PER SALVARE L'ITALIA: La tecnologia genera ricchezza (MF)
02 Settembre 2022 - 8:19AM
MF Dow Jones (Italiano)
Nell'ambito della campagna Per Salvare l'Italia promossa
da MF-Milano Finanza e da tutti i media di Class Editori
proponiamo
l'intervento di Giorgio Metta, direttore scientifico Istituto
Italiano Tecnologia.
L'Italia spende circa 23 miliardi per la ricerca, circa 1,4% del
pil, cioè meno della metà della Francia, il Paese forse più vicino
al nostro per dimensione e struttura industriale. La scienza e la
tecnologia generano ricchezza, diventano un volano di idee, un
circolo virtuoso di innovazione continua. Per quanto l'output
pro-capite dei ricercatori italiani sia piuttosto buono, la domanda
fondamentale è come incoraggiare la ricerca pubblica e, quella
delle aziende in egual maniera, da una parte a fare meglio e
dall'altra a investire di più direttamente in ricerca e sviluppo.La
prima obiezione che si potrebbe sollevare è che la ricerca ha,
tutto sommato, già un ruolo molto rilevante nel Pnrr. Dobbiamo però
notare che il Pnrr, per quanto quantitativamente impressionante, è
un piano con caratteriste di transitorietà. Potrebbe dare le mosse
ad una ripartenza, ma senza un intervento strutturale, compatibile
con i tempi della ricerca, esso stesso è con alta probabilità di
difficile gestione futura. Il Piano crea oggi una bolla espansiva
che dopo il 1° gennaio 2027, finiti i progetti, richiede comunque
un ridimensionamento o rifinanziamento. Tre anni, la durata media
dei progetti, sono al più sufficienti per progetti mirati e
infrastrutturali ma non per ripagarci dell'investimento. Ricordo,
peraltro, che il Pnrr è in larga misura una forma di finanziamento
sul debito.
Per essere chiari, possiamo realizzare infrastrutture digitali,
calcolo ad alte prestazioni, laboratori di scienza dei materiali,
di robotica e possiamo formare tanti futuri ricercatori, ma non
aspettiamoci di vedere i risultati della ricerca pronti per essere
trasferiti all'innovazione, al mercato.
L'incremento dei risultati nell'innovazione è una mera questione
economica: per fare meglio dobbiamo avere a disposizione talenti,
per aumentare l'output dobbiamo far crescere il numero degli
addetti in ricerca e sviluppo. Accanto a questi elementi legati al
capitale umano, dobbiamo poi certamente dotarci di
un'infrastruttura di primaria qualità e aggiornarla
continuamente.
Il nodo del trasferimento tecnologico, fermo restando che può
giovarsi di strutture e istituti dedicati, come per esempio
l'Istituto italiano di tecnologia, richiede prima di tutto, a
livello nazionale, maggiore qualità e volume dei risultati. E anche
in questo caso dobbiamo assicurarci persone che lo sappiano fare
bene.
Un primo elemento da considerare è quindi quello del talento.
Una metodologia utilizzabile, in parte già provata con il
cosiddetto «ritorno dei cervelli», è quella della riduzione delle
tasse e, mutatis mutandis, del cuneo fiscale nel suo insieme. Il
cuneo fiscale costa per ogni punto percentuale di riduzione di
circa 30 miliardi di euro sul bilancio dello Stato.
La scommessa che dovremmo giocare è però diversa. Si riduce il
cuneo fiscale per azioni con probabilità elevata di incremento del
pil (e il gettito fiscale). Un'applicazione mirata, con una serie
di interventi focalizzati sia per area territoriale, sia per
categorie di personale, renderebbe attrattiva una parte del Paese
ove si applicherebbero le riduzioni e favorirebbero l'innovazione
che col tempo giusto restituirebbe allo Stato quanto speso grazie a
un incremento della competitività e del prodotto interno.
Un'offerta di questo tipo ci allineerebbe agli standard
salariali (netti) che la competizione mondiale per le
professionalità tecniche ha reso di difficilissimo reperimento. Per
esempio, la carenza di competenze del mondo Ict dell'ultimo periodo
ci vede in estrema difficoltà, nessuno escluso, anche per chi come
l'Itt contribuisce a costruire direttamente le professionalità
delle discipline ad alto valore aggiunto. Formiamo talenti che
spesso non rimangono nel nostro Paese.
La riduzione del cuneo fiscale dovrebbe inoltre avere un impatto
sui costi delle aziende che fanno innovazione. Anche in questo caso
abbiamo alcuni esempi del recente passato che possiamo utilizzare
come modello. Gli incentivi per le aziende relativi alla cosiddetta
impresa (o industria) 4.0, hanno avuto un effetto di svecchiamento
del parco macchine della manifattura italiana. Abbiamo oggi
certamente impianti più efficienti e nell'hardware molto più pronti
che in passato per essere completamente connessi. Ci manca ancora
una buona dose di intelligenza artificiale e di connettività, ma
questa ancora una volta si può realizzare proprio grazie al Pnrr.
Oltre a confermare quindi gli sgravi per gli investimenti in
ricerca e sviluppo, la riduzione del cuneo dovrebbe intervenire più
nello specifico sul costo azienda dei talenti impiegati nel dominio
dell'innovazione.
Da scienziato, non posso rifuggire dall'esperimento. La proposta
completa deve quindi essere valutata con un test reale. Si dovrebbe
quindi realizzare un'azione pilota, identificando un'area
industriale adeguata, un territorio con le caratteristiche
«giuste», nel quale insistono già formazione, talenti, qualità,
dinamicità delle aziende e focalizzazione su alcune tematiche
industriali. Robotica e intelligenza artificiale, per esempio. Un
esperimento completo. Se questo funziona, nel 2027, abbiamo la
strada tracciata per il post Pnrr.
Se mettiamo in fila e colleghiamo opportunamente questi
elementi, emerge un disegno complessivo funzionale all'innovazione.
Attraiamo il talento e allo stesso tempo incoraggiamo le aziende a
investire. Riduciamo il costo per le aziende e aumentiamo i salari
effettivi per chi vuole lavorare nei territori che diventerebbero
delle «aree dell'innovazione speciali».
Senza dimenticare che aziende sane e profittevoli possono essere
ottime occasioni d'investimento. Finanza e robotica sono un binomio
vincente. Basti pensare alla moltitudine di settori nel quale è
presente: da quello industriale a quello medico senza dimenticare
la domotica e l'aerospazio.Non è un caso che a livello globale
sempre più investitori scelgano di scommettere in questa direzione,
alimentando un mercato che secondo le ultime stime nel 2025 varrà
274 miliardi di dollari.
red
MF-DJ NEWS
0208:02 set 2022
(END) Dow Jones Newswires
September 02, 2022 02:04 ET (06:04 GMT)
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