Banche: a fine 2017 costo crisi salito a 7,4 mld; sistema prepara risiko
02 Marzo 2018 - 05:51PM
MF Dow Jones (Italiano)
E' presto per vedere la luce in fondo al tunnel, ma il sistema
bancario italiano sta iniziando a risalire la china. Le banche,
ancora alle prese con lo smaltimento di una massiccia mole di
crediti non performanti, si stanno preparando a una seconda ondata
di risiko che non sarà immediata, ma non è nemmeno così lontana. Il
settore, insomma, prova a guardare oltre le recenti crisi che
tuttavia non sono un lontano ricordo: alcuni salvataggi sono
tuttora in corso, mentre altri sono stati appena archiviati; con la
conseguenza che i costi e gli oneri delle ristrutturazioni in
alcuni casi hanno pesato sui bilanci 2017 mentre in altri saranno
contabilizzati nel 2018.
Secondo uno studio realizzato da First-Cisl per MF-Dowjones il
conto dei salvataggi bancari condotti in porto negli ultimi due
anni è salito a fine 2017 a 7,4 miliardi di cui 2,2 miliardi di
euro già messi a budget dalle banche per la gestione degli esuberi
e di altri 5,2 miliardi a carico dello Stato (sempre per gestire le
uscite di personale). Le crisi di B.Mps, B.P.Vicenza e Veneto
Banca, B.Marche, B.P.Etruria e Carichieti, C.R.Rimini, C.R. Cesena
e C.R. San Miniato hanno spazzato via 13 mila posti di lavoro e
hanno pesato sulle tasche di 280 mila azionisti.
Intesa Sanpaolo, l'ultimo istituto di credito che, col
salvataggio delle banche venete, ha dovuto gestire un importante
riassetto, per 5 mila uscite dovrà contabilizzare a bilancio circa
1 miliardo di euro come contributo al Fondo di Solidarietà (questa
la stima fatta dal sindacato). Il contributo dello Stato al Fondo
di Solidarietà in questo caso è in media di 24 mila euro a persona
per 5 mila risorse in uscita: il totale è quindi 120 mln di euro.
Altri 1,285 miliardi sono stati stanziati dallo Stato per la
cessione di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca al fine di
coprire l'integrazione, tra cui figura anche l'apporto al Fondo di
Solidarietà. Questa somma è già stata utilizzata e accantonata nel
bilancio 2017. L'ufficio studi guidato da Riccardo Colombani nella
valutazione del costo delle crisi ha ricompreso, come emerge, sia
il contributo statale al Fondo di solidarietà del settore del
credito, la cui stima è complessa per la variabilità dei tempi di
permanenza al fondo da parte dei lavoratori interessati, sia gli
ulteriori oneri correlati alle operazioni di riassetto di Intesa
Sanpaolo a seguito dell'integrazione delle ex venete. In
particolare, per Intesa sono stati considerati gli esodi aggiuntivi
e i 3,5 miliardi di contributo pubblico che, pur destinato al
mantenimento dei ratio patrimoniali a fronte dell'acquisizione
delle ex popolari, hanno liberato margini utilizzabili anche nel
più ampio processo di riorganizzazione.
Novità anche sul fronte di Ubi Banca (cavaliere bianco di
Etruria, Marche, Ferrara e Chieti) che nel bilancio 2017 ha
accantonato 41 milioni di euro per gestire l'uscita di 74 persone
(in base ad accordi precedenti), più ulteriori 324 risorse in base
all'accordo preso a ottobre 2017 per un totale di 398 persone.
In B.Mps i lavoratori in servizio al momento della soluzione
della crisi erano, secondo il bilancio al 30 giugno, circa 24.800;
con l'ingresso dello Stato nel capitale e il nuovo piano
industriale sono state programmate uscite attraverso il Fondo di
Solidarietà (parte straordinaria) per 4.800 persone: i lavoratori
in servizio al termine delle uscite programmate saranno quindi 20
mila. Al 30 giugno non risultava alcun accantonamento fatto ad hoc,
ma l'indicazione è che il piano di uscite costerà complessivamente
1,15 miliardi di euro al 2021. Il contributo dello Stato allo scopo
è rilevante. Secondo la stima di First-Cisl, si parla di 130
milioni di euro destinati a Mps. Questo numero si ottiene sommando
il contributo pubblico al Fondo di Solidarietà da qui al 2021 per
persona (quindi 32 mila euro a testa moltiplicati per le 1.800
uscite previste nel 2017 e 24 mila euro moltiplicati per le 3 mila
uscite in programma dal 2018 in poi).
Questi numeri non sono esaustivi dell'impatto delle crisi
sull'economia. "Sono da considerare i costi indiretti sulle
economie locali a fronte della stretta creditizia e della vendita
massiva degli Npl a società che in alcuni casi possono operare
secondo logiche aggressive di breve periodo, fattori che pesano
sulla ripresa economica del Paese", commenta il segretario generale
di First Cisl, Giulio Romani.
Sul fronte occupazionale va ricordato che, a fronte delle 15
mila uscite complessive previste nel perimetro delle banche che
sono state analizzate, sono state definite anche 1.650 assunzioni
in Intesa Sanpaolo e 132 in Ubi, riducendo a 13 mila il saldo dei
posti di lavoro che si vanno a perdere.
Monitorare la gestione delle crisi e dei merger avvenuti nel
passato recente è utile per trovare metriche e sistemi di
coordinamento e di contenimento dei costi di quelle future. "I
numeri della crisi e delle sue ricadute sul Paese testimoniano come
non sia più differibile una riforma del sistema bancario", commenta
ancora Romani. "Tale riforma deve avere come capisaldi il
cambiamento dei sistemi di controllo delle banche, per i quali urge
il coinvolgimento dei lavoratori negli organismi di compliance,
nonché delle modalità di retribuzione dei top manager, vincolandone
una parte rilevante all'ottenimento di risultati di medio-lungo
periodo e di carattere sociale. Come abbiamo indicato nelle
proposte di AdessoBanca!, il manifesto programmatico che abbiamo
redatto insieme con la Cisl, è poi necessario che nelle banche i
piccoli azionisti, inclusi i dipendenti, abbiano voce attraverso
l'istituzione di voting trust orientati all'esercizio del diritto
di voto sulla base di obiettivi di interesse collettivo".
cce
claudia.cervini@mfdowjones.it
(END) Dow Jones Newswires
March 02, 2018 11:36 ET (16:36 GMT)
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