di Angelo De Mattia

ROMA (MF-NW)--Il Tesoro ha avviato la vendita della quota del 64% circa del Monte dei Paschi con il procedimento di selezione degli advisor.

Sono previste tre opzioni riguardanti: l'offerta a soggetti istituzionali e a piccoli risparmiatori; una trattativa diretta; l'attivazione di un'operazione di aggregazione. In effetti, si ritiene che oggetto della dismissione sia per ora una quota molto limitata della proprietà, non sembrando ricorrere in questa fase i presupposti per le due opzioni della trattativa diretta e dell'aggregazione. Né ovviamente si immagina che con un'offerta di vendita si possa oggi dismettere l'intera proprietà pubblica. Non si esclude che possa trattarsi pure di un modo per saggiare il terreno e per dare a Bruxelles un segnale di movimento verso la dismissione, in attuazione degli impegni assunti dall'Italia per la vendita entro il prossimo anno.

Va ora osservato, e non in un solo giorno, quale sarà la risposta del mercato all'annuncio di questa decisione. Il fatto è che, mentre si trascura la possibilità dell'istituto stand alone - che naturalmente comporta la ridiscussione con la Commissione Ue dei programmi a suo tempo definiti - si continua a non ritenere ravvicinata l'ipotesi, alla quale però molti pensano, del Monte come pilastro dell'avvio di un consolidamento nel settore. Favorisce questa incertezza la pari incertezza che si registra al riguardo nel governo. È sperabile che un orientamento netto venga espresso dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, se non prima, almeno in occasione del suo discorso nel convegno Acri nella Giornata del Risparmio del prossimo 31 ottobre.

La dismissione in questione è pure da inquadrare nel programma di privatizzazioni per 20 miliardi indicato genericamente nella Nadef. È lecito attendersi che al riguardo siano date maggiori informazioni.

Manca fin qui soprattutto il progetto concernente le parziali dismissioni che le distingua da operazioni mirate solo a fare cassa senza alcuna altra considerazione. Per le privatizzazioni degli anni '90 si discusse a lungo e si proposero scelte alternative di schemi societari. Poi però, per quel che riguardava il mercato e le tecniche delle dismissioni, ci si precipitò ad agire (anche sotto la spinta della Commissione europea e non esaltanti riunioni, come quella sul panfilo della Regina) in mancanza di regole adeguate, donde le diverse storture come quella che riguardò il famoso nocciolino societario nell'antenato di Tim. Comunque, quanto meno si affrontò il tema del pubblico e del privato e delle finalità variamente giudicabili delle vendite. Oggi non è (ancora) chiara quale sia la visione, che ha il governo, dell'intervento pubblico in economia, a maggior ragione dopo la valorizzazione che si manifesta delle attribuzioni esercitabili con il golden power.

Anche i precedenti governi non hanno mai voluto affrontare questo argomento, neppure nelle dichiarazioni programmatiche in occasione della richiesta della fiducia alle Camere. Ma ora che ci si avvia verso possibili dismissioni è doverosa la più ampia informazione in una con la precisazione delle finalità, nonché delle modalità e delle tecniche di dismissione. Ciò può ben essere fatto rispettando gli obblighi che riguardano, in generale, le informazioni al mercato. È in ogni caso importante per risparmiatori e investitori, come pure per la democrazia economica, anzi per la democrazia tout court.

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1008:51 ott 2023

 

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