Meglio il Giappone degli emerging market. In finanza c'e' una
regola potentissima che funziona sempre. O quasi. Ô quella della
mean reversion: gli estremi tendono a essere ricomposti verso la
normalita'. Non si puo' sapere con precisione quando, ne' che cosa
inneschera' il processo, ma prima o poi e' molto probabile che gli
estremi vengano riassorbiti. I mercati azionari sono stati
protagonisti di un tumultuoso recupero dai minimi toccati a marzo
del 2009. L'indice delle borse mondiali ha registrato un rimbalzo
di oltre il 70% e i mercati emergenti hanno addirittura raddoppiato
il loro valore. Il listino giapponese ha recuperato invece solo un
asfittico 25%, riconfermando tristemente una tendenza che lo vede
piu' che dimezzato dal 1990, a fronte di un indice di Eurolandia
raddoppiato e un S&P500 quasi quintuplicato (tutto in valuta
locale e se si tengono in considerazione i dividendi). La cronica
sottoperformance delle azioni nipponiche ha toccato dei livelli di
tale intensita' da meritare di essere classificati appunto come
"estremi". Ragionevolmente, non dovremmo essere lontani da una fase
di "ritorno verso la media", fase magari "tattica", di breve
periodo, caratterizzata pero' da un recupero relativo del listino
del Sol Levante, specialmente contro i mercati emergenti. Non
stiamo mettendo in discussione i temi strutturali che vedono le
economie in via di sviluppo beneficiate da processi demografici e
di crescita della produttivita' assai favorevoli nel lungo termine.
Ma stiamo applicando delle regole euristiche e di buon senso che
nel mondo delle Borse si possono ricondurre agli adagi secondo cui
"un'ottima societa' puo' essere un pessimo investimento", in
particolare quando le valutazioni sono ricche e le aspettative sono
molto elevate, proprio come per i mercati emergenti, e "ogni cosa
ha il suo prezzo", ovvero anche una macchina usata un po' malconcia
puo' essere un buon affare, se pagata poco e se si e' consapevoli
che non fara' tanti chilometri e che magari bisognera' abbandonarla
dopo non troppo tempo senza rimpianti.
A far pensare che i tempi siano maturi per una, almeno
temporanea, riscossa giapponese vi sono parecchi fattori. Ô
probabile che lo yen, dopo essere stato assai forte, inizi a
indebolirsi. La banca centrale nipponica ha annunciato, con
rinnovata determinazione, l'intenzione di contrastare attivamente
la deflazione e potrebbe decidere finalmente di intraprendere
manovre monetarie di espansione quantitativa. Si invertirebbe cosi'
la tumultuosa crescita della base monetaria statunitense rispetto a
quella giapponese, indicatore tanto correlato all'apprezzamento
della valuta del Sol Levante negli ultimi 18 mesi. Storicamente,
periodi di indebolimento dello yen si sono accompagnati a
sovraperformance del Topix: nessuna sorpresa per una economia
esportatrice netta. Gli investitori globali, poi, sono parecchio
disillusi e in molti casi sono significativamente sottopesati,
scottati dal mercato orso secolare delle azioni giapponesi e dalle
loro false ripartenze. In logica contrarian, questo e' un elemento
assai positivo, che puo' portare a importanti flussi di acquisto,
motivati anche solo da ricoperture e dal desiderio dei gestori di
chiudere i rischi contro benchmark. Le valutazioni sono decenti, in
netto contrasto con quelle dei Paesi emergenti, che versano invece,
relativamente alle economie sviluppate, in un territorio che
l'esperienza insegna non essere foriero di ritorni attraenti. Non
dobbiamo dimenticare, infine, che oltre la meta' delle esportazioni
giapponesi e' diretta verso l'Asia e il 20% circa verso la Cina:
l'indice nipponico e' uno strumento indiretto, a buon mercato e
poco di consensus per comprare esposizione alle tanto agognate
dinamiche positive di lungo termine delle nazioni in via di
sviluppo, e del gigante di Pechino in particolare. La nostra idea
di breve periodo potrebbe in futuro trasformarsi in una scelta piu'
strategica e di largo respiro, se dal Giappone gli importanti
recenti cambiamenti politici iniziassero a indicare che sono
imminenti iniziative legislative volte a ridurre la
regolamentazione dell'economia e a incidere sulle negative tendenze
demografiche in atto, attraverso una nuova politica
sull'immigrazione e una decisa incentivazione verso l'aumento della
partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Ma per tutto
questo e per una svolta verso la modernizzazione delle corporate
governance e' oggi ancora troppo presto. Emilio Franco MF-Mercati
Finanziari