Il greenwashing ha le ore contate, almeno in Europa. Non è il solito annuncio, ma la sintesi dell'effetto che avrà la nuova stretta normativa europea arrivata tramite la Corporate Sustainability Reporting Directive (Csrd), entrata in vigore il 5 gennaio. Questa direttiva europea sul reporting di sostenibilità, che sostituisce l'attuale Non-Financial Reporting Directive (Nfrd), introduce sostanzialmente nuovi obblighi nel panorama Europeo con alcune novità, di cui la principale riguarda l'ampliamento del perimetro di applicazione. Se oggi, con la Nfrd, i soli soggetti obbligati a una rendicontazione non finanziaria sono gli enti di interesse pubblico di grandi dimensioni, oltre a banche e assicurazioni, con la Csrd l'obbligo di rendicontazione riguarderà tutti i soggetti quotati, a eccezione delle microimprese e i soggetti di grandi dimensioni (ovvero che superino almeno due di tre soglie definite: riguardanti numero di dipendenti, fatturato e stato patrimoniale), anche se non quotati.

"Questa direttiva dimostra la necessità di rendicontare in modo esteso sulle tematiche esg per rendere affidabile e controllabile il grande lavoro che si sta portando avanti. La conseguenza è che si combatte il greenwashing; una pratica rischiosissima, fomentata paradossalmente dalla corsa a voler comunicare la sostenibilità", spiega a MF-Milano Finanza Carlotta Ventura, direttore Communication, Sustainability and Regional Affairs di A2A.

"L'elemento di discontinuità di questa riforma risiede nel perimetro di controllo che le imprese dovranno evidenziare nelle loro strategie di sostenibilità e nello standard di rendicontazione che dovrà essere adottato", prosegue Ventura. Al momento, gli standard della Global Reporting Initiative (Gri) sono universalmente utilizzati per la disclosure, ma la Csrd ha previsto l'introduzione di nuovi target comunitari, gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS), che dovranno essere obbligatoriamente utilizzati dalle società in scope.

"Questi ridefiniscono le modalità di narrazione delle performance aziendali, ponendo al centro la governance, i rischi, le opportunità, le misure di mitigazione, gli obiettivi prospettici e anche gli elementi strategici sulle tematiche di sostenibilità e le loro connessioni con il modello di business aziendale. Le performance e i Kpi rimangono dati importanti nel reporting, ma rispetto a quanto previsto dai Gri, i fattori strategici assumono maggiore rilevanza". Quando la direttiva sarà recepita a livello normativo italiano, si amplierà enormemente lo spettro delle aziende coinvolte, portando a un'esplosione dei processi di rendicontazione strutturata. Si pensi che si prospettano oltre 48 mila società europee in scope alla nuova direttiva, a fronte delle circa 11mila attuali e addirittura, in Italia, le imprese coinvolte passeranno da 200 a circa 4mila. Per quanto già allenate, le nuove disposizioni impatteranno ulteriormente le grandi imprese, le quali saranno quasi obbligate ad accompagnare le piccole perché la normativa chiede di rendicontare una serie di informazioni sulla catena di fornitura, elemento prima non obbligatorio. Se questo avrà un ruolo per le aziende con una value chain prettamente italiana, il tema si eleva alla massima potenza per coloro che hanno una value chain sostanzialmente estera. Non a caso, sottolinea Ventura, "una delle principali criticità si riscontrerà per quelle catene del valore sbilanciate verso Paesi non normati su tematiche Esg e su cui le società europee oggi faticano a reperire informazioni". Lo sforzo "sarà enorme, ma è un lavoro che ha un grande significato ed è la leva principale per combattere concretamente il rischio di greenwashing".

«Il punto importante per la lotta al greenwashing è il passaggio da un atto volontaristico a un atto doveristico per il sistema imprenditoriale nella forma più estesa», chiosa Ventura. E spiega: «Oggi si sta passando da un lavoro svolto e comunicato tramite una dichiarazione non finanziaria a un'attività di rendicontazione necessaria perché richiesta dalla legge, divenendo quindi una componente irrinunciabile per la struttura legale dell'azienda«. Per le società "sane", quindi «per chi ritiene che il reporting vada fatto in modo scientifico ed etico è un bene, perché significa avere numeri che supportano e dimostrano quanto fatto in questa direzione e non solo il racconto di una storia che poi non c'è». Sarà anche grazie a questa asseverazione che «il green da hype si trasformerà in un trend», quasi come è stato per il digitale, normalizzando comportamenti virtuosi e sostenibili. «È necessario che un trend di breve termine si strutturi e diventi irrinunciabile e affinché questo accada è indispensabile che si trasformi in un elemento culturale. Essendo talmente dettagliato il controllo dei dati che la normativa richiede alle aziende anche per contrastare il rischio di greenwashing, per quanto ci riguarda, quando andiamo a comunicare il nostro report integrato - in fase istituzionale e di bilancio, in fase territoriale e in attività di conversazione con target sensibili, i giovani ad esempio - siamo sicuri di contribuire a moltiplicare la visibilità di una cultura sana», conclude.

pev

 

(END) Dow Jones Newswires

April 04, 2023 02:36 ET (06:36 GMT)

Copyright (c) 2023 MF-Dow Jones News Srl.
Grafico Azioni A2A (BIT:A2A)
Storico
Da Giu 2024 a Lug 2024 Clicca qui per i Grafici di A2A
Grafico Azioni A2A (BIT:A2A)
Storico
Da Lug 2023 a Lug 2024 Clicca qui per i Grafici di A2A