Axa: la prova della lista (Mi.Fi.)
06 Marzo 2023 - 9:22AM
MF Dow Jones (Italiano)
Le fondazioni e le casse di previdenza sono stati gli attori
principali di quell'operazione di sistema che nell'autunno scorso
ha messo in sicurezza il Montepaschi. Grazie a un investimento da
quasi 150 milioni questi soggetti hanno consentito alla banca di
chiudere l'aumento di capitale da 2,5 miliardi con un livello
contenuto di inoptato.
Dopo l'uscita di Axa, scrive MF-Milano Finanza, fondazioni e
casse sono diventati i principali soci privati di Siena con una
partecipazione superiore al 4%. La compagnia francese, partner
storico di Siena nella bancassurance, ha infatti messo sul mercato
quasi tutto il suo 7,9% al prezzo di 2,33 euro per azione, ovvero
con uno sconto del 15,1% che ha fruttato una plusvalenza di quasi
39 milioni. In una nota Axa ha motivato la scelta con il desiderio
«di non essere rappresentata nel cda in occasione della prossima
assemblea di Mps e di non influenzare la più ampia strategia a
lungo termine della banca». Dopo l'uscita del secondo socio,
secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, negli ultimi giorni
fondazioni e casse avrebbero avviato discussioni sulla
presentazione di una lista all'assemblea del 20 aprile. In quella
sede il Tesoro (primo azionista al 64%) e i soci privati
nomineranno il nuovo cda e i cambiamenti al vertice della banca
dovrebbero essere consistenti.
Per il momento nessuna decisione è stata ancora presa ma le
ipotesi sul tavolo sarebbero tre: una lista per le sole fondazioni
(Cariplo, Compagnia San Paolo, Crt, CariCuneo, Mps, CariFirenze,
Lucca e Pistoia e Pescia); una lista congiunta per fondazioni e
casse di previdenza (si aggiungerebbero quindi Enpam e Inarcassa);
il sostegno a una formazione presentata dalla sola Fondazione
Montepaschi, la cui partecipazione è salita allo 0,40% in occasione
dell'ultimo aumento. Le prime due opzioni richiederebbero la
presentazione di un accordo di consultazione simile a quello che
Cariplo, Compagnia e gli altri enti hanno promosso sia nel 2019 che
lo scorso anno per il rinnovo del vertice di Intesa Sanpaolo. Nella
terza ipotesi invece non sarebbe necessaria alcuna forma di
sindacato. Se queste sono le ipotesi sul tavolo, c'è ancora un nodo
da sciogliere. I nuovi soci vogliono capire se entro la scadenza
del 26 marzo saranno presentate altre liste di minoranze e, in
particolare, se ci sarà quella dei fondi. Nell'ultimo rinnovo il
comitato dei gestori aveva candidato Marco Giorgino, Alessandra
Barzaghi e Paola De Martini e, se la mossa venisse confermata, le
fondazioni potrebbero fare un passo indietro. Qualcuno ricorda però
che lo statuto di Mps assegna le tre poltrone riservate alle
minoranze con il metodo dei quozienti. Questo meccanismo, rimasto
ormai in poche società quotate, consente maggiore pluralismo in
termini di rappresentanza e non penalizza le liste che hanno
ottenuto poche preferenze. Anche con Assogestioni in campo quindi
fondazioni e casse avrebbero buone chance di ottenere almeno un
posto in cda.
Mentre le riflessioni sono in corso, anche il Tesoro è al lavoro
sui candidati per il Monte. La presidente Patrizia Grieco ha già
annunciato che non si ricandiderà. La manager milanese, vicina al
Partito Democratico, era arrivata al vertice nel 2020 e da qualche
giorno è stata scelta per guidare il cda di Anima Holding, dove è
stata candidata dal primo azionista Banco Bpm. Si libera una
poltrona importante a disposizione del governo, che tra i possibili
candidati potrebbe scegliere l'avvocato Nicola Maione, veterano del
board senese in cui è entrato nel 2017, considerato vicino alla
Lega. La sostituzione di Lovaglio viene invece ritenuta poco
probabile sia per la credibilità che il ceo si è guadagnato tra gli
investitori sia per i rapporti costruttivi stabiliti con la Bce. Se
però si decidesse di cambiare, la scelta potrebbe cadere su uno dei
banchieri italiani oggi apprezzati a Palazzo Chigi, come l'ex Bper
Alessandro Vandelli, il ceo di Finint Fabio Innocenzi e l'attuale
amministratore delegato di Bper Piero Montani. Di sicuro nel resto
del cda i cambiamenti saranno profondi per i 12 posti spettanti al
Mef.
Concluso il rinnovo, il Tesoro dovrà decidere la tempistica
della privatizzazione. Qualche indicazione è già arrivata da
Palazzo Chigi. Nella conferenza di fine anno la premier Giorgia
Meloni ha detto che il governo sta lavorando per creare più poli
bancari in Italia e la privatizzazione di Mps contribuirà alla
realizzazione di tale scenario. «Lavoriamo per assicurare un'uscita
ordinata dello Stato e per creare le condizioni per cui in Italia
ci siano più poli bancari», ha spiegato. Negli ultimi giorni poi ha
ripreso quota l'ipotesi di un'aggregazione con Banco Bpm, che
tuttavia oggi appare prematura soprattutto per ragioni di
governance. Oltre a quello di Mps, anche il cda del Banco è in
scadenza e sarà rinnovato dall'assemblea di aprile. Fino a quel
momento è improbabile che le discussioni entrino nel vivo, senza
contare che il Tesoro non ha ancora individuato gli advisor per la
partita. Le insistenti indiscrezioni sembrano però confermare che
l'ipotesi non è remota.
Non solo perché sulla carta l'aggregazione potrebbe funzionare
in termini di reti commerciali e sinergie, ma anche perché darebbe
vita a quel terzo polo bancario che l'Italia aspetta da dieci anni.
Un progetto che non dispiace a grandi gruppi finanziari come Intesa
Sanpaolo e soprattutto al governo. L'accelerazione sull'uscita del
Tesoro comunque non è scontata, anche perché in ambienti
governativi sta riprendendo quota l'ipotesi di costruire intorno a
Siena un polo bancario a controllo pubblico comprendente anche la
Banca del Mezzogiorno.
alu
fine
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