ROMA (MF-NW)--C'è speranza sul pianeta casa. Le tante notizie negative che minacciano il mercato residenziale tra caro mutui, compravendite in forte contrazione, inasprimenti fiscali e bonus e Superbonus meno generosi o cancellati definiscono un quadro certo meno favorevole rispetto a un paio d'anni fa, ma neanche lontanamente comparabile per esempio con la crisi del 2012. In più, anche se il fenomeno è molto recente e per ora limitato, i tassi di interesse, per la prima volta dall'inizio del 2022, hanno registrato un calo di 35-40 centesimi.

Troppo poco per brindare a un'imminente inversione del trend, ma comunque un segnale distensivo, scrive MF-Milano Finanza. Per il resto, il sentiment negativo che pesa sul mattone si può smontare facilmente pezzo per pezzo. A cominciare dalla brusca caduta delle compravendite, che ha destato tanto allarme, anche in termini di tenuta dei prezzi immobiliari. «Il 2023 dovrebbe infatti concludersi con 670-680 mila transazioni, il 15-18% in meno rispetto alle 784 mila dello scorso anno: una flessione considerevole che non gli impedisce tuttavia di confermarsi il terzo miglior anno degli ultimi 15-16 anni», sottolinea Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari. «Niente a che vedere insomma con i minimi del 2013 e del 2014 con meno di 400 mila compravendite. Il problema è che oggi ci confrontiamo con un biennio 2021-2022 da record, anche perché in reazione allo stop del periodo pandemico. Un rallentamento nel 2023 era quindi fisiologico: il rialzo dei tassi ci ha solo messo il carico». Non a caso i prezzi continuano a tenere: è certo rallentata la crescita, anche questa piuttosto vivace negli ultimi due anni, ma il dato di fine anno resta in territorio positivo: +1,6% la variazione media complessiva nelle 13 principali città secondo le stime di Nomisma, destinata a ridursi al +1,1% nei prossimi due anni, con incrementi però più robusti, oltre il 2%, a Milano, Firenze, Bologna e Padova.

Più deboli Venezia e Bari. Un po' meno solida la situazione in provincia, «ma si tratta di mercati piccoli, con meno scambi, dove quindi il mercato tiene», prosegue Breglia. «Senza contare che ci sono piccole realtà, magari a ridosso delle grandi città, dove invece il mercato è brillante, come San Donato e altre realtà dell'hinterland milanese, oppure Rivoli fuori Torino, e Imola». In realtà tenendo conto dell'inflazione si ha comunque un deprezzamento dell'immobile, ma il valore nominale di mercato non viene intaccato. «Merito di una domanda che resta abbastanza vivace, ma anche di un'offerta che non è disposta a sacrificare il prezzo: piuttosto rinuncia alla vendita», spiega Luca Dondi, direttore generale di Nomisma. «Si tratta di una dinamica già vista e tipica del mercato residenziale italiano. E purtroppo non è una buona notizia perché rallenta il potenziale recupero. In altri Paesi oppure nel settore terziario, per esempio negli uffici, la correzione c'è già stata e questo incoraggia la ripartenza degli acquisti, anche a fronte di mutui che per ora non accennano ad alleggerirsi». Quella dei mutui è peraltro forse la questione più spinosa. E non tanto per il livello cui sono arrivati i tassi di interesse, non molto diverso da quello dei primi anni Duemila quando le compravendite arrivarono al massimo storico, così come i prezzi. Anche in questo caso a pesare sul sentiment è la velocità del rialzo dei tassi, oltre tre punti in meno di due anni, e ancor di più il raffronto con il periodo d'oro precedente, quando si potevano spuntare mutui anche a lunghissimo termine a un tasso fisso all'1-1,5%. Una situazione però irripetibile e generata dalla politica monetaria estremamente espansiva varata dalle banche centrali per riavviare l'economia dopo i danni causati dalla pandemia. L'impennata dell'inflazione ha però cambiato il quadro rapidamente, un'inflazione peraltro non ancora del tutto domata. «Più che dal calo della domanda, il pericolo maggiore è rappresentato però dalla stretta alle erogazioni da parte di alcune delle banche, che potrebbe anche peggiorare se dovesse profilarsi un'ulteriore frenata dell'economia se non addirittura uno scenario recessivo», sottolinea Dondi. «In altre parole, se anche i tassi di interesse dovessero continuare a scendere, non è detto che in automatico aumenterebbe l'erogato, perché a mutui meno cari potrebbe accompagnarsi condizioni più rigide riguardo al merito di credito.

Già oggi alcune banche hanno fatto un deciso passo indietro, come dimostra il fatto che per alcune l'erogato è sceso del 60% contro una media di mercato del 25-30%».

La buona notizia è che i tassi a lungo termine da un paio di settimane a questa parte sono un po' scesi. I tassi Irs, cui sono legati i mutui a tasso fisso, si sono ridotti di 35-40 centesimi rispetto ai massimi di inizio ottobre. Fermo invece l'Euribor, cui sono legati i variabili. «Troppo presto però per vedere riflessi concreti sulla rata, comunque limitati a chi ancora deve accendere il finanziamento visto che riguarda solo i prodotti a tasso fisso», sottolineano da Facile.it, che ha anche elaborato le tabelle in pagina. «E troppo presto anche per pensare a una possibile surroga». Il tasso dei mutui non viene infatti aggiornato quotidianamente ma a fine mese o in altra data, e inoltre spesso le banche prendono a riferimento l'Irs medio del mese e non quello dell'ultimo giorno. Prima di inizio dicembre non sono quindi attesi aggiornamenti.

Quanto alla surroga invece, in genere non è possibile prima di un anno dall'accensione del mutuo. Infine, a beneficiare del calo dell'Irs di questi giorni sarebbe solo chi ha fatto il mutuo da settembre in avanti: prima i tassi erano comunque più bassi di adesso. Insomma, occorre che il trend si rafforzi prima di poter vedere qualche effetto sulla rata. «Nel frattempo però qualcosa si può fare», continuano da Facile.it. «Chi ha un mutuo a tasso variabile ha tuttora convenienza a passare al fisso, che in media costa un punto in meno. Chi invece sta per accendere il mutuo è bene che presti attenzione a possibili campagne promozionali delle banche, frequenti a fine anno in vista della chiusura del bilancio.

Per quanto riguarda i tassi di surroga, per esempio Bper e Banca di Sardegna propongono un tasso finito del 3,39% a 25 anni (le migliori offerte di mercato spaziano dal 3,98% al 5%) riservata però agli immobili in classe energetica A o B».

Ma se la situazione di mutui e prezzi presenta delle zone d'ombra, l'andamento degli affitti resta brillante, anche in prospettiva. E anche questo rinforza il mercato della casa. Giudicato ininfluente il rincaro della cedolare secca sugli affitti brevi: potrebbe far salire i canoni o convincere qualche proprietario a rinunciare, ma non a favore degli affitti a lungo termine. «A sostenere i canoni è infatti la forza della domanda, alimentata da turisti, studenti e ora anche da chi non può accedere all'acquisto, e infatti numero di contratti e prezzi sono saliti per tutte le tipologie di locazione», spiega Breglia. «Nel biennio 2021-22 i contratti a lungo termine sono aumentati del 9,1% e quelli a canone concordato dell'8,1%, nonostante in tutte le città siano stati aggiornati gli accordi territoriali e quindi i canoni. Le locazioni brevi sono invece aumentate del 26,7%». Risultato: i canoni sono tornati a livelli pre Covid, e anche oltre. E il trend non sembra alla fine, «a giudicare almeno», conclude Dondi «dal +5% registrato dai canoni nell'ultimo semestre».

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1308:08 nov 2023

 

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