Prosegue il recupero di redditività per le banche europee che, nel corso del 2017, sono riuscite a raddoppiare il Roe a livello tendenziale - portandolo al 5,7% dal 2,9% dell'anno precedente - e a ridurre pertanto il divario dalle loro rivali statunitensi.

E' quanto rileva la consueta indagine sulle banche internazionali effettuata da Mediobanca R&S, che mette in evidenza come gli istituti d'oltreoceano abbiano chiuso l'ultimo esercizio con questo indicatore a un livello robusto del 7,3%. Lo studio mette sotto la lente i risultati dei 67 principali gruppi bancari mondiali, ventotto dei quali hanno sede in Europa, quindici in Giappone, quattordici negli Usa e dieci in Cina.

Sul fronte del Roe arriva una sorpresa dalle due principali banche italiane, entrambe sopra la media europea e tra i top performer di categoria con un +7,8% per Intesa Sanpaolo (al netto dei 3,5 mld di contributi statali ricevuti in cambio dell'accollo delle due ex popolari venete) e un +10,2% per Unicredit, che sarebbe stato un comunque apprezzabile +6,4% escludendo gli effetti della plusvalenza generata dalla vendita di Pioneer.

Il restringimento progressivo della forchetta Usa/Ue si riscontra anche su altri parametri. E' il caso ad esempio dei costi operativi, scesi dello 0,2% a/a per le banche europee e in crescita del 2,7% negli Usa. Analogamente, il risultato di negoziazione si è rafforzato del 22,2% contro il +7,2% americano e il risultato corrente è migliorato del 28,1% rispetto al +4,2%. Anche all'ultima riga del conto economico si nota un certo riavvicinamento, con il risultato netto che per le banche europee è più che raddoppiato (+101,3% a/a a 69,9 mld) e che è dunque meno distante dai 75,7 miliardi di dollari riportati dagli istituti Usa, che sotto questa voce hanno dovuto fare i conti con una flessione tendenziale del 21,6%. Su questo punto, tuttavia, gli esperti di piazzetta Cuccia hanno posto l'accento sul peso della riforma fiscale Usa operata nel 2017, che ha comportato svalutazioni di deferred tax asset e altri oneri per 8,9 miliardi di euro complessivi in Europa e per ben 21,7 mld di dollari negli Usa. Una situazione che tuttavia dovrebbe tornare a capovolgersi a favore delle banche americane già nell'anno in corso, come del resto è emerso nel primo trimestre, chiuso con risultati in miglioramento tendenziale del 19,5% in America e con un progresso meno marcato, dell'1,3%, in Europa.

Il confronto tra le bottom line resta comunque impietoso estendendo l'analisi all'ultimo decennio: un periodo nel corso del quale le banche americane sono state capaci di restituire 625,6 miliardi di dollari di utili, contro i 410,9 mld messi a segno nel Vecchio continente. Un risultato a cui hanno contribuito in particolare JpMorgan (188,2 mld usd) e Wells Fargo (174 mld), mentre la prima banca europea per utili cumulati è stata Hsbc 88,4 mld euro). Soffermandosi sull'Italia, Intesa Sanpaolo ha raggiunto 11,3 miliardi di utili, mentre Unicredit chiude il decennio - complici le forti svalutazioni affrontate - con una perdita cumulata di 17,9 miliardi.

Le principali differenze tra i due 'blocchi' continentali si osservano invece sul fronte del cost/income - ossia del rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione - al 67,5% per le europee (pur in miglioramento di 130 punti base rispetto all'anno precedente) e a un decisamente migliore 60,8% per le americane. Il piatto della bilancia della svalutazione dei crediti pende poi ancora dalla parte Usa (6,6% contro il 7,2% Ue) ma in Europa gli sforzi nell'ultimo decennio sono stati significativi, poiché si partiva da una base di fatto doppia rispetto agli Usa, ossia 48,6% contro 21,7% nel 2008, sottolinea Mediobanca R&S. Analogamente, la leva rimane ancora più audace in Europa (18,9x contro 12,9x), mentre il risultato operativo pesa meno sul totale dei ricavi, con un 25,3% rapportato al 32,6% americano. Infine, se la variazione a/a del tasso d'interesse è rimasta di fatto piatta per le banche italiane, è schizzata al 5,4% per quelle americane. Una marcia in più legata naturalmente al progressivo aumento dei tassi d'interesse operato dalla Fed nel corso dello scorso anno, proseguito anche nel 2018, mentre la Bce dovrebbe iniziare a ragionare sull'innalzamento del costo del denaro in Europa non prima dell'estate 2019.

ofb

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July 19, 2018 09:30 ET (13:30 GMT)

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