Il dialogo inizia in salita. Dai primissimi approcci tra
il fondo Varde e Malacalza Investimenti sarebbero emerse
visioni
contrastanti per la business combination con Banca Carige in
termini di
strategia.
Come anticipato da indiscrezioni stampa a Varde, che giá aveva
guardato
il dossier dell'istituto ligure attualmente commissariato, è
stato
consigliato di parlare con la famiglia Malacalza per
semplificare
l'attuazione di un'eventuale operazione su Banca Carige.
D'altronde gli
imprenditori piacentini rimangono i primi azionisti con una
quota intorno
al 27% del capitale: è quindi difficile pensare che
un'aggregazione possa
avvenire senza l'assenso dei Malacalza.
La famiglia da settimane sta cercando investitori disponibili
a
trattare, alle sue condizioni, per il rilancio dell'istituto.
Ora è stata
approcciata da Varde, che attualmente sembra il player piú
concreto sul
dossier Carige. Diversi fondi nelle scorse settimane hanno
guardato le
carte, ma in pochissimi hanno deciso di proseguire (e Blackrock,
piú
volte citato, non sarebbe tra questi).
Il fatto è che i fondi di investimento e la famiglia di
imprenditori
piacentini hanno due visioni ancora lontane sia sulla
valorizzazione
dell'investimento sia sul futuro dell'istituto ligure. Varde,
infatti,
come la maggior parte dei fondi, vuole acquistare a multipli
compressi per
poi rilanciare e valorizzare nel medio termine al massimo
l'investimento.
Malacalza intende ottenere nell'operazione un margine di manovra
piú
ampio possibile che gli permetta sì, di avere un partner
finanziario
nell'acquisto degli Npl e nella ricapitalizzazione, ma che
nell'immediato
non ridimensioni eccessivamente il suo peso nell'azionariato e
soprattutto
gli lasci aperte piú strade.
Gli imprenditori della siderurgia conservano ancora l'ambizione
di avere
una Carige forte sul territorio ligure e indipendente. Ma non
escludono,
vista la situazione attuale, un'aggregazione industriale. In
ogni caso,
l'eventuale partner finanziario, dovrebbe permettere l'eventuale
uscita
dei Malcalza dall'azionariato nel medio-lungo termine a valori
consoni.
L'obiettivo della famiglia, se mai uscirá dal capitale, sarebbe
quello
di farlo riducendo al minimo la perdita. Ad oggi Malacalza in
Carige ha
iniettato quasi 420 milioni di euro. L'istituto ligure in Borsa
nel 2007
valeva 6 miliardi. Prima dell'amministrazione straordinaria e
della
sospensione del titolo, soltanto 80 milioni. Ora (il titolo a
Piazza
Affari è sospeso) la quota vale ancora meno. L'ambizione sarebbe
quella di
limitare al minimo la perdita, uscendo almeno quando la
partecipazione si
aggirerá su valori intorno ai 250-300 milioni. Fatto sta che
sará
difficile conciliare le logiche di investimento di un fondo come
Varde e
quelle di una famiglia di imprenditori vecchio stampo.
Se l'operazione Varde-Malacalza andasse in porto scatterebbe il
semaforo
rosso per la Societá per la gestione di attivitá (Sga). Piú
difficile che
venga stoppato un coinvolgimento di Credito Fondiario
nell'operazione
relativa ai crediti deteriorati (quest'ultimo ha un diritto di
prelazione
a seguito di un contratto stipulato con l'istituto ligure
nell'ambito di
una precedente operazione). L'ex Fonspa potrebbe comunque
prendere parte
al deal in veste di servicer su una porzione di tali crediti.
Varde
farebbe comunque la parte del leone sugli Npl in quanto detiene
una quota
importante in Guber Banca, realtá specializzata nella gestione e
recupero
degli Npl.
Varde o non Varde una soluzione, in tempi brevi, andrá trovata.
In
quanto a metá aprile sono attese dai commissari di Banca Carige
le
offerte vincolanti per la business combination. Circa 40 giorni
piú tardi
dovrebbe tenersi l'assemblea dei soci chiamata ad approvare
l'aumento di
capitale da 630 mln. E in quella sede il voto dei Malacalza
sará
dirimente.
cce
(END) Dow Jones Newswires
March 13, 2019 10:05 ET (14:05 GMT)
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