Oggi il cda di Piazzetta Cuccia approva la lista del board

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Milano, 20 set - L'assemblea di Mediobanca in calendario il 28 ottobre potrà essere uno snodo cruciale per il futuro dell'istituto di Piazzetta Cuccia. Dopo il fallimento delle trattative che avrebbero potuto portare alla presentazione di una soluzione unitaria per il rinnovo del consiglio di amministrazione, salvo sorprese si scontreranno infatti due liste: quella messa a punto dal board uscente guidato dall'a.d. Alberto Nagel e quella, formalmente di minoranza ma con il potenziale di stravolgere gli equilibri esistenti, del primo azionista Delfin. Oggi il cda di Piazzetta Cuccia darà il via libera definitivo ai candidati del board, mentre le minoranze avranno tempo fino al 3 ottobre per presentare le proprie liste. Si arriverà così allo showdown dopo anni di coabitazione più o meno pacifica, iniziata nel 2019 con l'ingresso a sorpresa nel capitale di Piazzetta Cuccia della holding fondata da Leonardo Del Vecchio.

2019: public company o non public company?

Alla fine del 2018 si scioglie quel che restava dello storico patto di sindacato che per decenni ha governato l'allora salotto buono della finanza italiana. Si tratta potenzialmente di una svolta epocale: in linea con gli auspici dello stesso management, Mediobanca si avvia a diventare una vera public company controllata dal mercato. Nel novembre 2019 esce interamente dal capitale lo stesso ex primo azionista, l'UniCredit guidata da Jean Pierre Mustier, impegnata in una cura dimagrante attraverso la vendita di tutti gli asset non considerati "core". Decisione salutata con favore da Nagel, che commenta positivamente la crescita della presenza di investitori istituzionali e auspica "una progressiva normalizzazione dell'azionariato" in una "direzione più simile a quella delle banche quotate in Europa".

2019: Delfin in Piazzetta Cuccia

Solo poche settimane prima dell'uscita di UniCredit, il 17 settembre 2019, Delfin senza preavviso fa tuttavia il suo ingresso nel capitale di Mediobanca, con una quota iniziale del 6,9% e un investimento di oltre 500 milioni. Le prime dichiarazioni di Del Vecchio sono bellicose ("Mi aspetto un nuovo piano industriale che non basi i risultati di Mediobanca solo su Generali e Compass, ma progetti un futuro da banca di investimenti"), ma i toni si smorzano progressivamente, fino ad arrivare all'apprezzamento esplicito, in parallelo con il rafforzamento della quota, che a novembre sale al 10% e fa di Delfin il nuovo primo azionista.

2020: "Investitori finanziari", l'impegno con la Bce

Nella primavera del 2020 Delfin ottiene dalla Bce l'autorizzazione a salire fino al 20% del capitale di Mediobanca dopo aver assicurato a Francoforte di voler agire come "investitore finanziario" senza esercitare alcun controllo su Piazzetta Cuccia. In caso contrario, d'altra parte, la holding avrebbe rischiato di finire sotto la diretta vigilanza della Bce e di dover rispettare gli stessi requisiti prudenziali richiesti alle banche. Delfin raggiunge così l'attuale 19,9% del capitale.

2021: prime schermaglie sulla governance

In vista dell'assemblea dell'ottobre 2021 Delfin chiede di modificare lo statuto per eliminare alcune clausole di governance, in particolare quella che impone di scegliere i futuri amministratori delegati e direttori generali di Mediobanca tra chi è già dipendente dell'istituto da almeno tre anni. Il caso si risolve senza veri e propri scontri, dato che il cda presenta una propria proposta di riforma che include le modifiche auspicate da Delfin e aumenta inoltre i posti in consiglio riservati alle minoranze. La holding di Del Vecchio ritira quindi la propria richiesta e vota con il board.

2022: lo scontro si sposta sulle Generali

Nella primavera del 2022 Delfin (azionista di Generali con il 9,77%), Francesco Gaetano Caltagirone (6,23%) e la Fondazione Crt puntano a sostituire l'amministratore delegato della compagnia assicurativa, Philippe Donnet, presentando una lista di candidati alternativa a quella sostenuta da Mediobanca, primo socio del Leone con il 13,13% del capitale. Il blitz non riesce, dato che gli investitori istituzionali si schierano a larga maggioranza con Donnet. Caltagirone, nel frattempo, è entrato a sua volta nell'azionariato di Mediobanca, arrivando progressivamente dall'iniziale 3% all'attuale 9,9%. E c'è chi spiega l'intero interesse di Delfin e Caltagirone per Mediobanca proprio con la volontà di stringere la presa sulle Generali, sventando il rischio di uno smantellamento della quota di Piazzetta Cuccia, eventualità in linea teorica non esclusa da Nagel.

2023: gli scenari possibili

Dopo mesi di quiete la tensione sale improvvisamente nell'estate di quest'anno. In agosto, nell'ambito del processo di definizione dei candidati per il rinnovo dei vertici, Mediobanca propone a Delfin un "Accordo di collaborazione triennale", esteso poi anche a Caltagirone, offrendo complessivamente quattro posti in consiglio a fronte di un impegno a sostenere la strategia della banca. Delfin, guidata da Francesco Milleri dopo la scomparsa di Del Vecchio, chiede una maggiore discontinuità, insieme a una cospicua rappresentanza in cda e all'indicazione di un presidente condiviso. Le posizioni si rivelano inconciliabili: da una parte l'azionista chiede rinnovamento e apertura di una governance giudicata troppo chiusa, dall'altra il cda difende la propria indipendenza, punta sulla continuità operativa alla luce dei risultati raggiunti e si oppone ad architetture di governance incompatibili con gli standard delle banche sistemiche. Lunedì 18 settembre il comitato nomine di Piazzetta Cuccia sancisce così la rottura: la lista che mercoledì 20 settembre approda in cda per l'approvazione definitiva non contiene nomi espressi da Delfin e mira alla conferma di Nagel e del presidente Renato Pagliaro. Gli azionisti avranno invece tempo fino al 3 ottobre per presentare le liste di minoranza: Delfin dovrà scegliere se indicare una rosa corta, da due a quattro nomi, o una lunga con fino a sette candidati. Lo statuto di Mediobanca prevede che la lista che ottiene la maggioranza del voto assembleare elegga dodici consiglieri, la seconda tre e la terza uno (a patto che abbiano superato il 2% del capitale). Dando per scontato che il terzo posto sarà ottenuto dalla lista dei fondi di Assogestioni, se Delfin dovesse prevalere con una lista lunga otterrebbe sette posti, lasciando gli altri sette alla compagine del cda: il risultato sarebbe un board spaccato a metà, che lunedì 18 settembre gli analisti di Kepler Chevreux hanno definito "lo scenario peggiore" per il mercato. Delfin può contare sul suo 19,9% e con ogni probabilità sul 9,9% di Caltagirone, i vertici uscenti sul 10,85% dell'Accordo di consultazione (l'ex patto di sindacato), che tuttavia non ha vincoli di voto. Il pallino è quindi più che mai nelle mani degli investitori istituzionali, che con la loro presenza e il loro voto in assemblea potranno decidere le sorti di Piazzetta Cuccia.

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(RADIOCOR) 20-09-23 09:59:02 (0218) 5 NNNN

 

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September 20, 2023 03:59 ET (07:59 GMT)

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