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Spigolature

- Modificato il 01/12/2017 10:47
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010

e di tutto un po'.

gocce di saggezza, briciole di buone letture,

poesia e musica indimenticabile e chi più ne ha più ne metta.

Buona giornata!





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1003 Commenti
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381 di 1003 - 11/12/2017 13:11
luomo_nero N° messaggi: 458 - Iscritto da: 15/3/2016
.. allora è stato creato per sgobbare e pagare le tasse

Gnosticismo.jpg
382 di 1003 - 11/12/2017 13:14
luomo_nero N° messaggi: 458 - Iscritto da: 15/3/2016


attaccare.gif
383 di 1003 - 11/12/2017 14:08
luomo_nero N° messaggi: 458 - Iscritto da: 15/3/2016
il migliore c'ha la rogna cara signora Lella non se ne accorge solo chi non vuole o non può
MODERATO JohnSmythNewton (Utente disabilitato) N° messaggi: 392 - Iscritto da: 26/10/2017
385 di 1003 - 11/12/2017 14:57
quasi40 N° messaggi: 1287 - Iscritto da: 25/8/2016
Attaccareeeee...l ' asino dove vuole il padrone. Poiché siamo già in clima pre-elettorale LUI non lo dice ma lo pensa e vorrebbe comunque fortemente dirci: avete un ' unica possibilità, quella di attaccarvi al tram, o al c...., perché io sono INVINCIBILE, non dimenticatelo. La sinistra gli sta stendendo il suo tappeto: rosso, naturalmente. In ogni caso i parlamentari a vita non correranno rischi di esclusione, i fedelissimi garantiranno lo scranno, anche a chi, marito e moglie, milita uno da una parte e l ' altra dall ' altra in una forma di simbiosi mutualistica perfetta...ah ! l ' amore che fa fa....
387 di 1003 - 11/12/2017 15:28
luomo_nero N° messaggi: 458 - Iscritto da: 15/3/2016


DnknvzE.gif
388 di 1003 - 11/12/2017 15:30
luomo_nero N° messaggi: 458 - Iscritto da: 15/3/2016
.. siii.. chi è?

shining.gif?w=598&h=438
390 di 1003 - 11/12/2017 15:47
luomo_nero N° messaggi: 458 - Iscritto da: 15/3/2016
macchè intimorire...al massimo è il giaguaro che c'è qua a casa a farlo su di me signor Silvio suvvia
anzi le voglio fare un plauso per i gesti che lei compie in giro perdiana!!

belluscagnello.gif
393 di 1003 - 12/12/2017 19:21
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010

Berlusconi ,come tanti di noi penso, ha sempre detto di avere una particolare predilezione per un libro, nel suo caso si tratta del famoso “ELOGIO DELLA PAZZIA” di Erasmo Da Rotterdam, prediletto a tal punto che qualche anno fa ne ha addirittura scritto, per una nuova edizione dell’opera, addirittura la prefazione:

La prefazione di Silvio Berlusconi all'Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam

“”A farmi conoscere l'Elogio della follia fu, ai tempi dell'Università, un amico molto caro. Avevamo avuto una discussione piuttosto accesa, in cui a più riprese mi ero sentito dare del visionario, non ricordo più per quale motivo. L'indomani mi vidi recapitare una copia del capolavoro di Erasmo in un'edizione Einaudi, con una singolare dedica:Vedrai che ti ci ritrovi. Cominciai perciò a leggere. Subito mi catturò l'ammirabile dedica a Tommaso Moro, che già conoscevo per l'Utopia: non riuscii a staccarmi dalla lettura se non dopo aver terminato l'ultima riga della splendida, autoironica conclusione. Al di là dello stile sempre scintillante, sorretto da una straordinaria intelligenza e da una sconfinata, sapida erudizione, al di là del riuscitissimo gioco degli specchi tra apparenza e realtà, ragione e assurdo, saggezza e follia, ad affascinarmi nell'opera di Erasmo fu in particolare la tesi centrale della pazzia come forza vitale creatrice: l'innovatore è tanto più originale quanto più la sua ispirazione scaturisce dalle profondità dell'irrazionale. L'intuizione rivoluzionaria viene sempre percepita al suo manifestarsi come priva di buon senso, addirittura assurda. È solo in un secondo tempo che si afferma, viene riconosciuta, poi accettata e persino propugnata da chi prima l'avversava.
La vera genuina saggezza sta quindi non in un atteggiamento razionale, necessariamente conforme alle premesse e perciò sterile, ma nella lungimirante, visionaria «pazzia». Tutti noi abbiamo certo riscontrato più volte la profonda verità di questa tesi. E nella mia vita di imprenditore sono stati proprio i progetti a cui più istintivamente mi sono appassionato contro l'opinione di tanti, anche amici cari, i progetti per i quali ho voluto dar retta al cuore più che alla fredda ragione, quelli che hanno poi avuto i maggiori e più decisivi successi.
Ma l'Elogio della follia è uno dei pochi libri che da quella lontana prima volta tengo a portata di mano, offre tante altre chiavi di lettura, come ogni vero capolavoro. In questi ultimi tempi sono portato ad ammirare l'eccezionale ricchezza dell'arte della comunicazione che vi è dispiegata. Come l'uso istintivo, magistrale, della battuta arguta, del motto di spirito, dell'immagine incisiva, del tono apparentemente lieve e scherzoso per affermare verità anche amare e sostenere coraggiose posizioni morali. Un libro dunque che trascende ogni tempo, da rileggersi anche oggi e non solo per divertimento ma anche per apprendimento dall'uomo di studio e soprattutto dall'uomo di azione.

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Avendolo letto anch’io moltissimi anni fa, mi sono mi sono detta, tra me e me, che nel leggere probabilmente il Cav. avesse saltato qualche paginetta come questa per esempio:

"L'ESEMPIO" secondo Erasmo da Rotterdam"

Nell'Elogio della pazzia, Erasmo dice:
[...]""""Colui che afferra il timone dello stato si fa amministratore del pubblico non dei suoi privati, non deve allontanarsi neppur di un mignolo dalle leggi, delle quali lui è autore ed esecutore, deve rispondere lui della correttezza dei suoi amministratori . Lui solo infatti è continuamente esposto agli occhi di tutti e, come un astro benigno, con la sua integrità, può influire molto favorevolmente sulle cose umane, e può anche, come funesta cometa, recar la più grande rovina; chè dei vizi di privati non ci si risente allo stesso modo, ne si diffondono con ugual virulenza, laddove Lui si trova in tal posizione che, per poco che si allontani dal retto, immediatamente il suo malo esempio serpeggia, contagiando un numero infinito di uomini...."""

[...]""....il re è potente e ricchissimo , ma se il suo spirito non è fornito di belle doti, se non c'è cosa che gli basti, è poverissimo...

Tali e simili considerazioni(chè sono moltissime)se il re facesse tra sè e sè(e le farebbe se avesse giudizio!)non potrebbe, a parer mio, godere a cuor leggero un momento di sonno o prendere un po' di cibo. Ora invece per grazia mia (la Follia di cui Erasmo fa l'elogio-nota) preoccupazioni di tal fatta le lasciano agli dèi, abbandonandosi ad agni mollezza, e non vogliono lasciar entrare nessuno, se non sa scodellar piacevolezze, chè il cuore non gli sia mai turbato da ansietà. Credono di aver fatto onestamente la loro parte di re ad andar continuamente a caccia, ad allevar bei cavalli, a vendere a proprio vantaggio magistrature e governatori, a scovar ogni dì nuovi motivi di assottigliar i beni altrui per ingrossar la propria borsa; non senza aver trovato pretesti ad hoc, talchè anche se la spoliazione è sommamente iniqua, presenti pure qualche lustra di equità. E dopo ciò nulla trascurano per adulare un po' il popolo, allo scopo di accattivarsene l'animo, in un modo o nell'altro......

Erasmo da Rotterdam (1511)

Io trovo queste raccomandazioni sempre molto attuali per chi occupa posti di potere come le istituzioni.....basta ricordarle e rileggerle ogni tanto....
e metterle in pratica non solo apprezzarle.....
395 di 1003 - 12/12/2017 20:15
quasi40 N° messaggi: 1287 - Iscritto da: 25/8/2016
Dante - Canto XIX terza bolgia ottavo cerchio: " Lo principe d ' i novi Farisei " attribuito alla persona di Papa Bonifacio VIII. " In illo tempore..." non esisteva ancora il titolo di presidente. Oggi c ' é ed ha un Presidente con la P maiuscola, un presidente per antonomasia: Silvio Berlusconi, con un numero incalcolabile di farisaici seguaci.
MODERATO DucaConte LupoGufoCorvo (Utente disabilitato) N° messaggi: 2372 - Iscritto da: 23/10/2017
398 di 1003 - 21/12/2017 10:48
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
GIANNI ZONIN ULTIMO BRINDISI PER L'EX BANCHIERE RAMPANTE DELLA
POPOLARE DI VICENZA

Dai vini alla finanza, è partito dal Veneto costruendo una rete 
di potere e affari estesa fino a Roma e alla Sicilia. Con il via libera della politica e di Bankitalia. Ma ora tutto il sistema sta crollando sotto i colpi delle inchieste giudiziarie
di Vittorio Malagutti


Nell’estate nera della popolare di Vicenza, tra buchi in bilancio e indagini della magistratura, neppure il vino ha portato conforto a Gianni Zonin, da vent’anni al timone della banca veneta. A fine agosto, il Consiglio di Stato ha stabilito che il moscato di Zonin non è vero moscato. Niente etichetta docg, quindi, perché i vigneti della tenuta astigiana Castello del Poggio, di proprietà del banchiere, si trovano fuori dalla zona di produzione caratteristica. «Una sentenza scandalosa», ha tuonato l’imprenditore vicentino, padrone di uno dei marchi più noti dell’industria enologica nazionale, con duemila ettari coltivati a vigneti dal Piemonte alla Sicilia, dalla Toscana al Friuli.

La tegola del moscato colpisce un uomo da mesi sulla difensiva. Dopo una vita al comando, il patron della Popolare di Vicenza, 77 anni, si trova costretto ad attaccare gli altri nel disperato tentativo di salvare se stesso. E allora, se adesso la banca è travolta dalla scandalo, con decine di migliaia di soci ingannati e furibondi, i responsabili del disastro, secondo Zonin, vanno cercati nel «precedente management che non ha rispettato le norme vigenti». Parole sorprendenti, pronunciate in pubblico il 5 settembre scorso, davanti a una folla di dirigenti dell’istituto di credito vicentino. Come dire che l’ex direttore generale Samuele Sorato, uscito di scena a maggio, avrebbe manovrato, con pochi e selezionati complici, centinaia di milioni tra prestiti ai soci e investimenti a rischio. Tutto questo senza che il consiglio di amministrazione, a cominciare dal presidente in sella da un ventennio, avesse il benché minimo sospetto su quanto stava accadendo in banca.

La magistratura indaga. E saranno i giudici, alla fine, a stabilire se questa ricostruzione ha qualche fondamento. Intanto però il muro di Vicenza è già crollato. E con il muro anche il piedistallo che da decenni aveva fatto di Zonin l’intoccabile tra gli intoccabili, il mandarino di un potere costruito a Vicenza ma sempre guardando altrove, verso la Banca d’Italia, i palazzi della politica romana e anche quelli della Sicilia, dove la Popolare un tempo rampante è cresciuta grazie ai rapporti con i viceré locali, come l’ex presidente Salvatore Cuffaro, poi finito nei guai (e in carcere) per i suoi rapporti con il sottobosco mafioso.

Un successone, all’inizio. La banchetta di provincia cresce. Un’acquisizione tira l’altra e la gente applaude il capo. Nel 1996, quando Zonin prende il timone, la Popolare Vicentina (allora si chiamava così) contava 150 sportelli e poco più di 20 mila azionisti. Adesso le filiali sono 650 e gli azionisti oltre 120 mila. Nel frattempo il re del vino diventato banchiere ha fatto il gran salto nell’alta finanza, si è aperto un varco nei grandi affari del capitalismo nostrano, ha conquista i titoli dei giornali a suon di annunci.

Nel 1998, tanto per cominciare, l’istituto veneto, alleato a colossi come l’Ina e lo spagnolo Banco Bilbao, compra una quota della Bnl appena privatizzata. La vendita di quelle azioni frutterà profitti per centinaia di milioni di euro e anche un processo, da cui Zonin uscirà assolto, per complicità nella scalata alla banca romana lanciata nel 2005 dall’Unipol di Giovanni Consorte insieme a una variegata compagnia di soci. Nel 2002 arriva la prima grande acquisizione fuori dal Triveneto. La Cassa di Prato, a quei tempi in grave difficoltà, viene salvata grazie all’intervento della banca vicentina.

Il gran capo della Popolare si muoveva con le spalle ben coperte. Antonio Fazio, all’epoca governatore della Banca d’Italia, approva e benedice la crescita a tappe forzate di Vicenza. Fazio esce di scena nel 2006, travolto dalle disavventure della Popolare Lodi di Gianpiero Fiorani, un altro suo protetto. Zonin, però, non ha mai smesso di coltivare rapporti al massimo livello nelle stanze dell’Authority di Vigilanza. Il caso che ha fatto più rumore, almeno di recente, è quello di Giannandrea Falchi, già stretto collaboratore di Mario Draghi quando era governatore. Falchi è stato ingaggiato nel 2013 come consigliere per le relazioni istituzionali. Negli anni precedenti, però, anche altri funzionari di Bankitalia erano approdati nella città del Palladio.

Per esempio Mariano Sommella, assunto nel 2008 con i gradi di responsabile della segreteria generale. E poi Luigi Amore, ex ispettore della Vigilanza diventato responsabile dell’audit, i controlli interni. In consiglio di amministrazione, sulla poltrona di vicepresidente, troviamo invece Andrea Monorchio, che come Ragioniere generale dello Stato per ben 13 anni, dal 1989 al 2002, ha accumulato un patrimonio di esperienza e di conoscenze che Zonin ha pensato bene di mettere al servizio della sua Popolare.

La nomina di Monorchio risale al 2011. In quel periodo, con la recessione che incombe e migliaia di clienti che faticano a restituire i prestiti, la Popolare naviga in acque sempre più agitate, ma è difficile capirlo dai bilanci. Il presidente rassicura tutti paragonando la sua banca alla Svizzera, un’oasi di benessere nel mondo in tempesta. E tra i suoi collaboratori nessuno osa dire il contrario. Neppure quelli che, almeno in teoria sarebbero pagati per vigilare sulla regolarità dei conti. Silenzio. E non è una sorpresa. Il gran capo dell’istituto si è circondato di fedelissimi e chi canta fuori dal coro perde il posto. Non per niente nell’arco di una ventina d’anni hanno fatto le valigie almeno otto direttori generali e una dozzina di responsabili della finanza, l’area più delicata.

Anche tra gli amministratori è stata premiata la fedeltà. Il vicepresidente Marino Breganze, 68 anni, siede in consiglio dal lontano 1986. Almeno un terzo dei 18 componenti del board ha varcato la soglia dei settant’anni e gran parte degli altri viaggia intorno ai sessanta. Tutti fedelissimi di Zonin, così come il presidente del collegio sindacale Giovanni Zamberlan, classe 1939, un commercialista che da tempo lavora come professionista di fiducia per gli affari personali del presidente.

Nomine inopportune e conflitti d’interesse erano lì, nero su bianco, sotto gli occhi di tutti. Nessuno si è mosso, però. Del resto gli affari andavano alla grande. E cresceva anche il valore dei titoli dell’istituto, fissato di anno in anno sulla base di una perizia commissionata dalla banca stessa. Già nel 2001 un’ispezione della Banca d’Italia si era occupata dei criteri con cui vengono valutate le azioni. Nessun rilievo. Nessuna sanzione. E finisce nel nulla anche un esposto sullo stesso tema presentato da un’associazione di consumatori (Adusbef) nel 2008. Il tribunale archivia. Così come, tre anni prima, al termine di un lungo batti e ribatti giudiziario, i giudici avevano deciso di non dar seguito all’esposto di gruppo di azionisti che denunciava presunti affari in conflitto d’interesse di Zonin.

Poi si è scoperto che Antonio Fojadelli, il pm che per primo indagò sul caso chiedendo l’archiviazione è stato ingaggiato come amministratore in una società controllata dalla Popolare. Mentre Giuseppe Ferrante, un ufficiale della Guardia di Finanza che partecipò all’indagine, nei primi mesi del 2006 ha lasciato l’incarico di capo della Tributaria a Vicenza per diventare dirigente della banca cittadina.

Per anni gli ispettori della Vigilanza vanno e vengono, ma il presidente della Popolare resta ben saldo in sella. È lui il potere forte del Nordest. Fila d’amore e d’accordo con il sindaco di Verona, Flavio Tosi, e anche con Giancarlo Galan, il governatore veneto poi travolto dallo scandalo Mose. Nulla cambia con il successore di Galan, il leghista Luigi Zaia. A Vicenza i sindaci passano, Zonin resta. E il potere locale non può fare a meno di omaggiare il banchiere che finanzia ogni sorta di iniziativa, dal calcio alle mostre alla beneficenza.

Il gran capo della Popolare, però, pensa in grande. I confini regionali gli stanno stretti e cerca altrove il modo di crescere. L’obiettivo dichiarato è quello di arrivare a mille filiali, costi quel che costi. Nel 2007 vengono acquistati a peso d’oro 61 sportelli messi in vendita in Lombardia dalla bergamasca Ubi Banca. La Toscana è presidiata grazie alla rete ereditata dalla Cassa di Prato. È in Sicilia, però, che Zonin si muove con il piglio del conquistatore. La controllata Banca Nuova, partita praticamente da zero nel 2000, cresce fino a rubare la scena al mattatore locale, il Banco di Sicilia passato sotto il controllo di Unicredit. Zonin, che in Sicilia possiede una grande tenuta (comprata nel 1997) a Butera, nel Nisseno, diventa di fatto il più influente banchiere locale.

A dirigere le operazioni sul campo c’è Francesco Maiolini, l’amministratore delegato di Banca Nuova. Maiolini sa come muoversi nell’acqua torbida del potere isolano. Tra l’altro mette a libro paga parenti e amici di politici e magistrati. Qualche esempio: il figlio del procuratore di Palermo, Francesco Messineo, la figlia di Diego Cammarata, sindaco del capoluogo tra il 2001 e il 2002. Grazie ai legami con i governatori, prima Cuffaro, poi Salvatore Lombardo, in breve tempo Banca Nuova diventa una sorta di succursale finanziaria della Regione e gestisce miliardi di fondi pubblici. Maiolini corre. Forse troppo. Fatto sta che nel 2012, a maggio, perde il posto. Era diventato un viceré, autonomo a tal punto da fare ombra al capo, a Zonin. E il presidente non tollera concorrenti in casa.

Intanto, la Popolare arranca. Servono nuovi capitali per tappare le falle in bilancio, sempre più evidenti. Sui giornali, però, viene venduta l’immagine della banca rampante, che cerca soldi per diventare ancora più grande. Bankitalia vede. E tace. Anzi, accredita Vicenza come “polo aggregante”, pronta per nuove acquisizioni. Scende in campo Sorato, il fedelissimo di Zonin, una carriera tutta interna all’istituto. Gli aumenti di capitale, nel 2013 e nel 2014, vengono finanziati con quasi un miliardo di prestiti irregolari ai soci. Per non parlare degli investimenti ad alto rischio nei fondi offshore.

Lo scandalo emerge molto più tardi e solo grazie alla Vigilanza europea, quella della Bce di Francoforte. Poi arrivano Guardia di Finanza e magistrati. Siamo all’ultimo atto della storia. «Io non c’entro», si difende Zonin. Il guaio, per lui, è che nessuno lo applaude più. La sala è vuota.
"Maschi" si nasce, "Uomini" si diventa!
MODERATO Franco Cecchino (Utente disabilitato) N° messaggi: 681 - Iscritto da: 10/11/2017
400 di 1003 - 22/12/2017 13:15
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
Franco Cecchino

ma che tu sia nato maschio ci credo,anzi non ne dubito affatto,poffarbacco,
è sul fatto che tu sia diventato uomo che nutro qualche dubbio,dopo aver
letto la risposta al mio post , my dear, visto che del serissimo argomento
ti ha colpito esclusivamente la mia firma......
1003 Commenti
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