Quanto guadagna la banca a distribuire le polizze assicurative tradizionali di compagnie partner nella sue filiali? Come risulta dall'analisi di MF-Milano Finanza si va da un minimo del 15% fino a un massimo del 100% delle commissioni di caricamento, a seconda del tipo di costi.

Un piatto evidentemente ricco, con la metà degli incassi che restano in filiale. Il tema si è fatto caldo dopo che a Bruxelles si è aperto il confronto sull'ipotesi di vietare le commissioni ai distributori (banche e consulenti) che distribuiscono prodotti finanziari, come fondi comuni o polizze appunto. Un'idea avanzata dalla commissaria Ue per i servizi finanziari Mairead McGuinness, che vorrebbe replicare in altri Paesi europei quanto avviene già da tempo in Olanda o nel Regno Unito.

Inducement nel mirino. Ma lo scenario ha provocato subito un polverone di critiche, con i detrattori che partono dal presupposto che i modelli finanziari tra i vari Paesi sono molto diversi tra di loro. Eliminare le commissioni di retrocessione (tecnicamente inducement), in mercati come quello italiano, secondo loro, non avrebbe l'effetto di ridurre i costi dei prodotti, come auspicato da McGuinness, ma piuttosto rischierebbe di tagliare fuori dall'offerta di consulenza le fasce meno abbienti dei risparmiatori, che forse più ne hanno bisogno. Il dibattito è destinato a riaccendersi in vista del nuovo regolamento «retail investment strategy» in corso di definizione da parte della Commissione Europea e che, in Italia, si è arricchito di un altro ingrediente: la crisi di Eurovita, la compagnia amministrativa finita in amministrazione temporanea dopo che il fondo di private equity Cinven non ha voluto ricapitalizzare. Difficoltà determinata, tra le altre cose, anche dalle alte commissioni che l'assicurazione, dopo aver scelto di rinunciare alla rete di agenti assicurativi, pagava a banche e consulenti per distribuire i suoi prodotti, si è detto nel mercato.

Axa al 15%, Cnp al 45%. Quanto c'è di vero e quanto pagano le assicurazioni per riuscire a collocare le proprie polizze assicurative nelle filiali bancarie? MF-Milano Finanza ha realizzato un'inchiesta tra i principali operatori di mercato, analizzando in particolare un campione di polizze vita di ramo I (le gestioni separate) e la prossima settimana l'analisi sarà estesa alle unit linked, per le quali tra l'altro le retrocessioni sembrerebbero decisamente più elevate. "Negli anni passati, caratterizzati da bassi tassi d'interesse e margini finanziari assai bassi, le assicurazioni hanno dovuto sostenere rischi e costo del capitale piu elevati per riuscire a garantire almeno il valore investito come previsto dalle gestioni separate, e questo ha reso necessario alle compagnie di mantenere una quota parte più significativa dei caricamenti, trattenendo persino in alcuni casi una parte della commissione di ingresso in capo alla fabbrica prodotto", spiega Andrea Battista, amministratore delegato di Net Insurance, che più volte in passato si è occupato di progetti Vita per banche e compagnie di assicurazione.

Prima dell'era dei tassi zero (evidentemente finita) le commissioni pagate alle banche per le gestioni separate erano quindi anche più elevate, mentre ora il mercato, nonostante la ripresa dei tassi, sembra essersi assestato su nuovi valori meno elevarti che sembrano destinati a durare. Lo scenario che emerge dalle gestioni separate analizzate è comunque fortemente variegato. Nel suo prodotto Private Prestige, Axa Mps riconosce, per esempio, ai distributori della banca e ai consulenti finanziari di Widiba il 15% dell'intero flusso commissionale che grava sul prodotto, senza distinzioni tra i vari tipi di costi. Una somma nettamente più contenuta del 45,35% previsto dai francesi di Cnp nella joint venture stipulata con Unicredit, in questo caso per la gestione separata Carybra Cnp. E quest'ultima è più alta anche del 33,42% che è stato pagato da Eurovita alle Sparkasse nel caso della polizze Eurovita Nuovo Secolo (anch'essa congelata fini a fine marzo come l'intero portafoglio della compagnia commissariata).

Pesa il modello distributivo. Ovviamente il calcolo a livello percentuale della retrocessione è rilevante ma per capire qual è l'effettivo guadagno per la banca bisogna tenere conto del valore di partenza dei costi, includendo non solo le commissioni di gestione ma anche penalità in caso di riscatto anticipato. Tutte informazioni che sono contenute nei prospetti e nei documenti informativi precontrattuali (dip) che le compagnie sono tenute a pubblicare sui loro siti internet e che evidenziano, in effetti, che in media circa la metà degli incassi commissionali delle compagnie sono destinati alle banche che quelle polizze le collocano. Ma ci sono anche profonde differenze nelle strutture remunerative. Nel caso di Credem Vita, per esempio, nella polizze Vita Life Plan, i distributori incassano i 100% dei costi di caricamento, che sono pari allo 0,2%, cui si può aggiungere una percentuale delle commissioni di gestione prelevate del rendimento della gestione separata, Credem Vita II, che può arrivare ad un ulteriore 23,08% nel caso in cui la performance sia uguale o superiore all'1,3%. E nel confronto bisogna necessariamente tenere conto anche di un altro elemento. Nei modelli in cui è la stessa banca collocatrice a controllare direttamente la compagnia di cui distribuisce le polizze le commissioni pagate alle filiali, anche se più alte, restano in qualche modo all'interno del gruppo, come nel caso di Intesa Sanpaolo e di Credem. Più diffuso nel mercato è invece l'assetto di una compagnia frutto di una joint venture tra la banche e l'assicurazione, come Axa Mps, e in questo caso, come visto, la retrocessione è più chiaramente contenuta. "Del resto se dalla compagnia viene pagato un avviamento per sottoscrivere l'accordo distributivo con la banca", conclude Battista, "l'impresa assicurativa deve in qualche modo rientrare anche di questi costi upfront, con margini di manovra ancora più ristretti".

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2709:26 feb 2023

 

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