Negli ultimi 12 mesi il titolo Unicredit ha raddoppiato il proprio valore, lasciandosi alle spalle i ribassi della pandemia e della guerra russo-ucraina e riportandosi ai massimi del 2016. Anche se il periodo è stato generoso per tutte le banche, la carta dell'istituto guidato da Andrea Orcel si è apprezzata molto di più rispetto a quella dei concorrenti (l'indice settoriale è salito solo del 42,62%) e oggi sembra pronta per supportare un'operazione straordinaria. Anche per la ritrovata forza reddituale e patrimoniale del gruppo, che ha chiuso il 2022 con un utile netto di 5,2 miliardi (+47,7%) e un Cet1 al 16%. Per tutte queste ragioni le suggestioni si sono infittite nella city milanese e quella che trova maggior credito fra analisti e banchieri d'affari punta a un ritorno di Unicredit sul dossier Banco Bpm. Il progetto di un blitz sul gruppo guidato da Giuseppe Castagna è da tempo al vaglio di Orcel e già nel febbraio del 2022 stava per concretizzarsi attraverso un'offerta pubblica di acquisto. Una fuga di notizia e, soprattutto, l'invasione dell'Ucraina mandarono a monte quel primo tentativo senza però che il dossier uscisse dal radar di Unicredit. Oggi del resto i tempi per un secondo tentativo sembrano propizi, anche se fonti vicine al vertice di piazza di Gae Aulenti smentiscono che ci siano progetti concreti sul tavolo.

Il mercato comunque si concentra soprattutto sui concambi. Se nel febbraio del 2022 un'azione Unicredit valeva 4,2 azioni Banco Bpm, oggi il rapporto è di uno a 5,1 e risulta quindi più favorevole per un'operazione carta contro carta simile a quella concepita da Intesa Sanpaolo per espugnare Ubi Banca. La mera convenienza finanziaria non è l'unico elemento che, secondo gli analisti, potrebbe giocare a favore del deal. Un blitz avrebbe infatti solidi razionali in quanto rafforzerebbe la presenza di Unicredit in una regione nevralgica come la Lombardia, raddoppiando la rete di sportelli e tallonando così la rivale Intesa Sanpaolo.

Un'idea in linea con quel rilancio delle attività italiane che gli azionisti storici di piazza Gae Aulenti hanno affidato come obiettivo principale a Orcel al momento della nomina. Sia le fondazioni (Crt e soprattutto Cariverona) che la famiglia Del Vecchio hanno finora apprezzato i risultati portati dall'amministratore delegato e potrebbero dare pieno appoggio a un'operazione straordinaria che valorizzi ulteriormente l'italianità del gruppo.

Anche alcuni azionisti di Banco Bpm guardano con favore all'ipotesi. Tra questi c'è ancora una volta la Crt, fulcro del nocciolo di fondazioni e casse previdenziali, che nell'ultimo anno ha stabilizzato la governance dell'istituto. Qualcuno fa peraltro notare che se Fabrizio Palenzona arrivasse alla presidenza dell'ente torinese, l'ex vice presidente di Unicredit potrebbe giocare un ruolo rilevante nella partita. Ma anche il fondo Leone & Partners (4,7%) ha sempre guardato di buon occhio un'eventuale integrazione tra piazza Meda e Unicredit. Occorre poi considerare il rapporto di stima che lega Orcel e il presidente del Banco Massimo Tononi, che il cda ha confermato nel suo ruolo per un nuovo mandato.

Il ceo Giuseppe Castagna non ha mai fatto mistero di avere altri progetti per piazza Meda. L'obiettivo del banchiere che ha traghettato l'istituto attraverso snodi delicati come la trasformazione in società per azioni, la fusione con il Banco Popolare e il percorso di pulizia e di rilancio commerciale è costruire attorno all'istituto il terzo polo del credito nazionale. Per conseguire questo scopo il target più propizio sarebbe il Montepaschi su cui Castagna non ha mai fatto chiusure.

Il premier Giorgia Meloni e il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti sembrano determinati a rispettare la tabella di marcia della privatizzazione concordata con la Commissione Europea. Proprio nelle scorse settimane hanno ripreso circolare indiscrezioni su un coinvolgimento (sinora smentito) di piazza Meda nella privatizzazione del gruppo senese, un match che potrebbe funzionare in termini di reti commerciali e sinergie. Sul Monte peraltro il Banco potrebbe non muovere da solo, ma in tandem con un altro soggetto disponibile a intervenire su porzioni specifiche della rete commerciale. I nomi che si fanno sono quelli di Intesa Sanpaolo e di Bper.

Un blitz di Unicredit scompaginerebbe in profondità questi progetti, ridisegnando la geografia e gli equilibri di potere nel credito italiano. La nuova entità (di cui Castagna potrebbe diventare direttore generale e plenipotenziario per l'Italia) sarebbe infatti un player in grado di competere alla pari con Intesa Sanpaolo, sia in termini finanziari che per peso istituzionale, e distaccherebbe di misura il terzo polo incardinato a quel punto esclusivamente sulla Bper. Resterebbe aperto il problema Montepaschi.

Un intervento di Unicredit sul Banco toglierebbe dalla circolazione due potenziali compratori della banca senese guidata da Luigi Lovaglio, rendendo così molto complesso l'iter di privatizzazione. Senza considerare il nodo del Credit Agricole. Dopo l'acquisto del 9% del capitale del Banco, il gruppo francese ha stretto ulteriormente l'alleanza industriale con piazza Meda attraverso un'importante partnership sulla bancassurance e potrebbe essere restio a mollare la presa.

Per oggi comunque non ci sono ancora proposte formali sul tavolo. Chi sostiene che in realtà si tratti soltanto di voci, per quanto insistenti, si appella al fatto che (a dispetto di quanto accaduto con altre operazioni in passato) nessuno da Banca d'Italia abbia convocato o nemmeno avvisato i vertici di Banco Bpm, come di norma vorrebbe l'etichetta. Va anche detto che al vaglio del vertice di Unicredit potrebbero anche esserci altre operazioni straordinarie oltre a un blitz sul Banco. Negli ultimi anni il gruppo ha per esempio valutato in diverse occasioni una crescita per linee esterne in Nord Europa. L'ex ceo, Jean Pierre Mustier, aveva a lungo studiato un'integrazione con la francese Societé Generale e, in seconda battuta, una fusione con Commerzbank. Questo secondo target è stato esaminato anche da Orcel che avrebbe aperto il dossier all'inizio del 2022 senza mai accantonarlo definitivamente. Nel radar ci sarebbero anche asset in settori di nicchia come i pagamenti, che il vertice di Unicredit vuole valorizzare, anche attraverso operazioni straordinarie sia nel mercato italiano sia all'estero.

red

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