Greenwashing: Ventura (A2A), in Europa ha le ore contate (MF)
04 Aprile 2023 - 8:51AM
MF Dow Jones (Italiano)
Il greenwashing ha le ore contate, almeno in Europa. Non è il
solito annuncio, ma la sintesi dell'effetto che avrà la nuova
stretta normativa europea arrivata tramite la Corporate
Sustainability Reporting Directive (Csrd), entrata in vigore il 5
gennaio. Questa direttiva europea sul reporting di sostenibilità,
che sostituisce l'attuale Non-Financial Reporting Directive (Nfrd),
introduce sostanzialmente nuovi obblighi nel panorama Europeo con
alcune novità, di cui la principale riguarda l'ampliamento del
perimetro di applicazione. Se oggi, con la Nfrd, i soli soggetti
obbligati a una rendicontazione non finanziaria sono gli enti di
interesse pubblico di grandi dimensioni, oltre a banche e
assicurazioni, con la Csrd l'obbligo di rendicontazione riguarderà
tutti i soggetti quotati, a eccezione delle microimprese e i
soggetti di grandi dimensioni (ovvero che superino almeno due di
tre soglie definite: riguardanti numero di dipendenti, fatturato e
stato patrimoniale), anche se non quotati.
"Questa direttiva dimostra la necessità di rendicontare in modo
esteso sulle tematiche esg per rendere affidabile e controllabile
il grande lavoro che si sta portando avanti. La conseguenza è che
si combatte il greenwashing; una pratica rischiosissima, fomentata
paradossalmente dalla corsa a voler comunicare la sostenibilità",
spiega a MF-Milano Finanza Carlotta Ventura, direttore
Communication, Sustainability and Regional Affairs di A2A.
"L'elemento di discontinuità di questa riforma risiede nel
perimetro di controllo che le imprese dovranno evidenziare nelle
loro strategie di sostenibilità e nello standard di rendicontazione
che dovrà essere adottato", prosegue Ventura. Al momento, gli
standard della Global Reporting Initiative (Gri) sono
universalmente utilizzati per la disclosure, ma la Csrd ha previsto
l'introduzione di nuovi target comunitari, gli European
Sustainability Reporting Standards (ESRS), che dovranno essere
obbligatoriamente utilizzati dalle società in scope.
"Questi ridefiniscono le modalità di narrazione delle
performance aziendali, ponendo al centro la governance, i rischi,
le opportunità, le misure di mitigazione, gli obiettivi prospettici
e anche gli elementi strategici sulle tematiche di sostenibilità e
le loro connessioni con il modello di business aziendale. Le
performance e i Kpi rimangono dati importanti nel reporting, ma
rispetto a quanto previsto dai Gri, i fattori strategici assumono
maggiore rilevanza". Quando la direttiva sarà recepita a livello
normativo italiano, si amplierà enormemente lo spettro delle
aziende coinvolte, portando a un'esplosione dei processi di
rendicontazione strutturata. Si pensi che si prospettano oltre 48
mila società europee in scope alla nuova direttiva, a fronte delle
circa 11mila attuali e addirittura, in Italia, le imprese coinvolte
passeranno da 200 a circa 4mila. Per quanto già allenate, le nuove
disposizioni impatteranno ulteriormente le grandi imprese, le quali
saranno quasi obbligate ad accompagnare le piccole perché la
normativa chiede di rendicontare una serie di informazioni sulla
catena di fornitura, elemento prima non obbligatorio. Se questo
avrà un ruolo per le aziende con una value chain prettamente
italiana, il tema si eleva alla massima potenza per coloro che
hanno una value chain sostanzialmente estera. Non a caso,
sottolinea Ventura, "una delle principali criticità si riscontrerà
per quelle catene del valore sbilanciate verso Paesi non normati su
tematiche Esg e su cui le società europee oggi faticano a reperire
informazioni". Lo sforzo "sarà enorme, ma è un lavoro che ha un
grande significato ed è la leva principale per combattere
concretamente il rischio di greenwashing".
«Il punto importante per la lotta al greenwashing è il passaggio
da un atto volontaristico a un atto doveristico per il sistema
imprenditoriale nella forma più estesa», chiosa Ventura. E spiega:
«Oggi si sta passando da un lavoro svolto e comunicato tramite una
dichiarazione non finanziaria a un'attività di rendicontazione
necessaria perché richiesta dalla legge, divenendo quindi una
componente irrinunciabile per la struttura legale dell'azienda«.
Per le società "sane", quindi «per chi ritiene che il reporting
vada fatto in modo scientifico ed etico è un bene, perché significa
avere numeri che supportano e dimostrano quanto fatto in questa
direzione e non solo il racconto di una storia che poi non c'è».
Sarà anche grazie a questa asseverazione che «il green da hype si
trasformerà in un trend», quasi come è stato per il digitale,
normalizzando comportamenti virtuosi e sostenibili. «È necessario
che un trend di breve termine si strutturi e diventi irrinunciabile
e affinché questo accada è indispensabile che si trasformi in un
elemento culturale. Essendo talmente dettagliato il controllo dei
dati che la normativa richiede alle aziende anche per contrastare
il rischio di greenwashing, per quanto ci riguarda, quando andiamo
a comunicare il nostro report integrato - in fase istituzionale e
di bilancio, in fase territoriale e in attività di conversazione
con target sensibili, i giovani ad esempio - siamo sicuri di
contribuire a moltiplicare la visibilità di una cultura sana»,
conclude.
pev
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April 04, 2023 02:36 ET (06:36 GMT)
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