Cambio di rotta sulle privatizzazioni. Dopo il non brillante
debutto a Piazza Affari di Fincantieri, data l'ostilità di
Francesco Caio a un'ipo affrettata di Poste Italiane, e considerato
il perdurante stallo sul board dell'Enav, l'esecutivo ha dovuto
spegnere i motori del programma di cessioni avviato l'autunno
scorso e calare in tutta fretta una scialuppa di salvataggio. Una
scialuppa che batte bandiera Eni ed Enel, ma che porta anche lo
stemma del Monte dei Paschi di Siena e quello di St
Microelectronics.
Venute meno le operazioni più redditizie previste, scrive Milano
Finanza, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha virato su
asset facili da valorizzare, come appunto le quote detenute dal
Tesoro nei due gruppi energetici, dei quali il 5% sarà ceduto,
entro fine anno, a investitori istituzionali. L'operazione però non
permetterà da sola di rispettare gli impegni presi nel Def sul
contenimento del debito, e alla quale si aggiungerà il gruzzolo
legato al rimborso anticipato dei Monti Bond da parte di Mps (3
miliardi più 400 milioni di interessi) e con tutta probabilità
anche il passaggio del pacchetto del 12,5% detenuto dall'Economia
in Stm al Fondo Strategico della Cassa Depositi e Prestiti.
Mettendo insieme queste tre voci ci si avvicinerebbe a quello 0,7%
del pil che il governo aveva previsto di incassare dalle cessioni e
di dedicare appunto alla riduzione del debito. Ai prezzi di borsa
attuali, infatti, dalla vendita del 4,3% di Eni (il rimanente 26% è
detenuto tramite Cdp) e del 5% di Enel (di cui il Tesoro ha il 31%)
si potrebbero incassare in tutto circa 5 miliardi, mentre i Monti
bond hanno portato in cassa 3,4 miliardi e la quota del produttore
di semiconduttori dovrebbe valere circa 800 milioni.
red/lab