedienza alla legge morale. [15]

Il sentimento nel romanticismo [modifica]
Nell'età romantica il sentimento diventa la facoltà di cogliere l'infinito sia in senso lirico (Friedrich Schlegel, Friedrich Hölderlin) che religioso: «La religione è sentimento e gusto dell'infinito» [16] Il sentimento dell'infinito si coglie nella poesia, prima forma del desiderio dell'uomo di conquistare quell'infinito che è Dio.

« Per il vero poeta, tutto questo, per quanto la sua anima lo possa cordialmente abbracciare, è solo accenno a ciò che è più alto e infinito, geroglifico dell’unico eterno amore e della sacra pienezza di vita della natura creatrice. [17] »


In ciò il sentimento va distinto dal sentimentalismo, un piagnucoloso ripiegamento su se stesso di chi si compiace della propria fragilità fondata su «quei familiari generosi sentimenti nei quali uomini senza carattere si sentono così felici e grati.» [18]

Il sentimento viene visto da Schelling per un verso come una particolare intuitiva dote dell'artista e del genio, assolutamente libera e potenziatrice della loro naturale ispirazione e creatività [19] ma per un altro come una negativa e malefica affezione spirituale che consuma l'uomo che vi si abbandona. [20]

Secondo Hegel invece solo la funzione mediatrice della ragione è capace di cogliere il vero mentre gli strumenti "immediati" come l'intuizione, il sentimento e la fede, vengono messi da parte come "romantiche fantasticherie". [21] [22]

La rivalutazione del sentimento, nell'ambito antihegeliano, è in Schopenhauer che attribuisce al sentimento della pietà una funzione etica[23] e in successivi autori che ,in funzione antipositivista, contrappongono i valori della soggettività, dell'interiorità sentimentale alla esaltata funzione dell'oggettività scientifica. Per Henri Bergson solo il sentimento è in grado di attingere, al di là delle astratti schemi della realtà prodotti dall'intelletto scientifico, la vera essenza della realtà [24]

Interessato all'analisi del sentimento in senso naturalistico e metafisico è anche il pensiero di Alfred North Whitehead che scopre nel feeling la possibilità della soluzione di ogni dualismo soggetto-oggetto, spirito-natura, qualità-quantità. [25]

Il sentimento nella prospettiva fenomenologica-esistenziale [modifica]
Husserl per primo tenta una spiegazione dell'intersoggettività, ossia della condivisione di stati soggettivi da parte di due o più persone, basandola sul sentimento [26], che egli definisce come «intuizione simpatetica» [27]

Max Scheler introduce per primo nella definizione del sentimento il confronto con l'emozione chiarendo come questa si risolva nel fenomeno stesso mentre il primo esprime un contenuto intenzionale del soggetto che reagisce allo stato emotivo che attraversa e nello stesso tempo istituisce quei valori che danno un significato universale alla vita. «I valori ci sono immediatamente dati nella percezione affettiva.» [28]

Nell'esistenzialismo è soprattutto Søren Kierkegaard ad approfondire il concetto di sentimento ripreso da Heidegger che ritiene «la situazione emotiva» un aspetto essenziale dell'esistenza umana che con il sentimento dell'angoscia, d'origine kierkegaardiana, conosce il nulla e anticipa la morte. [29]

Si rifà a questi temi la tematica letteraria-filosofica di Jean Paul Sartre che nel sentimento della "nausea" scopre la mancanza di significato e l'assurdità dell'esistenza umana.
127 di 9430 - 07/12/2010 23:56
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
Disagio


Il disagio è la situazione di difficoltà per un soggetto nel sentirsi bene con sé stesso e/o con gli altri.

Il disagio può essere personale e quindi con riferimento alla condizione di malessere in relazione alla sfera personale, oppure sociale e riferito alla propria condizione di malessere in relazione alla società circostante. Il disagio sociale di un individuo è la diretta conseguenza di un disagio personale non tempestivamente curato.

Il disagio può anche non necessariamente essere riconducibile ad uno specifico problema. Molte volte le cause sono numerose, concatenate o complesse e difficilmente identificabili. Molte persone soffrono di disagio senza conoscerne i motivi e senza avere dei problemi specifici.


Alcuni sostengono che il disagio possa essere la conseguenza di squilibri interiori legati ai principali punti energetici chakra.

La letteratura scientifica, di tipo psicologico e pedagogico, sottolinea come il termine ricorrente di “disagio” sia estremamente complesso e variegato: termine contenitore, si riferisce ad una ampia gamma di problematiche, spesso differenti tra loro e non sovrapponibili.


Un individuo può esprimere il proprio disagio sotto molteplici sfaccettature, attraverso comportamenti ed atteggiamenti più o meno esternati.


Il disagio assume una specificità a seconda della causa maggiore o del problema che lo ha scatenato, del tipo di persona che coinvolge o dell’ambiente o contesto in cui si sviluppa. Talune forme di disagio si integrano con altre delineando un nuovo disagio specifico.

Alcuini esempi specifici del disagio sono:

disagio sociale, disagio minorile, disagio scolastico, disagio personale, disagio indefinito, disagio economico, disagio familiare, disagio giovanile, disagio politico, disagio esistenziale, disagio psichico, disagio fisico, disagio psicologico, disagio neuropsicofisico, disagio lavorativo, disagio integrazionale, disagio emotivo, disagio empatico, disagio sportivo, disagio coercitivo, disagio sessuale, disagio mentale, disagio redentivo, disagio dipendenza, disagio patologico, disagio linguistico, disagio domestico, disagio razziale, disagio nazionale, disagio occupazionale, disagio generico, disagio chakra, disagio culturale, disagio abitativo, disagio bioclimatico, disagio redentore, disagio infantile, disagio adolescenziale, disagio tecnologico e molte altre nuove forme di disagio

128 di 9430 - 08/12/2010 00:11
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130 di 9430 - 08/12/2010 08:06
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
Odio (sentimento)
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ideogramma cinese che rappresenta l'odio
L'odio è un sentimento umano che si esprime in una forte avversione o una profonda antipatia. Lo distingue da questi ultimi la volontà di distruggere l'oggetto odiato, e la percezione della sostanziale "giustizia" di questa distruzione: chi odia sente che è giusto, al di là di leggi e imperativi morali, distruggere ciò che odia. Si parla di "oggetto" odiato anche nel caso di odio verso persone, perché queste non vengono considerate propri simili, esseri umani come chi odia, ma appunto oggetti invece che soggetti.

In misura ulteriore rispetto all'innata capacità di provare sentimenti negativi nei confronti di un'altra persona, il termine odio viene usato in senso figurato per riferirsi alla forma più estrema di rifiuto verso cose o persone. A differenza dell'amore, l'odio non è necessariamente preceduto dalla volontà d'espressione: può, infatti, essere causato per costrizione, proprio malgrado.

Viene inoltre considerato comunemente in contrapposizione all'amore; di fatto i due sentimenti possono essere accostati per l'intensità e l'impeto. Dal punto di vista emozionale l'odio è tuttavia il sentimento opposto all'insensibilità nei rapporti umani, più propriamente detta indifferenza.




Indice [nascondi]
1 Tipologie di odio
2 L'odio secondo Fromm
2.1 Odio reattivo
2.2 Odio determinato dal carattere
3 il ruolo dell'odio nelle società
4 Riferimenti e note
5 Voci correlate
6 Altri progetti


Tipologie di odio [modifica]
Esistono diverse forme di odio, alcune tra le più controverse e dibattute sono:

Misoginia (odio verso il genere femminile), misandria (odio verso il genere maschile), misantropia (odio della razza umana)
Odio nei confronti di una nazione, fede religiosa e odio verso razze ed etnie.
L'odio secondo Fromm [modifica]
Erich Fromm nel suo libro Die Antwort der Liebe distingue due tipologie di odio, l'odio reattivo e l'odio determinato dal carattere. Egli crede che l'umanità sia pronta all'odio anziché all'amore; da qui il fatto che l'uomo riesce più ad odiare che ad amare.

Odio reattivo [modifica]
Questo tipo di odio è, secondo Erich Fromm, sempre il risultato di una profonda ferita o di una situazione dolorosa e immutabile di fronte alla quale ci si sente impotenti.

Odio determinato dal carattere [modifica]
Questa tipologia, pur avendo le stesse caratteristiche dell'odio reattivo, riconfigura la struttura caratteriale di colui che odia. L'odio è in questo caso una peculiarità del carattere, a differenza dell'odio reattivo in cui l'odio è espressione del mero sentimento in se stessi. La differenza principale rispetto all'odio reattivo risiede nella predisposizione di una persona ad odiare, ad essere ostile. Nel caso dell'odio reattivo, è la situazione a generare il sentimento di odio, mentre nell'odio determinato dal carattere l'ostilità della persona viene risvegliata attraverso una situazione. La persona in questo caso mostrerebbe un particolare tipo di soddisfacimento nell'odio, particolarità che non è presente invece nell'odio reattivo.

il ruolo dell'odio nelle società [modifica]
Che il sentimento di odio sia una cosa a priori negativa non è una cosa così scontata come all'apparenza potrebbe sembrare. Nelle dinamiche della formazione dell' "unità" ideologica di un paese è spesso fondamentale. Da sempre una civiltà, società, o gruppo di qualsiasi genere e natura, ha trovato nel nemico comune il "cemento" delle proprie relazioni. Basti guardare come quasi tutte le civiltà abbiano un nemico storico, come le popolazioni arabe di cui si sente spesso parlare. Secondo Umberto Eco , sarebbe questa una delle cause della bassa unità dell' Italia: l'assenza di una civiltà nemica comune storica.

131 di 9430 - 08/12/2010 08:08
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
Antipatia
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L'antipatia è una forma più o meno intensa di avversione contro cose e/o persone, è il contrario della simpatia.

Etimologia [modifica]
Il termine antipatia deriva dal latino antipathia e dal greco pathos ("passione contro qualcuno").

Le cause possibili [modifica]
L'antipatia può nascere da cause interne all'individuo o esterne, può essere individuale o collettiva, può risultare momentanea o duratura.

Uno dei fondamenti della psicologia sociale è costituito dal concetto di atteggiamento, che si riferisce all'insieme di predisposizioni, sentimenti, opinioni e informazioni sulle persone e sulle cose che gli individui incontrano sul loro cammino quotidiano. In effetti, un modello proposto da vari ricercatori, tra i quali Theodore Isaac Rubin, definisce un atteggiamento come il raggruppamento di una componente cognitiva, di una affettiva e infine da una conativa (le intenzioni nei confronti dell'oggetto)[1].

L'antipatia si evidenzia, non solo con l'uso di gesti o di linguaggi platealmente offensivi, ma anche attraverso i comportamenti non verbali, come gli sguardi, l'orientamento del corpo e così via[2] e viene prodotta, spesso da fattori superficiali, come abbigliamento, gestualità, difetti fisici, maniere personali che evidentemente colpiscono negativamente l'individuo[3], ma anche da macro fattori come lo stile di vita, le pratiche religiose, le scelte politiche, il tipo di alimentazione[4].

È possibile che si provi antipatia verso qualcuno o qualcosa ritenuto portatore di esperienze negative o comunque che in passato non ci abbia fornito ricompense o rinforzi positivi[5], oltre alle persone che non elaborano idee e pensieri come i nostri e attuano comportamenti diversi[6].

Possono risultare antipatici gli individui per alcune caratteristiche come la scarsa amichevolezza, quelli che si confidano troppo poco, ma anche quelli che si confidano eccessivamente[7].

Alcuni studi confermano che maggiore è la distanza fisica fra due persone o maggiore è il grado di cattiva e scarsa informazione o popolarità su qualcuno o qualcosa, maggiore è la probabilità di provare avversione[8].

È più facile provare antipatia nei confronti di qualcuno o qualcosa, se il luogo d'incontro è stato tutt'altro che piacevole (ad esempio rumoroso o insidioso)[9].

132 di 9430 - 08/12/2010 08:14
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
Amore
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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati di amore, vedi Amore (disambigua).
Un cuore rosso, simbolo dell'amoreL'amore è un sentimento intenso e profondo, di affetto, simpatia ed adesione, rivolto verso una persona, un animale, un oggetto, o verso un concetto, un ideale.

Indice [nascondi]
1 In italiano
2 In altre lingue
3 Psicologia
3.1 Disturbi e patologie amorose
4 Filosofia
4.1 Nella filosofia moderna
4.2 L'amore quale principio di responsabilità
5 Religione
5.1 Cristianesimo
5.2 Buddhismo
5.3 Induismo
5.4 Ebraismo
5.5 Altre culture e divinità
6 Arte
7 Note
8 Bibliografia
9 Voci correlate
10 Altri progetti
11 Collegamenti esterni


In italiano [modifica]
L'amore "romantico" ha un significato, o almeno un significato preciso; quando l'amore fra due esseri umani assume caratteristiche riconducibili al romanticismo (struggimento, comunione, affetto, passione anche fisica), questo viene definito amore romantico, per distinguerlo dal sentimento d'affetto verso i membri di una famiglia o verso altri esseri umani, o anche tra esseri umani e animali domestici. Il termine amore viene anche utilizzato per definire l'intensa passione per qualcosa (un'attività, un oggetto), o come forma di dedizione totalizzante a un ideale, per es. spirituale o religioso.

Il gesto della condivisione disinteressata di qualcosa di proprio con un altro, è solitamente inteso come un gesto d'amore.

Il dibattito sul significato di amore nella lingua italiana è ampio, il termine racchiuderebbe comunemente le seguenti sfaccettature:

amore familiare, verso i familiari o i parenti
amore per gli amici
amore per se stessi
amore romantico
amore sessuale (considerato da alcuni più un istinto che una vera e propria forma d'amore)
amore platonico, amore romantico verso qualcosa o qualcuno in cui un eventuale coinvolgimento fisico è solo un mezzo per raggiungere l'amore spirituale
amore caritatevole (detto anche bontà o misericordia), aiutare i bisognosi, gli affamati, gli animali feriti
amore ideale, per qualcosa di astratto o inanimato, come un'idea o un obiettivo
amore politico o sociale, per i propri principi, la propria nazione o patria, la propria dignità, il proprio onore e l'indipendenza
amore di fede verso qualche essere divino o Dio (detto anche devozione)
In altre lingue [modifica]
Nel greco antico i termini utilizzati per definire i vari sensi con cui attualmente si usa la parola "amore" sono maggiori e perciò più precisi, rispetto che in molte lingue moderne.

ideogramma cinese tradizionale/giapponese per amore (愛) consiste in un cuore (centrale) all'interno di "accetta," "tatto" o "percepire", ciò mostra un'emozione graziosa.Agape (αγάπη) è amore di ragione, incondizionato, anche non ricambiato, spesso con riferimenti religiosi: è la parola usata nei vangeli.
Philia (φιλία) è l'amore di affetto e piacere, di cui ci si aspetta un ritorno, ad esempio tra amici.
Eros (έρως) definisce l'amore sessuale.
Anteros (αντέρως) è l'amore corrisposto.
Himeros è la passione del momento, il desiderio fisico presente ed immediato che chiede di essere soddisfatto.
Pothos è il desiderio verso cui tendiamo, ciò che sogniamo.
Stοrge (στοργή) è l'amore d’appartenenza, ad esempio tra parenti e consanguinei.
Thelema (θέλημα) è il piacere di fare qualcosa, il desiderio voler fare.
Anche nel greco antico non è comunque possibile tenere i vari sensi ben separati e così troviamo agape talvolta con lo stesso significato di eros, e il verbo agapao con lo stesso significato di phileo (come nell'antico testo greco della Bibbia).

L'ebraico contiene la parola ahava per "affetto" e "favore", ma la più importante è la parola khesed che combina i concetti di "affetto" e "compassione" e viene talvolta tradotta con "tenerezza".

Psicologia [modifica]
Pur essendoci dei caratteri comuni, la maggior parte delle reazioni o delle pulsioni amorose sono soggettive e variano da individuo a individuo; tuttavia ci sarebbero, secondo la maggior parte degli psicologi e degli scienziati, tre fasi principali nell'amore fra esseri umani: infatuazione o (Innamoramento), attrazione e attaccamento, composte da vari elementi e stadi.[1].

Generalmente, l'amore comincia nella fase dell'"infatuazione", forte nella passione ma debole negli altri elementi. Il primo sprone di questa fase sarebbe l'istinto sessuale. L'aspetto fisico, e altri fattori, giocherebbero infatti un ruolo decisivo nel selezionare possibili compagni o compagne. In questa fase l’amore è puramente materiale: si apprezza il/la compagno/a nella sua apparenza corporea, nella sua pura esteriorità. Quello che inizia con l'infatuazione può svilupparsi in uno dei tipi d'amore più pieni.

Con il passare del tempo gli altri elementi (affetto, attaccamento) possono crescere e la passione fisica può diminuire d'importanza, mantenendo però quell'equilibrio alla base della relazione. In questa fase, detta "attrazione", si giudica il partner al di là di come appare, si valutano diversi fattori come la sua cultura, i suoi valori. In questa fase, quindi, si apprezza il/la compagno/a nella sua pura interiorità.

Nella fase dell'"attaccamento", la persona si concentra sul singolo compagno e la fedeltà assume importanza. Ormai si apprezza il/la compagno/a in sé e per sé, in modo pieno e totale, forti delle due fasi precedenti ma ora consapevoli di tutto il proprio percorso interiore. Ora non si amano più caratteristiche determinate, siano esse materiali o spirituali, ma l’uomo/la donna in quanto tali.

Sebbene gli esseri umani non siano in genere sessualmente monogami, si ritiene tuttavia che siano emozionalmente monogami: possono amare (romanticamente) una sola persona alla volta. Quando una persona condivide con un'altra un amore per un lungo periodo di tempo, sviluppa un "attaccamento" sempre più forte verso l'altro individuo.

Per quanto riguarda l'eventuale presenza di figli, secondo recenti teorie scientifiche sull'amore, questa transizione dall'attrazione all'attaccamento avverrebbe in circa 30 mesi: il tempo di portare a termine una gravidanza e di curare la prima infanzia del bambino. Dopo questo periodo la passione diminuirebbe, cambiando l'amore da amore romantico a un semplice piacere nello stare insieme. Quest'ultima fase durerebbe dai 10 ai 15 anni: finché la prole ha raggiunto l'adolescenza o più tardi (con variazioni considerevoli da cultura a cultura).

Di solito una relazione che si basa su più fattori (affetto, attaccamento, stima, interessi comuni, attrazione sessuale) ha più possibilità di riuscita di una basata sulla sola attrazione sessuale. Questo "determinismo dell'amore", funzionale unicamente alla cura del bambino, è stato criticato da più parti, in particolare dai sostenitori dell'intelligenza emotiva.

L'amore e la paura di perdere la persona o la cosa amata, accompagnano spesso un sentimento di protezione e/o gelosia verso l'oggetto di tale sentimento. In taluni casi l'amore assume aspetti patologici, quando è la causa che impedisce la conduzione di una vita normale o l'elemento scatenante di un attaccamento morboso.

Disturbi e patologie amorose [modifica]
« Ma l'amore, per me, non è nient'altro che un materasso d'aghi su cui dare da bere a queste femmine crudeli »
(Charles Baudelaire)

Accanto all’aspetto più sano dell’amore, esistono numerose varianti legate a patologie particolari che possono condurre a stati di sofferenza e gravi crisi di depressione. Nel libro Pazzi d’amore, Frank Tallis riporta gli studi della psicologa Dorothy Tennov intorno al fenomeno della Limerence. La Limerence sarebbe lo stato ossessivo, l’idealizzazione irrazionale e l’intenso desiderio di essere ricambiati. Gli individui colpiti da Limerence sono costantemente attratti da partner sbagliati, soffrono amori non corrisposti e sono incapaci di imparare dalle loro esperienze. Ne deriva un senso di angoscia emotiva e un grave senso di inutilità che accompagna la persona nel corso della vita. Questo senso di inutilità può emergere anche in un’altra forma particolare d’amore, erroneamente scambiata per semplice infedeltà. In questo caso, il soggetto può anche essere felicemente corrisposto ma è incapace di provare vero affetto per il partner. Innamorato dell’amore, egli si limita ad amare la sensazione dell’innamoramento suscitata dal partner, evitando di entrare nella fase matura della relazione di coppia, ossia quella che dall’infatuazione iniziale si dovrebbe trasformare - col passare del tempo - in vero amore. La relazione è dunque destinata ad esaurirsi prima che la stessa cominci ad assumere un autentico significato e la responsabilità di gestire una relazione duratura.
Altre forme patologiche d’amore possono essere date da fenomeni legati all’ambiguità dell’orientamento sessuale e dal forte desiderio di identificare il partner con le figure genitoriali. Entrambi questi casi hanno origine da evidenti disturbi infantili che influiscono costantemente sul carattere dell’individuo. Questo sarà dunque portato alla scelta di partner relativamente anziani in cui il fattore ideale prevale sul fattore sessuale. Un’altra, infatti, tra le forme patologiche dell'amore, risulta essere la frigidità, dove il soggetto - pur nutrendo impulsi sessuali normali e addirittura simulando atteggiamenti disinvolti - è incapace di trasferirli nella realtà fisica del rapporto sessuale.

Filosofia [modifica]
Per quanto in generale il concetto di amore non sia uno dei più frequentati dalla filosofia, esso riveste un'importanza notevole nella storia di essa. Il primo pensatore a porre esplicitamente il concetto è Empedocle, nel suo vedere il divenire determinato dalla dialettica amore/odio, visti come fattori cosmologici primari.

Platone trasferisce invece il concetto dalla cosmologia alla metafisica, come aspirazione e tensione verso il divino Bene da cui dipendono le Idee come suoi attributi. Questo mondo divino (iperuranio) come mondo delle Idee è l'oggetto cognitivo delle'anime individuali, frammenti dell'Anima del mondo scesi nell'umano.

Questa impostazione si coniuga poi con la teologia cristiana, trovandovi rispondenza e riformulazione, avendo nel platonico Agostino di Tagaste il suo estensore, ma con una inversione di direzione, poiché se in Platone l'amore è movimento dall'uomo a Dio, per Sant'Agostino è da Dio all'uomo.
In Spinoza l'amore torna ad essere movimento "verso Dio", come unità-totalità perfetta e compiuta, da parte delle menti umane quali parti "pensanti" verso Dio quale suprema "Cosa Pensante".

Nella filosofia moderna [modifica]
Il concetto di amore è stato affrontato in modo particolare in filosofia dal 1700 ad oggi.

Schopenhauer definisce la compassione essenza di ogni amore e solidarietà, amore e solidarietà che si spiegano alla luce del dolore della vita. (Die welt, 1, par. 66-67).

Adamo Smith nella Theory of Moral Sentiments (III, 1) pone la compassione come struttura di tutti i sentimenti morali.

Hegel sostiene che l'amore supera il diritto, è qualcosa che va oltre ed è più importante. È pertanto auspicabile uno Stato, società e famiglia centrate sull'amore piuttosto che sulle leggi. L'amore non ha i confini del diritto, fatto di opposizioni e bilanciamenti tra poteri e continue distinzioni; l’amore è antitesi a tutte le opposizioni e a tutte le molteplicità. È nell'essere la rinuncia a sè stessi per un altro che porta all'identificazione del soggetto in un’altra persona, e, ugualmente nel pensiero, al fatto che il soggetto perde la coscienza di sè e diventa cosciente di questa identità, di essere tutt'uno e di non poter vivere senza l'altro:

« L’amore esprime in generale la coscienza della mia unità con l’altro, per cui io, per me, non sono un isolato, ma la mia autocoscienza si afferma solo come rinuncia al mio essere per sé e come unità di me con l’altro »
(Filosofia del diritto, pag. 158)
« La vera essenza dell’amore consiste nell’abbandonare la coscienza di sé, nell’obliarsi in un altro se stesso e tuttavia nel ritrovarsi e possedersi veramente in quest’oblio. Quindi è identificazione del soggetto in un’altra persona, è il sentimento per cui due esseri esistono solo in una unità perfetta e pongono in questa identità tutta la loro anima e il mondo intero »
(Lezioni d'estetica)

Dopo l'opposizione, l'amore è sintesi tra due persone. Realizza un'identità non in senso stretto (con perdita della diversità) nell'essere e nella coscienza, ma un'identità dell'identico e del diverso, in cui il soggetto e la mia coscienza non muoiono, restando come tolte. Il soggetto è consapevole, in modo permanente, avverte in continuazione, la nuova unità con la persona amata.

L'amore quale principio di responsabilità [modifica]
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L'amore è il grande escluso delle analisi filosofiche e psicologiche che si occupano del comportamento umano. In parte perché il termine stesso è inflazionato o contaminato da molteplici significati. Ma che parola dovremmo usare per definire quel sentimento di forte empatia che vuole il bene dell'altro senza anteporre il proprio? Se escludiamo tutti gli altri significati, questo sentimento è la ragione principe del comportamento morale per molte persone. Solo chi non lo vive può non tenerne conto nel fare e nel valutare leggi che devono regolamentare il comportamento umano nella società. La paura delle conseguenze del proprio agire è fondamentale solo per chi non ama nel senso testé definito. La mera paura delle conseguenze del proprio agire è già di per sé il segno di un handicap morale. I deterrenti non possono costituire l’unica forma di educazione morale nella società. Se uno crede di essere nel giusto non ha paura delle conseguenze; al limite, se ne guarda, per comprensibili ragioni di opportunità. Ma un Gandhi non sarebbe stato possibile se nell'animo umano l'ultima frontiera dell'agire morale fosse la paura. Allo stesso modo, i kamikaze non possono essere fermati con meri strumenti polizieschi. Non possiamo dunque contare solo sui freni inibitori della paura. La stessa presenza di un superego è un handicap morale, perché l'amore non è, da esso, soltanto diminuito, o indebolito, è addirittura sostituito con valori che antepongono l’Io all’Altro, valori che non hanno in sé nulla di morale, di autoresponsabile. Anche se può sembrare più rassicurante, per la sua prudenza programmata e per la sua incapacità di azzardo, un pilota automatico, senza la supervisione di un pilota reale, è un azzardo puro e semplice. La capacità di agire nella realtà esige la libertà e la responsabilità.

Religione [modifica]
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Le varie religioni hanno in comune il fatto di accompagnare il sentimento dell'amore con un senso di trascendenza verso il sovrannaturale.

Cristianesimo [modifica]
L'amore per il Cristianesimo è il punto focale, essendo il concetto di amore, inteso in senso odierno, esclusivamente cristiano. Nel cristianesimo l'amore di Dio è la somma benevolenza del Signore verso le creature terrene. Secondo quanto riportato dalla Prima lettera di Giovanni (4,16), Dio stesso è Amore. L'Amore di Dio, secondo il Cristianesimo, è in particolare Amore Misericordioso.

Per i cristiani ogni gesto di Dio (creazione, redenzione dopo il peccato originale, provvidenza verso le sue creature), è compiuto per amore. S.Paolo nella Lettera agli Efesini (2,4-5) afferma che Dio "per il grande amore, con il quale ci ha amati, ci ha fatto rivivere in Cristo". Per il credente, l'evento centrale del Cristianesimo, cioè la morte e resurrezione di Gesù, è proprio una prova dell'amore di Dio.

L'amore venne definito da Dio una delle più importanti caratteristiche per poter vivere. Scrive Paolo, nella Prima lettera ai Corinzi:

« L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invidia; l'amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non addebita il male, non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L'amore non verrà mai meno. » (1cor 13:4-10)

Nella versione della Sacra Bibbia della CEI, Conferenza Episcopale Italiana, al posto della parola amore viene posta la parola carità. I cristiani credono che l'amore per Dio e quello per il prossimo siano due degli aspetti più importanti nella vita, quelli che le danno senso (i due comandamenti che riassumono gli altri) e dai quali deriva ogni altra norma morale. Questo è scritto nel Vangelo di Marco 12,28-34. Agostino (Santo per i cattolici) ha riassunto ciò nell'espressione "Ama Dio e fa' ciò che vuoi". Per Agostino:

« Pondus meum amor meus, eo feror quocumque feror ("Il mio peso è il mio amore; esso mi porta dovunque mi porto. ") »
(Confessioni 13, 9, 10)

Per il cristiano, l'amare Dio implica ovviamente l'obbedienza alla Sua volontà in vista di un sommo bene: la pace e l'amicizia con Dio e con gli uomini (v. beatitudine) e questa obbedienza verso Dio coincide inoltre con il "vero bene dell'Uomo", sia come singolo, sia come comunità, costituendo la base dell'adesione al messaggio evangelico.

Molti teologi cristiani[senza fonte] ritengono che l'amore degli uomini per le altre creature (e per Dio stesso) sia derivato direttamente da quello di Dio e che da esso derivi inoltre l'amore per tutto il creato. Secondo il Vangelo di Giovanni gli uomini amano il prossimo in Dio e Dio nel prossimo. In ogni essere umano c'è la presenza viva di Dio (in quanto creato a Sua immagine) che spinge chi Lo ama ad amare inevitabilmente ogni uomo. Nel Vangelo di Matteo (Parabola del Giudizio Universale 25,31-46), Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, afferma che tutto ciò che è stato fatto o che non è stato fatto ad un fratello più "piccolo" (cioè ad un essere umano) è stato o non è stato fatto a lui. Gesù afferma anche che l'impulso l'amore del prossimo debbono essere universali, senza discriminazioni tra persone buone e cattive (5,38-48, 6,27-35), pur nella difficoltà che ciò può richiedere (10,16-18. Per Tommaso d'Aquino l'amore è dono, gratuità e fedeltà.

Secondo papa Benedetto XVI, nella sua prima Enciclica (Deus caritas est), interamente dedicata all'amore cristiano, l'amore cristiano è per i cattolici unione di eros e agape, cioè di passione e sentimento (carità), diretto verso Dio e verso i fratelli. Eros senza agape sarebbe puro istinto sessuale, agape senza eros toglierebbe alla carità quella spinta impulsiva di carità verso gli altri.

Comunque nella religione cristiana, l'amore ha una grande importanza, in quanto è anche il fondamento di uno dei sette sacramenti: il matrimonio; a tal proposito Gesù, commentando i testi della Genesi relativi all'unione fra un uomo e una donna, disse anche: "Quello dunque che Dio ha unito, l'uomo non separi" (19,3-12), riferendosi all'adulterio e al divorzio, che costituiscono un ripudio dell'amore e della persona amata (5,27-28 e 5,31-32).

L'amore cristiano si manifesta intensamente nel perdono dei torti e dei peccati, e per questo si parla in particolare di Amore Misericordioso: Dio dona gratuitamente il perdono dei peccati all'uomo che vuole pentirsi dei propri errori e con Lui si riconcilia; l'uomo, a sua volta, perdona di cuore i propri fratelli (gli altri uomini) ogni volta che subisce un torto, qualunque sia la sua gravità o la sua frequenza (facendo talvolta ricorso alla preghiera per ricevere da Dio l'aiuto, gratuito, della capacità di perdonare torti apparentemente imperdonabili) (6,14-15, 18,21-35).

Esemplare è infine la parabola del buon Samaritano (Vangelo di Matteo, 5, 44 e Luca, 10, 29-40).

Buddhismo [modifica]
La definizione di "amore" nel buddhismo è il volere che gli altri siano felici. Questo amore è incondizionato e richiede molto coraggio e accettazione, sia degli altri che di sé. Il nemico dell'amore vero è qualcosa che può sembrargli simile ma è invece il suo opposto: l'attaccamento, che deriva dall'amore di sé inteso come preoccupazione per il proprio benessere. L'amore nel buddhismo è perciò qualcosa di molto differente da quello che s'intende comunemente in italiano (attaccamento, relazione e sesso), che quasi sempre richiede un certo amor proprio. Nel buddhismo si riferisce al distacco e alla cura del benessere degli altri senza alcun interesse verso se stessi.

Induismo [modifica]
Nell'induismo l'amore ed il piacere sensuale (Kama, personificato dal dio Kamadeva) è desiderio naturale, dono della divinità, e rappresenta uno dei quattro scopi della vita (purushārtha).
In contrasto con il kāma, prema, o "prem" è l'amore elevato, spirituale, divino.
Con il termine bhakti si intende invece la devozione amorosa nei confronti di Dio. La bhakti nel Bhagavata Purana e nelle Tulsidas viene distinta in nove forme di devozione. Il libretto Narada bhakti sutra scritto da un autore sconosciuto, ne distingue invece undici forme.

Ebraismo [modifica]
L'ebraismo impiega una vasta definizione d'amore, sia tra le persone che tra l'uomo e il Signore.

Come per il Vangelo di Marco, la Torah (Pentateuco) dice "ama il prossimo tuo come te stesso" (Levitico 19.18). Un individuo deve amare il Signore "con tutto il tuo cuore, tutta la tua anima, tutti i tuoi possedimenti" (Deuteronomio), 6.5.

La letteratura rabbinica differisce su come l'amore possa esser sviluppato, e su come contemplare i beni divini e le meraviglie della natura. L'amore coniugale è considerato un elemento essenziale per la vita: "guarda la vita con la moglie che tu ami" (Ecclesiaste 9.9). Il testo biblico del Cantico dei Cantici è considerato una metafora romantica dell'amore di Dio verso il suo popolo. Il rabbino Eliyahu Eliezer Dessler è invece noto per aver definito l'amore secondo la concezione ebraica come "dare senza aspettarsi di ricevere".

L'amore romantico di per sé ha poche citazioni nella letteratura ebraica, sebbene il rabbino medievale Judah Halevi scrisse poesie romantiche in arabo durante la giovinezza.

Altre culture e divinità [modifica]
Varie culture hanno divinizzato l'amore, sia nella forma maschile che in quella femminile. Questa è una lista di dei e dee dell'amore in mitologie differenti.

Cupido o Amore: dio della mitologia romana.
Venere: dea della mitologia romana.
Afrodite: dea della mitologia greca.
Eros: dio della mitologia greca.
Freyja: dea della mitologia norrena.
Kama: dio dell'induismo.
Xochipilli: dio della mitologia azteca.
134 di 9430 - 08/12/2010 08:17
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
casso ma sei già in mano con le rose al mattino presto...
Dimmi da dove le cogli....
135 di 9430 - 08/12/2010 08:23
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
Preparati perchè ho appeso il ciuccio al chiodo,e mò son cassi tuoi...
ferroluceciuccio1.jpg
136 di 9430 - 08/12/2010 08:28
protomega N° messaggi: 23994 - Iscritto da: 02/3/2007
Immacolata Concezione
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Immacolata Concezione


Festa religiosa
Data 8 dicembre
Periodo {{{periodo}}}
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Religione Cristiana cattolica
Avvenimento celebrato Concepimento di Maria
Festività correlate
Tradizioni
Tradizioni religiose
Tradizioni profane
Tradizioni culinarie
Data d'istituzione 8 dicembre 1854
Chiamata anche
L'Immacolata Concezione è un dogma cattolico, proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento.

La Chiesa cattolica celebra la solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria l'8 dicembre. Nella devozione cattolica l'Immacolata è collegata con le apparizioni di Lourdes (1858).

Indice [nascondi]
1 Storia del dogma
1.1 Fondamenti biblici
1.2 Il Protovangelo
1.3 Patristica
1.4 Teologia medievale
1.5 Le dispute del XIV secolo
1.6 Dottrina del magistero
2 Nella liturgia: Solennità dell'Immacolata Concezione
3 Nell'arte
4 Nella vita della Chiesa: devozione
4.1 Congregazioni religiose
4.2 Nomi di persona
4.3 Santuari e patronati
4.4 Manifestazioni religiose popolari
5 Note
6 Voci correlate
7 Altri progetti
8 Collegamenti esterni


Storia del dogma [modifica]
Fondamenti biblici [modifica]
Il Cattolicesimo vede in alcuni testi biblici non una prova, quanto un'avvisaglia di quella che sarà la dottrina del magistero. Bisogna ricordare che, secondo la teologia cattolica, la scrittura non è l'unica fonte della fede: anche la Tradizione della Chiesa è luogo teologico.[1]

Nell'Antico Testamento, il cosiddetto Protovangelo della salvezza presenta la donna (Eva) come prefigurazione di Maria:

« Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe
e la sua stirpe:
questa ti schiaccerà la testa
e tu le insidierai il calcagno » (Genesi 3,15)

Maria ponendosi al servizio di Dio, permette l'entrata del Salvatore nel mondo (Luca 1,38). Maria quindi, nella lettura tradizionale della Chiesa, partecipa, anche se in forma subordinata, alla vittoria di Cristo sul peccato.

Altre suggestioni veterotestamentarie del dogma sarebbero ravvisabili nel Cantico dei Cantici e nei Proverbi:

« Quando non esistevano gli abissi, io fui generata;
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua. » (Proverbi 8,24)
« Tutta bella tu sei, amica mia,
in te nessuna macchia » (Cantico 4,7)

Nel Nuovo Testamento il passo principale considerato dalla tradizione cattolica come conforme al dogma dell'Immacolata Concezione è il saluto rivolto dall'arcangelo Gabriele a Maria:

« Rallegrati, piena di grazia » (Luca 1,28)

Il Protovangelo [modifica]
L'apocrifo Protovangelo di Giacomo, composto nel II secolo, contiene (tra l'altro) in nuce l'idea che Maria fosse senza peccato. Il testo presenta l'infanzia di Maria (cc. 6-8) come estremamente pia, allevata nel tempio di Gerusalemme dai 3 ai 12 anni, dove "riceveva il vitto per mano di un angelo". Nonostante il Protovangelo, per la sua tardività e il suo stile agiografico e leggendario, difficilmente possa basarsi su fondati elementi storici, esso sembra rappresentare "una prima presa di coscienza intuitiva e mitica della santità perfetta e originale di Maria nella sua stessa concezione".[2]

Sulla base della narrazione del Protovangelo, la liturgia e la devozione della Chiesa greco orientale ha attribuito dall'antichità a Maria il titolo di Παναγία, Panaghìa, "tutta santa".

Patristica [modifica]
Francisco de Zurbarán, Immacolata ConcezioneSant'Agostino (354-430) è il primo teologo che parla della natura perfetta e speciale di Maria. Il suo pensiero va contestualizzato nella polemica anti-eretica che lo vide coinvolto: Pelagio e i suoi discepoli tendevano a ridimensionare il ruolo del peccato originale nella condotta morale dell'uomo, e Agostino rispose indicando l'umanità come una "massa dannata", concetto poi ripreso nella riflessione dei padri della Riforma, in particolare Calvino. Da questo pessimismo antropologico però Agostino dissocia Maria: "la pietà impone di riconoscere Maria senza peccato [...]. Per l'onore del Signore [...] Maria non entra assolutamente in questione quando si parla di peccati".[3]

In oriente sono diversi i padri greci che, come sant'Agostino, attrbuiscono una speciale natura a Maria. Proclo di Costantinopoli (m. 446-7) scrive che Maria "è il santuario dell'impeccabilità, il tempio santificato di Dio [...], il paradiso verdeggiante e incorruttibile".[4] Theoteknos di Livia (VII sec.) la definisce "tutta bella, pura e senza macchia [...] Nasce come i cherubini colei che è fatta di argilla pura e immacolata".[5] Andrea di Creta (m. 740) scrive che "il corpo della Vergine è una terra che Dio ha lavorato, la primizia della massa adamitica che è stata divinizzata nel Cristo, l'immagine del tutto somigliante della bellezza divina, l'argilla modellata dalle mani dell'artista divino".[6]

In occidente, secoli dopo Agostino, Pascasio Radberto (m. c.a 865) scrive che Maria "è stata esente da ogni peccato originale".[7] In seguito il benedettino inglese Eadmero (circa 1064-1124), commentando la diffusione della festa liturgica dell'Immacolata che era osteggiata da alcuni ecclesiastici, "mosso dall'affetto della pietà e della sincera devozione per la madre di Dio" si pronuncia per la concezione di Maria libera da ogni peccato: "Non poteva forse (Dio) conferire a un corpo umano [...] di restare libero da ogni puntura di spine, anche se fosse stato concepito in mezzo ai pungiglioni del peccato? È chiaro che lo poteva e lo voleva; se lo ha voluto lo ha fatto (potuit plane et voluit; si igitur voluit, fecit)".[8]

Teologia medievale [modifica]
Con la teologia scolastica medievale inizia la discussione sulle effettive modalità con cui descrivere teologicamente il concetto per cui Maria era senza peccato: i teologi precedenti, orientali e latini, sono concordi nell'affermarlo ma non entrano nel merito della ragione teologica, lasciando dunque la cosa come una sorta di eccezione ad hoc immotivata, lasciando in filigrana il contrasto col dogma della natura umana universalmente corrotta e con la redenzione universale operata da Cristo.

Anselmo di Canterbury (m. 1109) sostenne che Maria, concepita come tutti gli uomini nel peccato originale, fu anticipatamente redenta da Cristo, prima della nascita del Salvatore. La redenzione anticipata di Anselmo è sostanzialmente ripresa dai grandi teologi scolastici: Bernardo di Chiaravalle (m. 1153); Alessandro di Hales (m. 1245); Alberto Magno (m. 1280); Tommaso d'Aquino (m. 1274); Bonaventura (m. 1274).[9]

È solo con Duns Scoto (m. 1308), poi detto "Dottore dell'Immacolata", che prende forma il dogma come poi fissato da magistero: il teologo francescano sostiene non la "redenzione anticipata" di Anselmo e degli scolastici, ma la "redenzione preventiva" o "preservativa". Diversamente dai predecessori infatti non dice che Maria fu concepita nel peccato originale e poi redenta, ma che fu concepita senza peccato originale. Il suo ragionamento ribaltò i termini della questione: Maria non fu un'anomala eccezione (o un caso anticipato) all'opera redentiva di Cristo, ma la conseguenza della più perfetta ed efficace azione salvifica dell'unico mediatore. Scrive Scoto: "Cristo esercitò il più perfetto grado possibile di mediazione relativamente a una persona per la quale era mediatore. Ora, per nessuna persona esercitò un grado più eccellente che per Maria [...]. Ma ciò non sarebbe avvenuto se non avesse meritato di preservarla dal peccato originale".[10]

Nei secoli successivi i teologi cattolici furono sostanzialmente divisi sulla questione: a grandi linee, i domenicani sostenevano la redenzione anticipata degli scolastici ("macolisti"), mentre i francescani sostenevano la redenzione preventiva di Scoto ("immacolisti").




Le dispute del XIV secolo [modifica]
Nei primi decenni del XIV secolo le controversie si erano ormai accese.

Tra il 1320 e il 1321 ebbe luogo alla Sorbona una disputa tra uno dei discepoli di Scoto, Francesco de Mayronis (+1328), e il benedettino Pietro Roger, che sarebbe poi divenuto papa con il nome di Clemente VI (+1352). Gli animi si scaldavno tra chi difendeva Scoto e chi lo condannava di eresia.

Così un carmelitano, Giovanni Baconthorp (+1345), scriveva:

« La beata Vergine, in quanto figlia di Adamo, contrasse di fatto il peccato originale. (..) Aggiungo questo contro alcuni, si pensi a Scoto, il quale dice che la beata Vergine non contrasse il peccato originale (..); e contro l'opera dell'Aureolo. »
(Quodlibet, III, q. 12; Venetiis, 1527, f. 57vb)

Nel 1387 il domenicano Giovanni da Montesono (+1412) cominciò ad insegnare alla Sorbona che la tesi sull'Immacolata Concezione era nettamente contraria alla fede della Chiesa. Ciò diede vita ad una disputa con il francescano Andrea di Novocastro (+1380) e suscitò l'opera del suo confratello Giovanni Vidal, Defensorium Beatae Mariae Virginis Adversus Joannem de Montesono, che causò l'intervento di trenta teologi della Sorbona; costoro, dopo aver preso in considerazioni gli argomenti dei due maestri, giudicarono la tesi del domenicano «scandalosa, presuntuosa e offensiva», obbligandolo a ritrattare.

Ma né la condanna, né la minaccia di scomunica da parte di Pietro d'Orgemont, vescovo di Parigi, riuscirono a far ritrattare il Monzón, che, pur ricorrendo a papa Clemente VII (+1394), ottenne solo condanne.

In ogni caso, i trenta teologi parigini, che sostenevano come "possibile" l'opinione immacolatista, riconoscevano anche l'autorevolezza che si deve avere nei confronti della teologia dell'Aquinate. Questa prudente posizione cercava di tutelare la libertà di pensiero di fronte ad un argomento non ancora definito dalla Chiesa, ma contemporaneamente ammetteva l'importanza del pensiero di San Tommaso. In effetti, è da questo momento che l'Aquinate divenne il "maestro" degli avversari dell'Immacolata Concezione, e sembra anche che si possa far risalire a questo evento la nascita ufficiale della "scuola scotista dell'Immacolata"; ebbero cioè inizio le due correnti teologiche degli Scotisti e dei Tomisti.

Le discussioni continuarono nel 1400, inaugurando tra i teologi cattolici un periodo di discussioni tanto intense e durature da ispirare artisti del secolo successivo (come Sogliani, nel 1521; o Toschi, Portelli) per la rappresentazione di quadri allegorici nominati, appunto, Disputa sull'Immacolata Concezione. Nel 1566 il succitato Carlo Portelli dipinse una chiara Immacolata Concezione per ribadire il concetto teologico, che però non trovò conferma ufficiale per altri tre secoli.

Dottrina del magistero [modifica]
L'Immacolata di Bartolomé Esteban MurilloLungo i secoli la posizione del magistero è stata prudente: per quanto il chiaro e definitivo pronunciamento pontificio si ebbe solo nel 1854, furono diversi gli interventi a favore della posizione immacolista.

Papa Sisto IV (m. 1484) introdusse a Roma la festa liturgica della Concezione. Sul piano dogmatico non si pronunciò, ma con le bolle Cum Praeexcelsa (1477) e Grave Nimis (1482) proibì a macolisti e immacolisti di accusarsi vicendevolmente di eresia. Papa Alessandro VII emanò nel 1661 la bolla (che non ha l'autorevolezza e il significato teologico dell'enciclica) Sollicitudo, dove si dice a favore dell'Immacolata Concezione. Clemente XI nel 1708 rende universale la festa dell'Immacolata, già localmente celebrata a Roma e in altre zone della cristianità.

Nel 1848 Pio IX mostra l'intenzione di chiudere la questione in maniera autorevole e definitiva. Istituisce una commissione di teologi e una di cardinali, dalle quali però emerge il parere contrastante circa l'Immacolata. Anche Rosmini, pur ritenendola "moralmente sicura", sconsiglia di definirla dogmaticamente. Il Papa decide allora di valutare il parere collegiale dei vescovi, che nella tradizione cattolica ha valore magisteriale subordinato a quello pontificio, e lo fa con l'enciclica Ubi Primum del 1849. 546 dei 603 vescovi consultati si dichiarano a favore del dogma. Il Papa fa preparare la bozza dell'enciclica, che dopo 8 redazioni viene promulgata l'8 dicembre 1854 col nome Ineffabilis Deus.

Queste sono le parole che concludono l'enciclica e proclamano solennemente il dogma:[11][12][13]

(LA)
« [...] declaramus, pronuntiamus et definimus, doctrinam quae tenet beatissimam Virginem Mariam in primo instanti suae conceptionis fuisse singulari omnipotentis Dei gratia et privilegio, intuitu meritorum Christi Iesu Salvatoris humani generis, ab omni originalis culpae labe praeservatam immunem, esse a Deo revelatam atque idcirco ab omnibus fidelibus firmiter constanterque credendam. » (IT)
« [...] dichiariamo, affermiamo e definiamo la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per una grazia ed un privilegio singolare di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, è stata preservata intatta da ogni macchia del peccato originale, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certo ed immutabile per tutti i fedeli. »


Il dogma non afferma solamente che Maria è l'unica creatura ad essere nata priva del peccato originale - e ciò fin da nove mesi prima della sua nascita, e cioè dal momento del suo concepimento da parte dei genitori, Anna e Gioacchino - ma aggiunge altresì che Maria, in quanto ritenuta madre di Dio, per speciale privilegio non ha commesso nessun peccato, né mortale né veniale, in tutta la sua vita.

La dottrina attuale della Chiesa è che Dio conferisca l'anima alla persona umana non appena essa si forma, nel suo primissimo istante, e cioè al momento del concepimento[14]. La dottrina sull'Immacolata Concezione di Maria dà forza, nella visione cattolica, al pensiero della Chiesa sugli embrioni, ritenuti persone umane a tutti gli effetti, dotati di anima.

Il convincimento della Chiesa in ordine alla preservazione di Maria dalla macchia del peccato originale è relazionato a questa riflessione: non sarebbe stato "conveniente" che il Figlio di Dio si incarnasse nel grembo di una donna se questa non fosse stata perfettamente monda da qualsiasi peccato.

A differenza dell'apertura verso la dottrina dell'Assunzione, questo dogma non è concepito né condiviso in nessuna sua forma dalle altre confessioni cristiane (nemmeno dalla Chiesa ortodossa che però neppure lo nega),[15] in quanto non solo considerato in disaccordo con le Scritture e/o non supportato dalla Tradizione,[16] ma pure poiché introduce nella religione del Nazareno quel concetto di Bene preventivo su cui Pierre Bayle fonderà un'antiteodicea che ha condotto all'esito ateo ritenuto fin qui più convincente e dirompente.

Nella liturgia: Solennità dell'Immacolata Concezione [modifica]
Per sottolineare l'importanza del dogma la Chiesa cattolica celebra l'8 dicembre la solennità dell'Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria con la Messa Gaudens gaudebo. Questa festività era già celebrata in Oriente nel sec. VIII, e venne importata nell'Italia meridionale da monaci bizantini, propagandosi poi a tutto l'Occidente, soprattutto su iniziativa degli ordini religiosi benedettini e carmelitani. Fu inserita nel calendario della Chiesa universale da papa Alessandro VII con la bolla Sollicitudo omnium ecclesiarum dell'8 dicembre 1661.[17]

L'8 dicembre del 1857, papa Pio IX, inaugurò e benedisse a Roma , il monumento dell'Immacolata, detto di Piazza di Spagna, in realtà nell'adiacente Piazza Mignanelli.

Papa Pio XII, nel giorno dell'Immacolata Concezione, ha iniziato a inviare dei fiori come omaggio alla Vergine; il suo successore, papa Giovanni XXIII, nel 1958, uscì dal Vaticano e si recò personalmente in Piazza di Spagna, per deporre ai piedi della Vergine Maria un cesto di rose bianche, e successivamente fece visita alla basilica di Santa Maria Maggiore. Tale consuetudine è stata continuata anche dai papi successivi. Curiosamente Paolo VI nel 1974, per rispettare il divieto di circolazione automobilistica durante l'austerità, adoperò una carrozzella a cavalli, la botticella.

La visita in Piazza di Spagna prevede un momento di preghiera, quale espressione della devozione popolare. L'omaggio all'Immacolata prevede il gesto della presentazione dei fiori, la lettura di un brano della Sacra Scrittura e di un brano della Dottrina della Chiesa cattolica, preghiere litaniche e alcuni canti mariani, tra cui il Tota pulchra.

Nell'arte [modifica]
Il tema dell'Immacolata Concezione iniziò ad apparire in opere artistiche fin da quando si accese il dibattito, che vedeva schierati da una parte i Francescani e le ramificazioni dell'Ordine benedettino, legate al pensiero di sant'Anselmo e san Bonaventura, e dall'altra i domenicani, legati alla trattazione offerta da san Tommaso d'Aquino.

Inizialmente il tema veniva affrontato dagli artisti gotici in maniera "criptica", dove cioè si rimandava allo spettatore la conclusione, mettendo magari una serie di simboli e metafore facilmente decodificabili. Nel XV secolo le opere d'arte divennero più evidenti, propendendo per una o l'altra ipotesi, ben comprensibile dalla lettura di elementi che chiarivano l'intervento divino in tali episodi della vita di Anna e Gioacchino e dell'infanzia della Vergine. Più coraggiose furono le opere legate al tema della Disputa sull'Immacolata Concezione, dove gli artisti ritraevano, caso più unico che raro nell'arte sacra, il parere contrastante dei dottori della Chiesa: ne è un esempio la tavola agli Uffizi di Piero di Cosimo.

Con la Controriforma venne stabilita l'iconografia fissa legata al concetto dell'Immacolata, che sarà quella ratificata dal dogma.

Nella vita della Chiesa: devozione [modifica]
Congregazioni religiose [modifica]
A seguito della proclamazione del dogma, diverse congregazioni religiose hanno sottolineato fin dal loro nome una particolare devozione a Maria ricordata con il titolo di Immacolata:

Murillo, L'Immacolata Concezione Diego Velázquez, Immacolata ConcezioneAncelle della Beata Vergine Maria Immacolata;
Ancelle dell'Immacolata;
Ancelle di Maria Immacolata;
Canonici dell'Immacolata Concezione;
Carmelitani della Beata Vergine Maria Immacolata;
Concezioniste Francescane;
Figli della Beata Vergine Immacolata di Francia;
Figli dell'Immacolata Concezione;
Figli di Maria Immacolata;
Figli di Santa Maria Immacolata;
Figlie di Maria Immacolata di Guadalupe;
Fratelli dell'Immacolata Concezione di Maastricht;
Fratelli dell'Immacolata Concezione della Beata Maria Vergine;
Frati Francescani dell'Immacolata;
Missionari dell'Immacolata Concezione;
Missionari Oblati di Maria Immacolata;
Missionarie dell'Immacolata;
Piccole Ancelle dell'Immacolata Concezione;
Piccole Suore dell'Immacolata Concezione;
Religiose Concezioniste Missionarie dell'Insegnamento;
Religiose di Maria Immacolata (Claretiane);
Religiose di Maria Immacolata (di madre López y Vicuña);
Suore dell'Immacolata Concezione
Suore dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria;
Suore di Carità dell'Immacolata Concezione;
Suore Missionarie dell'Immacolata Regina della Pace;
Suore Missionarie di Maria Immacolata e di Santa Caterina da Siena;
Suore Orsoline di Maria Vergine Immacolata;
Suore Orsoline Figlie di Maria Immacolata;
Suore Penitenti Recollettine dell'Immacolata Concezione;
Suore Salesiane Missionarie di Maria Immacolata;
Suore Teatine dell'Immacolata Concezione di Maria Vergine;
Suore Vincenzine di Maria Immacolata.
Nomi di persona [modifica]
I nomi propri Immacolata e Concetta sottolineano la devozione a Maria Immacolata.

Santuari e patronati [modifica]
Sicilia
Bitonto
Fiumefreddo di Sicilia
Manifestazioni religiose popolari [modifica]
Si svolgono manifestazioni popolari di devozione all'Immacolata Concezione a:

Carmiano: Festa religiosa e civile, Cuccagna e gara degli asini.
Francavilla Fontana
Siracusa: La Festa dell' Immacolata. Con l'8 Dicembre si da il via alla festa della santa patrona Siracusa Santa Lucia
Oria festa religiosa d'antichissima tradizione, cui si collega l'esecuzione della Pastorale, marcia sinfonica locale scritta da un anonimo oritano del XVIII secolo.
Poggio Imperiale: La particolarità dei festeggiamenti di Poggio Imperiale sta nell'accensione di grandi falò nel percorso della processione
Atri
Guardiagrele
Caprafico (Chieti)
Norcia
Termini Imerese
Palermo
Catenanuova
Paratico: Sagra religiosa della Madona dei Pom
Santa Maria di Licodia
Cefalù
Taranto
Polistena
Torre del Greco
Carmagnola
Sant'Elia di Ravagnese (Reggio Calabria)
Sora
Sorico
139 di 9430 - 08/12/2010 08:35
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BIT:NPI 1.03 -4.6%
BIT:TMP 1.56 -4.3%
Ftse Mib
Euro vs United States Dollar
Rialzo (%)
BIT:WTWL24 0.47 17.8%
BIT:SCK 3.97 15.4%
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BIT:1SQ 70.46 10.0%
BIT:1CVAC 2.58 9.8%
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BIT:WS3D25 0.54 8.0%
BIT:WABTG 0.45 7.2%
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