Assicurazioni: commissione galeotta (Mi.Fi.)
27 Febbraio 2023 - 09:42AM
MF Dow Jones (Italiano)
Quanto guadagna la banca a distribuire le polizze assicurative
tradizionali di compagnie partner nella sue filiali? Come risulta
dall'analisi di MF-Milano Finanza si va da un minimo del 15% fino a
un massimo del 100% delle commissioni di caricamento, a seconda del
tipo di costi.
Un piatto evidentemente ricco, con la metà degli incassi che
restano in filiale. Il tema si è fatto caldo dopo che a Bruxelles
si è aperto il confronto sull'ipotesi di vietare le commissioni ai
distributori (banche e consulenti) che distribuiscono prodotti
finanziari, come fondi comuni o polizze appunto. Un'idea avanzata
dalla commissaria Ue per i servizi finanziari Mairead McGuinness,
che vorrebbe replicare in altri Paesi europei quanto avviene già da
tempo in Olanda o nel Regno Unito.
Inducement nel mirino. Ma lo scenario ha provocato subito un
polverone di critiche, con i detrattori che partono dal presupposto
che i modelli finanziari tra i vari Paesi sono molto diversi tra di
loro. Eliminare le commissioni di retrocessione (tecnicamente
inducement), in mercati come quello italiano, secondo loro, non
avrebbe l'effetto di ridurre i costi dei prodotti, come auspicato
da McGuinness, ma piuttosto rischierebbe di tagliare fuori
dall'offerta di consulenza le fasce meno abbienti dei
risparmiatori, che forse più ne hanno bisogno. Il dibattito è
destinato a riaccendersi in vista del nuovo regolamento «retail
investment strategy» in corso di definizione da parte della
Commissione Europea e che, in Italia, si è arricchito di un altro
ingrediente: la crisi di Eurovita, la compagnia amministrativa
finita in amministrazione temporanea dopo che il fondo di private
equity Cinven non ha voluto ricapitalizzare. Difficoltà
determinata, tra le altre cose, anche dalle alte commissioni che
l'assicurazione, dopo aver scelto di rinunciare alla rete di agenti
assicurativi, pagava a banche e consulenti per distribuire i suoi
prodotti, si è detto nel mercato.
Axa al 15%, Cnp al 45%. Quanto c'è di vero e quanto pagano le
assicurazioni per riuscire a collocare le proprie polizze
assicurative nelle filiali bancarie? MF-Milano Finanza ha
realizzato un'inchiesta tra i principali operatori di mercato,
analizzando in particolare un campione di polizze vita di ramo I
(le gestioni separate) e la prossima settimana l'analisi sarà
estesa alle unit linked, per le quali tra l'altro le retrocessioni
sembrerebbero decisamente più elevate. "Negli anni passati,
caratterizzati da bassi tassi d'interesse e margini finanziari
assai bassi, le assicurazioni hanno dovuto sostenere rischi e costo
del capitale piu elevati per riuscire a garantire almeno il valore
investito come previsto dalle gestioni separate, e questo ha reso
necessario alle compagnie di mantenere una quota parte più
significativa dei caricamenti, trattenendo persino in alcuni casi
una parte della commissione di ingresso in capo alla fabbrica
prodotto", spiega Andrea Battista, amministratore delegato di Net
Insurance, che più volte in passato si è occupato di progetti Vita
per banche e compagnie di assicurazione.
Prima dell'era dei tassi zero (evidentemente finita) le
commissioni pagate alle banche per le gestioni separate erano
quindi anche più elevate, mentre ora il mercato, nonostante la
ripresa dei tassi, sembra essersi assestato su nuovi valori meno
elevarti che sembrano destinati a durare. Lo scenario che emerge
dalle gestioni separate analizzate è comunque fortemente variegato.
Nel suo prodotto Private Prestige, Axa Mps riconosce, per esempio,
ai distributori della banca e ai consulenti finanziari di Widiba il
15% dell'intero flusso commissionale che grava sul prodotto, senza
distinzioni tra i vari tipi di costi. Una somma nettamente più
contenuta del 45,35% previsto dai francesi di Cnp nella joint
venture stipulata con Unicredit, in questo caso per la gestione
separata Carybra Cnp. E quest'ultima è più alta anche del 33,42%
che è stato pagato da Eurovita alle Sparkasse nel caso della
polizze Eurovita Nuovo Secolo (anch'essa congelata fini a fine
marzo come l'intero portafoglio della compagnia commissariata).
Pesa il modello distributivo. Ovviamente il calcolo a livello
percentuale della retrocessione è rilevante ma per capire qual è
l'effettivo guadagno per la banca bisogna tenere conto del valore
di partenza dei costi, includendo non solo le commissioni di
gestione ma anche penalità in caso di riscatto anticipato. Tutte
informazioni che sono contenute nei prospetti e nei documenti
informativi precontrattuali (dip) che le compagnie sono tenute a
pubblicare sui loro siti internet e che evidenziano, in effetti,
che in media circa la metà degli incassi commissionali delle
compagnie sono destinati alle banche che quelle polizze le
collocano. Ma ci sono anche profonde differenze nelle strutture
remunerative. Nel caso di Credem Vita, per esempio, nella polizze
Vita Life Plan, i distributori incassano i 100% dei costi di
caricamento, che sono pari allo 0,2%, cui si può aggiungere una
percentuale delle commissioni di gestione prelevate del rendimento
della gestione separata, Credem Vita II, che può arrivare ad un
ulteriore 23,08% nel caso in cui la performance sia uguale o
superiore all'1,3%. E nel confronto bisogna necessariamente tenere
conto anche di un altro elemento. Nei modelli in cui è la stessa
banca collocatrice a controllare direttamente la compagnia di cui
distribuisce le polizze le commissioni pagate alle filiali, anche
se più alte, restano in qualche modo all'interno del gruppo, come
nel caso di Intesa Sanpaolo e di Credem. Più diffuso nel mercato è
invece l'assetto di una compagnia frutto di una joint venture tra
la banche e l'assicurazione, come Axa Mps, e in questo caso, come
visto, la retrocessione è più chiaramente contenuta. "Del resto se
dalla compagnia viene pagato un avviamento per sottoscrivere
l'accordo distributivo con la banca", conclude Battista, "l'impresa
assicurativa deve in qualche modo rientrare anche di questi costi
upfront, con margini di manovra ancora più ristretti".
red
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