Governo: in scadenza oltre 70 incarichi tra partecipate e ministeri (Stampa)
28 Dicembre 2022 - 11:01AM
MF Dow Jones (Italiano)
Chiusa la legge di Bilancio e rispettata la scadenza per
ottenere la terza rata del piano nazionale delle riforme, di qui a
primavera per la premier si apre la stagione delle nomine: almeno
settanta, per citare le più importanti. Per Meloni, prima donna e
primo leader della destra alla guida del governo, sarà uno stress
test di tenuta politica, dentro e fuori il palazzo.
Lo scrive La Stampa spiegando che la prima decisione delicata
per Giorgia Meloni riguarda il direttore generale del Tesoro, forse
il più importante dei funzionari dello Stato: la maggioranza chiede
all'unisono la rimozione di Alessandro Rivera, ma il ministro
Giancarlo Giorgetti gli fa scudo. A gennaio, allo scadere dei
novanta giorni previsti dalla legge sullo spoil system, si
conoscerà il suo destino. Il caso di Rivera è emblematico perché
fin qui a suo favore ha prevalso la difficoltà a trovare
un'alternativa valida. Gianni Letta, gran ciambellano di Berlusconi
e tessitore dei rapporti con il cosiddetto "deep State" non c'è
più. Fatta eccezione per il ministro della Difesa Guido Crosetto,
nella cerchia stretta della premier nessuno ha confidenza con le
elite dell'industria e della finanza.
L'unico nome fin qui circolato per la successione a Rivera è
quello di Antonino Turicchi, nel frattempo (e non a caso) scelto da
Giorgetti per la presidenza di Ita. «Se va in porto l'operazione di
vendita a Lufthansa, lo liberiamo in fretta», spiega un esponente
della maggioranza sotto la garanzia dell'anonimato. Il passaggio
successivo in ordine di tempo saranno i vertici di quattro enti
pubblici: Agenzia delle Entrate, delle Dogane e del Demanio, la
presidenza dell'Inps. Ernesto Ruffini, signore delle tasse dai
tempi del governo Renzi, è uno dei pochi che potrebbe salvarsi dal
gran rimescolamento. Gode della stima di Giorgetti e del suo vice
(di Fratelli d'Italia) Maurizio Leo, ma soprattutto del Quirinale,
non invece di Matteo Salvini che vuole ovviamente dire la sua nelle
nomine. Se quest' ultimo si impuntasse, potrebbe essere scelto uno
fra i vice di Ruffini, Paolo Savini o Valerio Barbantini. Sono
invece scontate le sostituzioni di Marcello Minenna e Alessandra
Dal Verme. Il primo, lambito da un'inchiesta giudiziaria, è
considerato troppo vicino ai Cinque Stelle. Potrebbe essere
sostituito da Benedetto Mineo, che tornerebbe sulla poltrona
occupata durante il governo gialloverde.
Fra aprile e maggio dovrebbe scadere invece il mandato del
presidente dell'Inps Pasquale Tridico, noto come il padre del
reddito di cittadinanza. Anche in questo caso la sostituzione è
quasi certa, ma il destino di Tridico sarà uno dei termometri della
forza politica di Meloni, perché la presidenza Inps non è
sottoposta alla regola dello spoil system che permette al governo
entrante di cambiare i vertici della pubblica amministrazione.
Un caso simile è quello di Dario Scannapieco, voluto da Mario
Draghi alla guida della Cassa depositi e prestiti. La poltrona di
Cdp, azionista di alcune delle più grandi partecipate dello Stato,
in termini di potere reale vale quattro o cinque ministeri. Ebbene,
se Meloni darà retta agli umori che circolano nella maggioranza,
sarà sostituito. Due i candidati: Matteo Del Fante, attuale numero
uno di Poste, o Alessandro Daffina di Rothschild. Il curriculum di
quest' ultimo ha agli occhi di Meloni un grande pregio e un enorme
difetto: è stato giovane militante di destra e però è advisor di
Vivendi, l'ingombrante socio francese di Tim.
Dettaglio di colore, o forse no: Daffina proviene dalla stessa
banca d'affari di un altro potente ex di Cdp, Claudio
Costamagna.
Attorno a Pasqua verrà il momento delle nomine con la enne
maiuscola, ovvero le quattro grandi partecipate pubbliche: Eni,
Enel, Leonardo e Poste. Del destino di Del Fante si è detto: se non
verrà promosso a Cdp, resterà dov' è, grazie ai buoni uffici a
destra, o potrebbe essere dirottato ad Enel. Se si sposterà,
potrebbe essere sostituito dall'attuale direttore generale,
Giuseppe Lasco. Chi resterà certamente al suo posto è Claudio
Descalzi, uno dei pochi fin qui citati ben visti sia a destra che
dal Quirinale. A Descalzi poi, uscito scagionato da un'inchiesta
giudiziaria, tutti (a destra e a sinistra) riconoscono grandi
meriti per aver firmato gli accordi che hanno permesso all'Italia
di dimezzare o quasi la dipendenza dal gas russo dopo l'inizio
della guerra in Ucraina.
Chi dovrà lasciare il posto nonostante il buon lavoro è il
numero uno di Enel Francesco Starace. Oltre al già citato Del
Fante, ci sono altri due candidati: l'attuale numero uno di Terna,
Stefano Donnarumma, ma soprattutto il capo di Enel X, Francesco
Venturini, uno dei (non tanti) manager italiani con in tasca un
master al Mit di Boston. Quanto alla poltrona di Leonardo, anche
qui la sostituzione di Alessandro Profumo è data per certa. E i
candidati in corsa sono due. Uno è proprio l'ex ministro della
Transizione energetica Cingolani. Nei palazzi si narra che
l'ipotesi di mandare Cingolani a Leonardo sia stata oggetto di una
conversazione fra lui e Meloni quando quest' ultima, poco dopo
l'insediamento, gli chiese di restare come consulente a titolo
gratuito per assistere il nuovo ministro (e totalmente inesperto
della materia) Gilberto Pichetto Fratin. L'alternativa sul tavolo
di Meloni (e per competenza di Crosetto) è quella di Lorenzo
Mariani, che oggi guida un'azienda ignota ai più: Mbda, ovvero il
più grande consorzio europeo per la produzione di missili e
tecnologie per la difesa.
alu
fine
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