Dowjones
Ci mancava solo Fitch. Per Gianni Alemanno, sindaco della
Capitale, il 2011 e' cominciato peggio di come era finito il 2010.
Che, per dirla tutta, per la sua amministrazione e' stato un anno
da incubo. La mossa di azzerare completamente la giunta gli aveva
fatto credere, per un attimo, di essere riuscito a tirarsi fuori
dagli scandali sulle assunzioni facili nelle controllate dal
Campidoglio e far dimenticare la "Parentopoli" che per mesi lo ha
tenuto sulla graticola.
Neanche il tempo di riunire la nuova squadra, si legge in un
articolo di Milano Finanza, che per il primo cittadino di Roma e'
arrivata un'altra tegola. Fitch ha cominciato a dubitare dello
stato di salute dei conti della Capitale e in un sol colpo ha
tagliato il rating da AA- ad A+. Il vero smacco per Alemanno,
pero', e' che quello bocciato dall'agenzia non e' il debito
passato, il passivo accumulato negli anni dalle giunte di
centrosinistra. Quell'indebitamento e' stato da tempo trasferito
dal bilancio del Comune a quello di una sorta di bad company, una
gestione commissariale a capo della quale il ministro
dell'Economia, Giulio Tremonti, ha voluto un suo fedelissimo,
Massimo Varazzani. Il titolare di via XX Settembre, del resto,
della gestione delle finanze capitoline si e' sempre fidato
poco.
Alemanno, per i prossimi sei lustri, dovra' pagare una rata di
circa 500 mln l'anno per rientrare del vecchio debito. Per salvare
la capitale dal default, Tremonti ha dovuto garantire che di quei
500 mln, 300 ce li avrebbe messi il Tesoro. Per gli altri 200 mln,
il Campidoglio e' stato costretto a portare al massimo
l'addizionale Irpef e a introdurre la tassa di soggiorno. red/alb
alberto.chimenti@mfdowjones.it