Gruppo Riva (DAN)

- 26/5/2013 11:17
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006
Grafico Intraday: Danieli & C Officine Meccaniche SpaGrafico Storico: Danieli & C Officine Meccaniche Spa
Grafico IntradayGrafico Storico

Il gruppo ha origine dalla società “Riva & C.”, costituita dai fratelli Emilio ed Adriano Riva nel 1954 con lo scopo di commercializzare rottami di ferro, destinati alle acciaierie a forno elettrico del Bresciano. Nel 1957 è realizzato il primo stabilimento produttivo con forno elettrico a Caronno Pertusella (VA), dove nel 1964 è installata una macchina di colata continua curva, prodotta dall’azienda impiantistica Danieli ed ancora in fase di collaudo; il collaudo ha esito positivo e l’adozione prima dei concorrenti della colata continua diventa la più importante fonte di vantaggio competitivo dell’impresa, che negli anni successivi inizia il suo processo di espansione. In seguito la colata continua è adottata anche dai siderurgici bresciani, i produttori di “tondino” (tondo per cemento armato) con i quali Riva è spesso accomunato. Nel 1966 è acquisita la Acciaierie del Tanaro nel cuneese, nel 1970 la S.E.E.I nel bresciano, nel 1971 Riva entra nella Siderurgica Sevillana in Spagna, nel 1976 nella Iton Seine in Francia. Nel 1981 è acquisita la Officine e Fonderie Galtarossa di Verona. Caratteristica dei Riva, nel corso di questa fase di crescita, è quella di non creare mai una holding di famiglia che consolidi le loro attività, così che l’importanza economica del loro gruppo non appare nelle statistiche ufficiali[3]. Nel gruppo lavorano in posizioni dirigenziali i figli di Emilio (Fabio, Claudio, Nicola e Daniele), di Adriano (Angelo e Cesare) e uno dei figli di Fabio Riva.

Struttura e dati societari

Il Gruppo Riva è formato da diverse società operanti nel settore siderurgico, core business del gruppo; le quali sono affiancati da società finanziarie. Il 100% del gruppo è della famiglia Riva che lo controlla, per il 39,9%, tramite una capogruppo con sede a Lussemburgo denominata "Utia".[4] Tuttavia il gruppo sta affrontando un grande processo di ricapitalizzazione che andrà a incidere anche sul restante 60,1% del capitale.[5] Il 100% dell'intero gruppo è tuttavia da attribuire ad Angelo ed Emilio Riva e relativi figli. Il gruppo si è concentrato, in cinquant'anni di storia, ad una forte espansione nel settore siderurgico che lo ha portato alla realizzazione di molte acquisizioni, la più importante di queste è avvenuta nel 1995 con l'acquisto dell'Ilva da parte del Governo Italiano. L'intero gruppo possiede (2011) 36 siti produttivi, di cui 19 in Italia dove viene prodotto il 62% dell'acciaio dell'intero gruppo e dove l'azienda realizza circa il 67% del fatturato. Altri siti si trovano in Belgio, Francia, Germania, Spagna, Grecia, Tunisia e Canada. Fanno parte del gruppo anche 24 strutture correlate divise fra centri di servizio e società commerciali.[2]



Lista Commenti
22 Commenti
1 
1 di 22 - 26/5/2013 11:17
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006


perchè non l'hanno mai quotato ? Visto che incide sul P.I.L. italico ?


2 di 22 - 02/9/2013 20:34
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006


L'Ilva è una società per azioni del Gruppo Riva che si occupa prevalentemente della produzione e trasformazione dell'acciaio. Con il nome della originaria azienda fondata nel 1905, è nata sulle ceneri della dismessa Italsider. Prende il nome dal nome latino dell'isola d'Elba, dalla quale era estratto il minerale di ferro che alimentava i primi altiforni costruiti in Italia a fine Ottocento.

Il più importante stabilimento italiano è situato a Taranto, e costituisce il maggior complesso industriale per la lavorazione dell'acciaio in Europa. Altri stabilimenti sono a Genova, Novi Ligure (AL), Racconigi (CN), Marghera (VE), Patrica (FR).
3 di 22 - 02/9/2013 20:35
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006
Queste le date principali nella storia dell'Italsider[1]:
1905: Viene costituita la società anonima Ilva.
1911: nasce il "Consorzio Ilva".
1918: nasce Ilva Alti Forni e Acciaierie d'Italia.
1931: trasferimento della sede a Genova.
1934: il controllo societario passa all'IRI e, tre anni dopo, alla finanziaria Finsider.
1949: viene costituita a Roma dalla Finsider la Nuova Italsider, Società Siderurgica Commerciale.
1961: fusione dell'Ilva con la Cornigliano Spa: nasce la Italsider Alti Forni e Acciaierie Riunite Ilva e Cornigliano.
1964: la ragione sociale diviene semplicemente Italsider.
1965: inaugurazione del IV Centro Siderurgico di Taranto.
1980: trasferimento a Genova della Nuova Italsider.
1981: la controllata Nuova Italsider rileva tutti i complessi aziendali eccetto quelli di Marghera e San Giovanni Valdarno.
1983: viene decisa la liquidazione societaria con cessione alla Finsider della partecipazione azionaria nella Nuova Italsider.
1986: viene deliberata la fusione per incorporazione della Nuova italsider nella Sirti del gruppo IRI-STET.
1989: conferimento dell'impianto di Cornigliano al gruppo Riva.
1995: privatizzazione dell'Ilva, con cessione dell'impianto ex-Italsider di Taranto al gruppo Riva
4 di 22 - 02/9/2013 20:40
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006
Storia





(

L'Ilva/Italsider è stata una delle maggiori aziende siderurgiche italiane del XX secolo. La sua storia è quasi centenaria e ha avuto inizio ai primi del secolo per concludersi a fine anni ottanta.

Nata per iniziativa di industriali del settentrione d'Italia come ILVA (nome che ha poi riacquistato dagli anni novanta), con la nascita dell'IRI la società è passata poi sotto il controllo pubblico impiantando stabilimenti a Genova-Cornigliano, Taranto e Napoli-Bagnoli. Negli anni sessanta è diventato uno dei maggiori gruppi dell'industria di stato.

A fine anni ottanta, con la crisi del mercato dell'acciaio, e dopo diverse traversie economico-finanziarie - culminate nel 1983 nella liquidazione volontaria e la conseguente cessione alla Finsider della partecipazione azionaria nella Nuova Italsider, l'Italsider è rinata con la costituzione del consorzio COGEA come Nuova Italsider Acciaierie di Cornigliano per poi essere rilevata, con l'originario nome di ILVA, dal gruppo siderurgico Riva.

L'operazione di cessione a privati dello storico complesso - un tempo colosso della siderurgia - ha destato polemiche e perplessità in special modo fra dirigenza industriale, amministratori pubblici e popolazioni delle aree in cui si trovavano gli insediamenti produttivi, zone fortemente minate dall'inquinamento industriale provocato dalla presenza di altiforni.

Con gli anni novanta è iniziata la laboriosa opera di dismissione degli impianti produttivi e una riconversione delle aree precedentemente occupate dagli insediamenti siderurgici.

L'atto di costituzione dell'ILVA, avvenuto nel capoluogo ligure, risale al 1º febbraio 1905 dalla fusione delle attività siderurgiche dei gruppi Elba (che operava a Portoferraio), Terni e della famiglia romana Bondi, che aveva realizzato un altoforno a Piombino. Il capitale sociale iniziale era di dodici milioni di lire e di esso facevano parte la società Siderurgica di Savona (controllata dalla società Terni), la Ligure Metallurgica e, in forma diretta, la stessa Terni. Successivamente si aggiunse al capitale iniziale - portandolo a venti milioni - quello della Elba, il cui ingresso veniva a completare la compagine societaria.

Il gruppo base Terni-Elba - attivo nel settore dell'estrazione del minerale di ferro soprattutto nell'isola d'Elba - era controllato da esponenti della finanza genovese[2]. che intendevano sfruttare le agevolazioni programmate con la legge per il risorgimento economico di Napoli - varata nel luglio 1904 - che prevedeva l'installazione entro il 1908 di un grande impianto a ciclo integrato a Bagnoli.

L'Ilva era stata costituita, con il sostegno governativo, per realizzare il polo siderurgico di Bagnoli, nell'ambito dei piani per lo sviluppo dell'industrializzazione nel napoletano elaborati dall'allora deputato Francesco Saverio Nitti; questo le permetteva di ricevere forniture di minerale di ferro a prezzo agevolato e di godere di forti barriere doganali che la proteggevano dalla concorrenza delle più efficienti imprese siderurgiche straniere.


L'azione di dumping messa in atto dai concorrenti esteri - che si sarebbe rivelata al pari dannosa ottant'anni dopo, decretando il definitivo stato di crisi del settore acciaio - fece subito capire che l'azione della nuova società non sarebbe stata tuttavia agevole.

Nel periodo della prima guerra mondiale, per sfruttare le opportunità offerte dalle commesse belliche, l'Ilva si integrò a valle acquisendo aziende cantieristiche ed aeronautiche; questo richiese ingentissimi investimenti e conseguenti debiti, che, a guerra finita, misero l'Ilva in gravi difficoltà finanziarie.

L'ingresso nell'IRI e gli anni di Italsider

Nel 1921 la Banca Commerciale Italiana, il maggior creditore dell'azienda, ne rilevò la proprietà assieme a quella di numerose imprese siderurgiche minori. Con la costituzione dell'IRI l'Ilva e tutte le altre imprese possedute dalla Banca Commerciale passarono in mano pubblica: tutta la siderurgia italiana a ciclo integrale (altiforni di Portoferraio, Piombino, Bagnoli e Cornigliano) era posseduta dallo Stato attraverso l'IRI.

Con l'immediato secondo dopoguerra, e grazie soprattutto alla conseguente espansione della domanda di acciaio per l'industria automobilistica e dell'elettrodomestico, l'Ilva aveva avuto agio di rafforzare - passando nel frattempo sotto il controllo pubblico attraverso la finanziaria Finsider - la propria predominanza sul mercato.

Punto di forza del nuovo fausto periodo era lo stabilimento "Oscar Sinigaglia" di Cornigliano, in Val Polcevera.




Nel 1961 con la costruzione del nuovo polo siderurgico di Taranto l'Ilva prese il nome di Italsider.

5 di 22 - 02/9/2013 20:40
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006
L'acquisizione dell'Italsider da parte della famiglia Riva: il ritorno a Ilva

La successiva crisi del settore, registrata negli anni 1980, ne ha poi provocato un grave stato di crisi.

La denominazione Ilva fu ripresa nel 1988 quando Italsider e Finsider furono messi in liquidazione e scomparvero. La "nuova" Ilva fu smembrata alla vigilia del processo di privatizzazione; già ceduto l'impianto di Cornigliano e chiuso quello di Bagnoli, l'acciaieria di Piombino fu venduta al gruppo bresciano Lucchini, mentre l'attività più significativa, il grande polo siderurgico di Taranto, passò nel 1995 al Gruppo Riva. A Taranto la nuova proprietà organizza un sistema di punizione dei dipendenti non allineati alle direttive aziendali circa la novazione dei contratti di lavoro, denominato palazzina LAF. La palazzina adiacente al Laminatoio a Freddo era priva di strumenti di lavoro e suppellettili; qui i dipendenti venivano portati per la prima volta dai vigilanti e trascorrevano l'orario di lavoro senza prestare alcuna attività.
6 di 22 - 02/9/2013 20:43
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006
Impatto ambientale

L'Ilva è al centro di un vasto dibattito per il suo impatto ambientale sia a Taranto sia a Genova. Le sue emissioni sono state oggetto di diversi processi penali per inquinamento che si sono conclusi in alcuni casi e gradi di giudizio con la condanna di Emilio Riva e di altri dirigenti.

Genova

A Genova nel 2002 sono state chiuse le cokerie per il loro impatto sulla salute, in particolare nel quartiere di Cornigliano, nelle cui vicinanze sorge lo stabilimento siderurgico. Uno studio epidemiologico[5] ha evidenziato una relazione tra polveri respirabili (diametro inferiore od uguale a 10 micron o PM10) emesse dagli impianti siderurgici ed effetti sulla salute. Lo studio epidemiologico attesta che nel quartiere di Cornigliano nel periodo 1988-2001, la mortalità complessiva negli uomini e nelle donne risulta costantemente superiore al resto di Genova. Nel luglio 2005 è stato spento anche l'altoforno numero 2 dello stabilimento di Cornigliano. Finisce l'era della siderurgia a caldo a Genova con notevole abbattimento dell'inquinamento e un aumento di disoccupazione.

Taranto

Lo stabilimento Ilva di Taranto è localizzato nel quartiere Tamburi e, precisamente, nell'area compresa tra la Strada statale 7 Via Appia, la Superstrada Porto-Grottaglie, la Strada Provinciale 49 Taranto-Statte e la Strada provinciale 47, per una superficie complessiva di circa 15.450.000 metri quadrati.

In alternativa alla città di Taranto, per il IV Centro Siderurgico si pensò anche alle città di Vado Ligure e di Piombino (ampliamento dello stabilimento già esistente), ma si scelse Taranto grazie alle sue aree pianeggianti e vicine al mare, la disponibilità di calcare, di manodopera qualificata nonché alla sua ubicazione nel Mezzogiorno d'Italia, con annessa possibilità di creare posti di lavoro (43.000 tra diretti e indotto nel 1981) e di usufruire di contributi statali per tale obiettivo.

Al 2005 sono 188 le imprese pugliesi dell'indotto ILVA, che fatturano in totale 310 milioni di euro.

Il IV Centro Siderurgico di Taranto sfornava nel 1970 il 41% della produzione totale di Italsider, percentuale che nel 1980 raggiunse il 79% del totale.

L'impianto fu costruito nelle immediate vicinanze del quartiere Tamburi, che attualmente può contare circa 18.000 abitanti. Il quartiere, già esistente, si sviluppò ulteriormente negli anni a seguire grazie anche agli interventi di edilizia popolare destinati proprio agli operai dello stabilimento. Nel 2012 sono state depositate preso la Procura della Repubblica di Taranto due perizie, una chimica e l'altra epidemiologica, nell'ambito dell'incidente probatorio che vede indagati Emilio Riva, suo figlio Nicola, Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento siderurgico, e Angelo Cavallo, responsabile dell'area agglomerato. A loro carico sono ipotizzate le accuse di disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico. Sarebbero particolarmente inquinanti i 70 ettari di parchi minerali per via delle polveri, che fungono da veicolanti dei gas nocivi, le cokerie che emettono soprattutto benzo(a)pirene, ed il camino E312 dell'impianto di agglomerazione per quanto riguarda la diossina.
7 di 22 - 02/9/2013 20:45
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006
Perizia chimica

Nella prima perizia sulle emissioni, si legge che nel 2010 Ilva aveva emesso in aria le seguenti sostanze convogliate (tabella A-1 della perizia):
4.159.300 kg di polveri;
11.056.900 kg di diossido di azoto;
11.343.200 kg di anidride solforosa;
7.000 kg di acido cloridrico;
1.300 kg di benzene;
338,5 kg di idrocarburi policiclici aromatici;
52,5 g di benzo(a)pirene;
14,9 g di policlorodibenzodiossine (abbreviato in diossine) e policlorodibenzofurani;
280 kg di cromo III (cromo trivalente);

Inoltre, da dichiarazione E-PRTR della stessa ILVA (tabella C-1 della perizia):
172.123.800 kg di monossido di carbonio;
8.606.106.000 kg di biossido di carbonio;
718.600 kg di composti organici volatili non metanici;
8.190.000 kg di ossidi di azoto;
7.645.000 kg di ossidi di zolfo;
157,1 kg di arsenico;
137,6 kg di cadmio;
564,1 kg di cromo;
1.758,2 kg di rame;
20,9 kg di mercurio;
424,8 kg di nichel;
9.023,3 kg di piombo;
23.736,4 kg di zinco;
15,6 g di diossine;
337,7 kg di idrocarburi policiclici aromatici;
1.254,3 kg di benzene;
356.600 kg di cloro e composti organici;
20.063,2 kg di fluoro e composti organici;
1.361.000 kg di polveri.

A tali emissioni convogliate, vanno aggiunte tutte quelle non convogliate, cioè disperse in modo incontrollato, la cui quantità è riportata nelle tabelle A-III, B-III, C-III, D-III, E-III, F-III, G-III, H-III, I-III della stessa perizia, e che riguardano tutte le suddette sostanze, in aggiunta ad acido solfidrico, vanadio, tallio, berillio, cobalto, policlorobifenili (PCB) e naftalene. La fuoriuscita di gas e nubi rossastre dal siderurgico (slopping) è un fenomeno documentato dai periti chimici e dai NOE di Lecce.[9] Come da risposta al quesito II della perizia sulle emissioni, la diossina accumulata negli anni nel corpo degli animali, abbattuti gli anni precedenti proprio perché contaminati, è risultata la stessa presente negli elettrofiltri dei camini del polo siderurgico.

Per quanto riguarda la diossina, gli impianti dell'Ilva ne emettevano nel 2002 il 30,6% del totale italiano, ma sulla base dei dati INES (Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti) del 2006, la percentuale sarebbe salita al 92%, contestualmente allo spostamento in loco delle lavorazioni "a caldo" dallo stabilimento di Genova.

Secondo le rilevazioni degli ultimi anni le emissioni di diossima dell'acciaieria si sono ridotte ad alcuni grammi l'anno.
8 di 22 - 02/9/2013 20:46
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006
Perizia epidemiologica

Per ciò che riguarda la perizia epidemiologica, i modelli epidemiologici adottati dai periti di parte nominati della Procura di Taranto hanno attribuito per tutte le cause di morte, nei sette anni considerati:
un totale di 11 550 morti, con una media di 1650 morti all'anno, soprattutto per cause cardiovascolari e respiratorie;
un totale di 26 999 ricoveri, con una media di 3 857 ricoveri all'anno, soprattutto per cause cardiache, respiratorie, e cerebrovascolari.

Di questi, considerando solo i quartieri Tamburi e Borgo, i più vicini alla zona industriale:
un totale di 637 morti, in media 91 morti all'anno, sono stati attribuiti ai superamenti dei limiti di PM10 di 20 microgrammi a metro cubo (valore consigliato OMS rispetto al limite di legge europeo di 40 microgrammi a metro cubo). Secondo il Ministero della Salute, il problema del PM10 a Taranto, seppur inferiore all'inquinamento di PM10 di molte città dell'Italia Settentrionale, è determinato dalla tipologia di inquinanti che quelle polveri sottili veicolano.
un totale di 4 536 ricoveri, una media di 648 ricoveri all'anno per malattie cardiache e malattie respiratorie, sempre attribuibili ai suddetti superamenti.

Secondo i periti nominati dalla procura, la situazione sanitaria a Taranto appare molto critica.[15] Gran parte delle sostanze rilevate nella perizia sulle emissioni sono state poi considerate in quella epidemiologica come "di interesse sanitario". Gli inquinanti sono in concentrazioni più elevate nei quartieri in prossimità dell'impianto. Le stesse concentrazioni variano nel tempo e dipendono dalla direzione del vento.

Gli esiti sanitari per cui secondo taluni esiste una "forte evidenza scientifica" di possibile danno che potrebbe essere attribuito alle emissioni del siderurgico sarebbero:* mortalità per cause naturali, patologie cardiovascolari, patologie respiratorie, in particolare per i bambini, tumori maligni. Gli esiti sanitari per cui secondo taluni vi sia una "evidenza scientifica suggestiva" di un possibile danno dovuto alle emissioni delle industrie presenti a Taranto inoltre sarebbero malattie neurologiche e renali, tumore maligno dello stomaco tra i lavoratori del complesso siderurgico.

La perizia epidemiologica si conclude con un'affermazione che sintetizza quella che, secondo le metodologie di rilevazione adottate, è la situazione dell'area ionica: "L'esposizione continuata agli inquinanti dell'atmosfera emessi dall'impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell'organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte".
9 di 22 - 03/9/2013 02:29
giusemauro N° messaggi: 6002 - Iscritto da: 22/10/2011
duca tanto non la fanno chiudere che se ne fregano loro delle persone che si ammalano ...
10 di 22 - 03/9/2013 07:59
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006
Quotando: giusemauroduca tanto non la fanno chiudere che se ne fregano loro delle persone che si ammalano ...




ma per "noi" , che amiamo questa patria, questi posti ...da Livigno a Siracusa ...che vediamo tutto crollarci sotto gli occhi ...


perchè non partiamo da lì ? INSORGERE per RISORGERE ...

se è vero che non abbiamo più niente da perdere ...come a Reggio Calabria ...
11 di 22 - 03/9/2013 15:18
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006


vedi , Duca , come i nuovi garibaldini senza camicia rossa, gli altruisti del nuovo millennio , i globalizzati che si scandalizzano per i mocciosi di haiti , hanno a cuore questa "patria " ? Se ne sbattono i coglioni , perchè il loro orto è più importante ...basta che tutto sia almeno a 100 chilometri da casa e loro ingrassano ...


12 di 22 - 12/9/2013 17:27
Albertodiamond N° messaggi: 563 - Iscritto da: 12/1/2013
Gruppo riva acciaio oggi 12 settembre chiude gli stabilimenti Verona Lecco Brescia ecc ecc 1400 esuberi si vede la luce in fondo al tunnel.......
13 di 22 - 12/9/2013 20:48
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006
Quotando: AlbertodiamondGruppo riva acciaio oggi 12 settembre chiude gli stabilimenti Verona Lecco Brescia ecc ecc 1400 esuberi si vede la luce in fondo al tunnel.......




diciamola tutta


di Francesca Piscioneri

ROMA (Reuters) - Riva Acciaio, società della famiglia Riva, cessa da oggi tutte le attività a seguito del sequestro preventivo di beni per 8,1 miliardi ordinato dalla magistratura nell'ambito dell'indagine per disastro ambientale sull'Ilva, la mega acciaieria tarantina di proprietà dei Riva.

Riva Acciaio dice che intende impugnare il sequestro e che manderà a casa circa 1.400 addetti occupati negli impianti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco) e Riva Energia e Muzzana Trasporti.

La Guardia di finanza ha sequestrato finora 2,2 miliardi di euro dei Riva di cui oltre 1 miliardo, martedì scorso, tra beni mobili e immobili, titoli bancari e azioni di proprietà di 13 società collegate alla holding Riva Fire.

Il blocco dell'attività "si è reso purtroppo necessario poiché il provvedimento di sequestro preventivo penale del Gip di Taranto, datato 22 maggio e 17 luglio 2013 e comunicato il 9 settembre - in base al quale vengono sottratti a Riva Acciaio i cespiti aziendali, tra cui gli stabilimenti produttivi, e vengono sequestrati i saldi attivi di conto corrente e si attua di conseguenza il blocco delle attività bancarie, impedendo il normale ciclo di pagamenti aziendali - fa sì che non esistano più le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività", spiega l'azienda in una nota.

Riva Acciaio precisa che "impugnerà nelle sedi competenti il provvedimento di sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e inopinatamente esteso al patrimonio dell'azienda, ma nel frattempo deve procedere alla sospensione delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti". Saranno sospese anche "prestazioni lavorative del personale (circa 1.400 unità)".

SINDACATI ALL'ATTACCO, FEDERACCIAI DIFENDE AZIENDA

Dura la reazione della Fiom che vuole un intervento del governo e chiede che siano commissariate tutte le società del gruppo "come previsto dal decreto Ilva, comprese Riva Acciai e Riva Fire, al fine di garantire l'occupazione e la continuità produttiva".

Il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli "diffida l'azienda dall'avviare la messa in libertà dei lavoratori e la invita a ricorrere immediatamente all'utilizzo degli ammortizzatori sociali" e invita la procura "a scorporare dal provvedimento di confisca tutto ciò che impedisce la normale prosecuzione dell'attività produttiva e lavorativa"
14 di 22 - 12/9/2013 20:49
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006


Se ci fosse ancora un popolo unito italico ...si andrebbe tutti all'ILVA di Taranto non in Val di Susa ...
15 di 22 - 13/9/2013 08:13
tucano5 N° messaggi: 529 - Iscritto da: 23/1/2012
Con questo colpo ci distruggono la produzione dell'acciaio.Così siamo in mano alla culona anche in questo settore.Da chi siamo governati. E' successo la stessa cosa nella regione di Huneduara Romania dove c'era un polo siderurgico tipo Taranto e con la scusa dell'inquinamento hanno chiuso tutto e ora è miseria totale. Bastava prendere in mano a livello statale il settore e gestirlo. Andiamo avanti così siamo nella direzione giusta....
16 di 22 - 13/9/2013 08:36
maromonari3 N° messaggi: 5610 - Iscritto da: 25/1/2013
....però abbiamo Brunello cucinelli...
Sono queste le industrie che tirano, l acciaio? A che serve?
17 di 22 - 13/9/2013 11:52
tucano5 N° messaggi: 529 - Iscritto da: 23/1/2012
Servono entrambi, non solo perchè regala i vestiti a qualcuno.Va bene tutto basta rafforzare le nostre aziende non distruggerle. Non so che fine faremo con questa mentalità.
18 di 22 - 13/9/2013 20:06
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006
Quotando: tucano5Con questo colpo ci distruggono la produzione dell'acciaio.Così siamo in mano alla culona anche in questo settore.Da chi siamo governati. E' successo la stessa cosa nella regione di Huneduara Romania dove c'era un polo siderurgico tipo Taranto e con la scusa dell'inquinamento hanno chiuso tutto e ora è miseria totale. Bastava prendere in mano a livello statale il settore e gestirlo. Andiamo avanti così siamo nella direzione giusta....




Situazione complessa, tucano ...che vede tutti gli attori dalla parte della ragione e gli "spettatori" a non capirci una mazza ...

Io dico la mia : Taranto è una delle più belle città marinare del mondo ...deve fare quello per cui è nata ...

La famiglia RIVA ( bresciana ) delocalizzi pure ...gli operai della ILVA tornino a fare i terroni, nella loro semplicità ...ma prima ammazzino i colpevoli !Tutti ...
19 di 22 - 14/9/2013 20:24
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006
La società Riva Forni Elettrici - ex Riva Acciaio, quella dell’ILVA di Taranto – ha comunicato la cessazione di tutte le attività in sette stabilimenti e due società di servizi e trasporti che si trovano in Italia e che fanno parte del gruppo. La decisione è stata presa dopo il sequestro di beni mobili e immobili e di conti correnti per 916 milioni di euro notificato alla società lo scorso 9 settembre dalla procura di Taranto, che indaga sull’ILVA per disastro ambientale. Coinvolge 1402 dipendenti che da domani sospenderanno «le loro attività lavorative». Il custode dei beni sequestrati alla famiglia Riva scelto dal giudice, Mario Tagarelli, potrebbe però ordinare la ripresa dell’attività e il pagamento degli stipendi.

Tutte queste attività, si spiega nella nota del gruppo Riva, «non rientrano nel perimetro gestionale dell’ILVA e non hanno quindi alcun legame con le vicende giudiziarie che hanno interessato lo stabilimento ILVA di Taranto». Ma la decisione si è resa «purtroppo necessaria» poiché il sequestro preventivo



«sottrae all’azienda ogni disponibilità degli impianti e determina il blocco delle attività bancarie, impedendo la normale prosecuzione operativa della società: ciò fa sì che non esistano più le normali condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività».

Gli stabilimenti interessati sono quelli di Verona (429 dipendenti), Caronno Pertusella (Varese, 162 dipendenti), Lesegno (Cuneo, 257 dipendenti), Malegno, Sellero e Cerveno in provincia di Brescia (65, 232 e 137 dipendenti), Annone Brianza (Lecco, 41 dipendenti) e le società sono Muzzana Trasporti e Taranto Energia (114 dipendenti). Sono esclusi dal fermo le attività estere della Riva Forni Elettrici che ha stabilimenti produttivi in Francia, Germania, Belgio, Spagna e Canada.


Il sequestro notificato il 9 settembre, che ha portato alla decisione del gruppo, estende il decreto di sequestro preventivo deciso il 24 maggio scorso: un sequestro per 8 miliardi e 100 milioni di euro «funzionale alla confisca per equivalente», cioè legato alla quantificazione dei danni ambientali prodotti dall’ILVA alla città di Taranto e basato sulle relazioni dei periti consegnate alla Procura e al gip. Il grande sequestro è stato fatto in base alla legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle imprese, che dal 2011 comprende anche i reati ambientali e che prevede “la confisca del profitto che l’ente ha tratto dal reato, anche nella forma per equivalente”.

Nel decreto di sequestro si precisava che i beni mobili, immobili e le disponibilità economiche sequestrate non dovevano essere «strettamente funzionali all’attività dello stabilimento di Taranto» e riguardavano invece il patrimonio della famiglia Riva. L’attività produttiva dell’ILVA, gestita ora da un commissario straordinario, Enrico Bondi, proseguirà quindi con regolarità come stabilito dalla legge 231 del 2012, quella che la Consulta ha poi dichiarato costituzionale. Almeno in teoria. Da una delle due centrali della Taranto Energia (coinvolta nella chiusura) dipende infatti l’alimentazione dello stabilimento dell’ILVA.

I sindacati definiscono la decisione sulla chiusura “una rappresaglia” del gruppo contro il sequestro: davanti ad alcuni stabilimenti si sono già svolte delle manifestazioni organizzate dai dipendenti. Il segretario nazionale della FIOM, Maurizio Landini, ha definito la decisione «un atto di drammatizzazione inaccettabile perché scarica sui dipendenti responsabilità non loro» e ha chiesto al governo di convocare un incontro e di commissariare – «come previsto dal decreto ILVA» – tutte le società controllate dal gruppo, per garantire l’occupazione e la continuità produttiva.
20 di 22 - 14/9/2013 20:25
duca minimo N° messaggi: 38149 - Iscritto da: 29/8/2006


ma tutti i "sindacalisti" di merda che infestano questa penisola ( e ADVFN ) ...perchè non si esprimono ?
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