Banche Ue: Mediobanca R&S; cala gap con Usa, Roe 2017 a +5,7%
19 Luglio 2018 - 3:45PM
MF Dow Jones (Italiano)
Prosegue il recupero di redditività per le banche europee che,
nel corso del 2017, sono riuscite a raddoppiare il Roe a livello
tendenziale - portandolo al 5,7% dal 2,9% dell'anno precedente - e
a ridurre pertanto il divario dalle loro rivali statunitensi.
E' quanto rileva la consueta indagine sulle banche
internazionali effettuata da Mediobanca R&S, che mette in
evidenza come gli istituti d'oltreoceano abbiano chiuso l'ultimo
esercizio con questo indicatore a un livello robusto del 7,3%. Lo
studio mette sotto la lente i risultati dei 67 principali gruppi
bancari mondiali, ventotto dei quali hanno sede in Europa, quindici
in Giappone, quattordici negli Usa e dieci in Cina.
Sul fronte del Roe arriva una sorpresa dalle due principali
banche italiane, entrambe sopra la media europea e tra i top
performer di categoria con un +7,8% per Intesa Sanpaolo (al netto
dei 3,5 mld di contributi statali ricevuti in cambio dell'accollo
delle due ex popolari venete) e un +10,2% per Unicredit, che
sarebbe stato un comunque apprezzabile +6,4% escludendo gli effetti
della plusvalenza generata dalla vendita di Pioneer.
Il restringimento progressivo della forchetta Usa/Ue si
riscontra anche su altri parametri. E' il caso ad esempio dei costi
operativi, scesi dello 0,2% a/a per le banche europee e in crescita
del 2,7% negli Usa. Analogamente, il risultato di negoziazione si è
rafforzato del 22,2% contro il +7,2% americano e il risultato
corrente è migliorato del 28,1% rispetto al +4,2%. Anche all'ultima
riga del conto economico si nota un certo riavvicinamento, con il
risultato netto che per le banche europee è più che raddoppiato
(+101,3% a/a a 69,9 mld) e che è dunque meno distante dai 75,7
miliardi di dollari riportati dagli istituti Usa, che sotto questa
voce hanno dovuto fare i conti con una flessione tendenziale del
21,6%. Su questo punto, tuttavia, gli esperti di piazzetta Cuccia
hanno posto l'accento sul peso della riforma fiscale Usa operata
nel 2017, che ha comportato svalutazioni di deferred tax asset e
altri oneri per 8,9 miliardi di euro complessivi in Europa e per
ben 21,7 mld di dollari negli Usa. Una situazione che tuttavia
dovrebbe tornare a capovolgersi a favore delle banche americane già
nell'anno in corso, come del resto è emerso nel primo trimestre,
chiuso con risultati in miglioramento tendenziale del 19,5% in
America e con un progresso meno marcato, dell'1,3%, in Europa.
Il confronto tra le bottom line resta comunque impietoso
estendendo l'analisi all'ultimo decennio: un periodo nel corso del
quale le banche americane sono state capaci di restituire 625,6
miliardi di dollari di utili, contro i 410,9 mld messi a segno nel
Vecchio continente. Un risultato a cui hanno contribuito in
particolare JpMorgan (188,2 mld usd) e Wells Fargo (174 mld),
mentre la prima banca europea per utili cumulati è stata Hsbc 88,4
mld euro). Soffermandosi sull'Italia, Intesa Sanpaolo ha raggiunto
11,3 miliardi di utili, mentre Unicredit chiude il decennio -
complici le forti svalutazioni affrontate - con una perdita
cumulata di 17,9 miliardi.
Le principali differenze tra i due 'blocchi' continentali si
osservano invece sul fronte del cost/income - ossia del rapporto
tra costi operativi e margine di intermediazione - al 67,5% per le
europee (pur in miglioramento di 130 punti base rispetto all'anno
precedente) e a un decisamente migliore 60,8% per le americane. Il
piatto della bilancia della svalutazione dei crediti pende poi
ancora dalla parte Usa (6,6% contro il 7,2% Ue) ma in Europa gli
sforzi nell'ultimo decennio sono stati significativi, poiché si
partiva da una base di fatto doppia rispetto agli Usa, ossia 48,6%
contro 21,7% nel 2008, sottolinea Mediobanca R&S. Analogamente,
la leva rimane ancora più audace in Europa (18,9x contro 12,9x),
mentre il risultato operativo pesa meno sul totale dei ricavi, con
un 25,3% rapportato al 32,6% americano. Infine, se la variazione
a/a del tasso d'interesse è rimasta di fatto piatta per le banche
italiane, è schizzata al 5,4% per quelle americane. Una marcia in
più legata naturalmente al progressivo aumento dei tassi
d'interesse operato dalla Fed nel corso dello scorso anno,
proseguito anche nel 2018, mentre la Bce dovrebbe iniziare a
ragionare sull'innalzamento del costo del denaro in Europa non
prima dell'estate 2019.
ofb
oscar.bodini@mfdowjones.it
(END) Dow Jones Newswires
July 19, 2018 09:30 ET (13:30 GMT)
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